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I Dieci comandamenti

di: Franco Fiordaliso - del 2011-11-05

Dinanzi a me non fuor cose create / se non etterne, e io etterno duro” si legge sulla porta dell’Inferno dantesco a significare l’esigenza, contro ogni relativismo o revisionismo, di principi solidi e duraturi, non effimeri, che resistono alle mode e ai capricci volubili e mutabili del tempo.

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  • Pur essendo profondamente convinto che esiste vero dialogo solo quando il confronto costruttivo e positivo di opinioni sulle cose e di visioni del mondo si basa sulla disponibilità a considerare attentamente l’altrui punto di vista senza per forza volere affermare il proprio, sono altrettanto intimamente persuaso che bisogna sempre nutrire e coltivare convinzioni inossidabili che non si cambiano come gli abiti o i dentifrici.

    Ricordo che dietro il portone di casa mia c’era un Cristo in bronzo piantato direttamente sul legno che richiamava la semplicità degli insegnamenti evangelici, per cui vivere onestamente. Nel rispetto di tali precetti una volta mio padre, senza alcuna esitazione, portò alla polizia un portafoglio pieno zeppo di banconote che qualcuno, incautamente, aveva smarrito. Anche mia madre, di una bontà infinita, trovava sempre la possibilità di dare qualcosa a chi si trovava occasionalmente nell’indigenza, senza esitare ad accorrere al capezzale degli ammalati del quartiere, anche di notte, quando occorreva la sua preziosa competenza di esperta in punture, senza nulla chiedere in cambio. E tutto questo avveniva con molta semplicità, nel rispetto di alcuni principi che si succhiavano assieme al latte e si trasmettevano con naturalezza sino al punto da diventare fari che guidavano la vita dei singoli e delle comunità, quando a sera a  si stava si stava insieme attorno al braciere a sentire lu cuntu di li cunta dei vecchi saggi, aspettando che Morfeo ci prendesse tra le sue braccia.

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  • Nella conclusione della Critica della ragion pratica Kant, pronunciandosi sulla vita e sul significato dell’essere e dell’esistere, così scriveva:

    Due cose riempiono l’animo…: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Entrambe le cose non posso cercarle e semplicemente supporle come fossero nascoste nell’oscurità o nel trascendente, al di fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le collego immediatamente con la coscienza della mia esistenza.

    Da un lato la sublime visione del cielo stellato gli mostra gli spazi sconfinati del cosmo e gli infonde l’idea di piccolezza e di smarrimento davanti alla grandezza dell’universo, dall’altro il ricordarsi della sua destinazione morale lo riempie di fiducia, ricordandogli che egli non è solo microcosmo, cioè una parte infinitamente piccola di un universo infinitamente grande, ma che esiste anche come coscienza, con un dovere da compiere, con la possibilità di porsi liberamente degli scopi, elevandosi così ben oltre la sua natura animale che lo ridurrebbe a essere parte insignificante di un tutto determinato da leggi naturali.

    Di fronte al dibattito del suo tempo, che metteva in discussione tutte le certezze preesistenti sino al punto di procedere alla titanica impresa di rifondare la conoscenza fissando nella nuova Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers le nuove tavole del sapere, il filosofo di Konisberg, pur analizzando i limiti e le possibilità della nostra conoscenza nelle sue famose opere, non mise mai in discussione ciò che c’è sopra di noi e ciò che c’è in noi.

    Il dubbio, quando è metodico e non scettico, è una divisa mentale che dovremmo sempre indossare, anche perché nella nostra storia nazionale sono mancati due grandi movimenti, uno religioso e l’altro culturale, due veri e propri tsunami, che hanno sconvolto tutte le certezze del tempo. Mi riferisco alla Riforma di Martin Lutero, che consentì, almeno agli alfabeti, di leggere e interpretare liberamente e  autonomamente la Bibbia, tradotta finalmente in volgare e diffusa, grazie, alla rivoluzione di Gutemberg, tra la gente di tutto il mondo, e alla Rivoluzione francese, che portò ovunque, a volte assieme alle baionette, i principi di “liberté, egalité e fraternité”.

    Noi abbiamo avuto la Controriforma senza avere la Riforma, la Restaurazione senza avere avuto la Rivoluzione, per cui Giordano Bruno finì sul rogo, Galilei fu condannato alla prigione a vita e Silvio Pellico allo Spielberg.

    Ma il dubbio non può lacerare le coscienze sino a  farle impazzire come capitò allo sventurato Ercole dopo avere indossato la camicia, che la moglie, per gelosia, aveva imbevuto nel sangue del centauro Nesso, credendo che avesse l’effetto di un filtro d’amore.

    Arriva il momento, dopo le crisi esistenziali proprie del periodo adolescenziale, di maturare delle convinzioni e delle certezze, sia nel campo religioso che in quello civile, sulle quali procedere senza dubbi né tentennamenti per strutturare la nostra umanità e la nostra cittadinanza. 

