Giuseppe Camporeale: "Ecco perchè l'Efebo cambierà nome"
di: Giuseppe Camporeale - del 2014-08-28
Immensa sorpresa e vivissima curiosità ha suscitato nell’opinione pubblica la notizia dell’identificazione con Dioniso Íakchos della celebre statuetta bronzea dell’Efebo di Selinunte, conservata nel Museo Civico di Castelvetrano.
Non si tratta, infatti, di una semplice ipotesi interpretativa, che si aggiunge ad altre formulate in passato, essendo finora rimasta indubitata la denominazione della statua, invalsa dopo la pubblicazione, nel lontano 1929, della monografia “L’Efebo di Selinunte” di Pirro Marconi.
Si tratta, invece, della tesi documentata e rigorosa dell’iconografo e storico dell’arte castelvetranese Giuseppe Camporeale, autore di numerose altre importanti attribuzioni e scoperte archeologiche, tra cui l’identificazione come Auriga, di provenienza selinuntina, della statua marmorea di Mozia (dapprima erroneamente interpretata come atleta, magistrato punico, Eracle privo della leontè), l’identificazione come Satiro orgiasta della statua bronzea di Mazara del Vallo (scambiata per Eolo dopo il ripescaggio nel Canale di Sicilia), la scoperta del culto egemone di Dioniso a Selinunte, finora del tutto ignoto, la reinterpretazione della grande iscrizione del Tempio G, che ha peraltro permesso di attribuire a Dioniso il colossale edificio, in passato alternativamente attribuito a Zeus o ad Apollo.
I principali elementi che hanno consentito a Giuseppe Camporeale l’identificazione dell’Efebo di Selinunte con il divino fanciullo Íakchos, la forma giovanile con cui Dioniso veniva adorato nei Misteri iniziatici, sono costituiti dai caratteri fisionomici che l’arte greca attribuiva convenzionalmente alla sua rappresentazione (membra asciutte, collo slanciato, volto imberbe e affilato, fronte bassa, sguardo acuto e penetrante), dagli attributi della nudità e, in special modo della giovinezza e dei capelli intonsi (che, come attestato dalle fonti antiche, l’arte assegnava unicamente alle rappresentazioni di Dioniso e di Apollo) e, soprattutto, dall’attributo esclusivo del ramoscello bacchico, recato da Dioniso come dio della vita, che la statua bronzea impugnava originariamente nella mano sinistra, così come attestato dalla raffigurazione del suo archetipo nelle monete selinuntine.
Il progetto presentato dalla Città di Castelvetrano-Selinunte per l’EXPO 2015, e già approvato dal Commissario straordinario, prevede il primo ritorno dell’Efebo, nella sua vera identità di Dioniso Íakchos, a Selinunte, dove potrà essere ammirato dai visitatori per l’intera durata dell’evento.