    I Dieci Comandamenti sono le Tavole della Legge, incise col fuoco su pietra tagliata a forma cubica, che Dio diede a Mosè sul monte Sinai. Sono regole semplici, parole che ci innalzano al di sopra della vita animale, nella convinzione dell’esistenza di un principio sopra di noi (non importa come si chiami o come si consideri) che ci invita a considerare l’uomo che è in noi e negli altri sempre come fine e mai come mezzo, a non commettere idolatria, a evitare che i nostri vizi ricadano sui figli, a non giurare il falso, a onorare colui e colei che ci hanno generato, a non uccidere, a non commettere adulterio, a non rubare e a non rapire alcuno, a non fare falsa testimonianza…

    La Costituzione è la legge fondamentale del nostro Stato, che detta le norme che regolano la vita sociale e l’ordinamento della Repubblica italiana. Essa, come dimostrano le vicende relative alla scelta costituente, non è frutto di decisioni affrettate o di colpi di mano operati da forze politiche occasionalmente maggioritarie, non è nata dalla testa di qualche intellettuale, come Minerva nacque, armata di lancia e scudo, dalla testa di Giove. Essa è il prodotto sofferto e convinto di una profonda meditazione, di una consultazione popolare, di una dialettica tra forze politiche diverse e insieme unite dalla comune esigenza di rinnovare le strutture organizzative dello Stato e di restituire, potenziati, quei diritti civili violentemente soppressi dalla dittatura durata un ventennio e da una guerra terribile che aveva ridotto la nazione allo stremo.

    Dopo il referendum del 1946, che aveva sancito la fine della monarchia, occorreva risollevare il Paese dalle macerie morali e materiali  e costruire la nascente Repubblica su basi nuove e solide, superando le forti divisioni ideologiche e stabilendo le regole della convivenza civile su cui edificare il nuovo Stato.

    Se travagliata fu la decisione costituente, non minore fu la fatica nella redazione del testo costituzionale, che si protrasse per circa diciotto mesi e si concluse il 22 dicembre del 1947, quando fu approvato, a stragrande maggioranza, con 453 voti favorevoli e 62 contrari.

    La Costituzione della Repubblica Italiana contiene 139 articoli e 18 disposizioni transitorie e finali. Dopo l’enunciazione dei Principi fondamentali (articoli 1-12) segue la prima parte, che si occupa di Diritti e doveri, articolata in Rapporti civili (articoli 13-28), Rapporti etico-sociali (articoli 29-34), Rapporti economici (articoli 35-47) e Rapporti politici (articoli 48-54). La seconda parte si occupa dei complessi meccanismi che regolano l’Ordinamento della repubblica, cioè le funzioni del Parlamento, del Presidente della Repubblica, del Governo, della Magistratura, di regioni, province e comuni, nonché delle garanzie costituzionali.

    Gli antecedenti storico-culturali della Costituzione Italiana si possono riscontrare nella Dichiarazione d’Indipendenza americana del 4 luglio 1776, redatta da Thomas Jefferson e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789, che accoglie la concezione della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), enunciata da Montesquieu ne Lo spirito delle leggi.

    I princìpi fondamentali e la prima parte della Costituzione contengono, innanzitutto, un ampio riconoscimento dei diritti civili e politici essenziali, che vengono garantiti nella loro immodificabilità: l’uguaglianza davanti alla legge e l’inviolabilità dei diritti dell’uomo, quali l’integrità fisica della persona, la parità uomo-donna, la libertà di pensiero, di religione, di associazione, di stampa, di movimento.

    Accanto ai diritti civili e politici la Costituzione stabilisce dei diritti sociali che hanno valore di programma politico per guidare la società italiana verso obiettivi di uguaglianza sostanziale, quali gli articoli che impongono la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, riconoscono il diritto al lavoro e subordinano la proprietà e l’iniziativa privata agli interessi collettivi, con riferimento non solo a ciascun individuo, ma anche alle formazioni sociali in cui si svolge la sua attività (famiglia, comunità locale, partiti, sindacati, associazioni ecc.).

    In sintesi, la Costituzione stabilisce il primato della politica sull’economia e della solidarietà sul profitto individuale, detta le regole del gioco democratico  all’interno del quale i cittadini esercitano la loro sovranità, presuppone che la politica sia ispirata ai valori dell’onestà e della competenza, a servizio del cittadino e non esercizio oppressivo del potere.

    Pertanto, non sembra per niente utile il gioco al massacro che qualcuno da anni porta avanti con il tentativo di cambiare radicalmente la nostra Carta che non avrebbe altro effetto se non quello di buttare l’acqua sporca del bagno con tutto il bambino dentro. La Costituzione è ancora oggi fatta oggetto di attacco da parte di forze e persone che la vogliono piegare ai loro interessi di parte, strumentalizzando il profilarsi di pericoli minacciosi, come il terrorismo internazionale, per chiedere, in nome della sicurezza, il restringimento delle  libertà individuali o usando la guerra, ripudiata dalla nostra Costituzione, come strumento di soluzione dei conflitti internazionali.

    Va, invece, ribadita l’attualità della Costituzione, la sua ancora incompleta attuazione, il suo intatto valore etico, la sua validità nell’orientare i nostri comportamenti rispetto alla comunità nazionale, la famiglia, la scuola, il rispetto per l’ambiente, la libertà, l’uguaglianza, la valorizzazione della scienza e delle arti, ideali più che mai attuali.

    Dobbiamo rendere viva e operante la profezia che i padri costituenti hanno posto nella Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, con la speranza, che finisca questo inverno e torni a fiorire la primavera e si avverino finalmente le parole del profeta Isaia:

    Infine, in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva.

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