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Ricordando "Lu ‘zu Lorenzo Giancontieri" tra flipper e biliardini. E sui juke box..

del 2015-06-20

Uno dei locali frequentati da noi giovani di ieri, ma anche da quelli di oggi, erano e sono le sale da biliardo come quella dello ‘zu Lorenzo Giancontieri a Castelvetrano. La sua sala giochi era ubicata nella centralissima via Vittorio Emanuele, dove oggi c’è un negozio d’abbigliamento gestito da cinesi. Molti giovani d’allora andavamo a trascorrere le ore di tempo libero, dopo avere finito i compiti che ci assegnavano a scuola per casa, nella sua sala giochi.

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  • Egli era una persona molto umile, cordiale, ben educata e comprensiva con noi che discoli ne combinavamo di tutti i colori. Si adattò al modo di pensare di noi giovani d’allora, pur rimanendo una persona di stile, all'antica, ma nell'accezione più positiva del termine. Nella sua sala giochi organizzavamo spesso dei tornei di biliardino e ricordo ch’ero molto bravo, anche perché m’allenavo su quelli della mia parrocchia. Ricordo che facevo coppia col mio fraterno amico Salvatore Graffeo, lui in porta e io all’attacco, ma anche viceversa.

    C’era soltanto un’altra coppia che non riuscivamo a battere e che ci costringevano a classificarci quasi sempre per secondi. Una volta riuscimmo a batterli e fu festa grande, anche perché tifavano tutti per noi. 

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  • Altri nostri coetanei preferivano giocare al flipper che, per allora, rappresentava una novità. Durante le sfide eravamo soliti ascoltare gli ultimi successi che i vari cantanti e complessi famosi degli anni sessanta incidevano uno dietro l’altro.

    Oppure quando, avendo scelto con il nostro complesso d’inserire nel repertorio una determinata canzone e non avevamo dove ascoltarla, inserivamo più d’un gettone nel juke-box e ascoltando più volte il brano eravamo in grado di elaborare mentalmente gli accordi che, poi, trasponevamo sugli strumenti.

    Per i testi acquistavamo il settimanale “Sorrisi e Canzoni”, dove trovavamo tutte le novità del momento. Il juke-box era un apparecchio inventato dagli americani negli anni trenta, ma diffusosi maggiormente negli anni cinquanta. Al suo interno era stato montato un meccanismo che, selezionando il disco preferito, muoveva automaticamente un braccetto meccanico che andava a pescare fra i tanti 45 giri sistemati all’interno dello stesso quello che a noi interessava ascoltare.

    Dopo avere inserito il gettone, si doveva selezionare su una tastiera, posta nella parte superiore dell’apparecchio, un codice alfanumerico corrispondente al brano scelto. La selezione del brano faceva mettere in moto il braccetto che andava a pescare, in una specie di margherita meccanica, il disco selezionato. Lo metteva, poi, sul piatto del giradischi e la musica partiva essendo il juke-box provvisto di altoparlanti di media potenza. Alla fine, era lo stesso braccetto che, automaticamente e senza altri comandi, recuperava il 45 giri e lo deponeva nuovamente nello stesso posto dal quale l’aveva preso. La cosa che lo rendeva speciale stava nel fatto che tutto questo era ben visibile e non celato dall’involucro esterno.

    Il termine juke-box (volgarmente anche detto scatola musicale) deriva da juke-joint, cioè un bar all’interno del quale si poteva anche ballare. In alcuni locali, addirittura, c’erano anche dei gruppi musicali che vi si esibivano dal vivo, denominati juke-bands. Il juke-box è stato una componente indispensabile, a esempio, nella serie televisiva ispirata al personaggio di Fonzie, “Happy Days”.

    La marca più famosa di juke-box fu la Wurlitzer che aveva immesso nel mercato diversi modelli con tante luci colorate, architetture molto particolari e con le bolle che correvano in tubicini di vetro. In Europa fu, invece, la Ami che si aggiudicò l’etichetta di maggiore casa costruttrice di juke-box.

    I primi modelli furono realizzati in legno e potevano contenere soltanto 12 dischi di gommalacca in formato 78 giri (quelli molto larghi, per intenderci). Fu nell’anno 1938 che la ditta Seeburg utilizzò anche materiali plastici che consentirono nuove soluzioni decorative che resero l’apparecchio più accattivante. Il loro modello M100A, con il quale si aggiudicarono la premiership nel settore, era in grado di inserire nel meccanismo interno fino a cento dischi contro i 24 degli altri apparecchi. Il modello M100B, prodotto subito dopo, addirittura, poteva accogliere anche fino a cinquanta dischi a 45 giri.

    Solo nell’anno 1952 la Wurlitzer fu in grado d’immettere sul mercato suoi prodotti che furono in grado di fare le stesse operazioni che già facevano gli apparecchi della Seeburg. Fu negli anni ’30 che Farny Wurlitzer, figlio minore del fondatore Rudolph, acquistò il brevetto d’un meccanismo per juke-box, inventato da Homer Capehart. Assunse anche Paul Fuller, un geniale designer che creò dei modelli che, some abbiamo visto, conquistarono tutti i futuri fruitori del juke-box.

    Nel tempo, sia gli apparecchi originali sia le innumerevoli copie in miniatura che sono state commercializzate, sono andate sempre a ruba. Anch’io, da collezionista impenitente che sono, tengo a casa una collezione quasi completa di riproduzione di vecchi juke-box, che oserei definire delle vere e proprie opere d'arte.

    Dopo gli anni settanta, con l’avvento delle radio libere che trasmettevano musica gratuitamente, l’interesse per il juke-box si è avviato sul viale del tramonto, anche se c’è stato un discreto successo con il video juke-box. La fase calante del juke-box è cominciata nel momento in cui sono comparsi i flipper e i videogiochi. Il juke-box era considerato come un amico, un complice per mezzo del quale era più facile conquistare una ragazza. Erano sempre numerose le accattivanti pin-up in costume o in shortz, i mini pantaloncini, che nel periodo estivo ronzavano sempre attorno al juke-box ballando con le movenze tipiche di chi vuole sedurre il belloccio di turno.

    Un altro particolare che voglio ricordare riguarda i cartellini sui quali c’erano scritti i titoli dei brani da programmare. Erano tutti scritti con colori vivaci e, alcuni, riportavano anche la fotografia del cantante. Altri, invece, erano meno vistosi e qualcuno li preferiva, poiché i raggi del sole non li sbiadivano come i primi che, spesso, col tempo diventavano illeggibili.

    Oggi, tutto è cambiato. La musica può essere ascoltata in ogni dove, a casa dall’apparecchio televisivo all’impianto hi-fi che ognuno possediamo; in macchina dalla radio all’mp3 o al cd o all’audiocassetta per chi, come me, ce l’ha ancora; in ufficio dal computer (lo faccio da sempre, naturalmente a un volume molto contenuto) a una piccola radio; per le vie cittadine mediante il telefonino tramite l’ausilio di cuffiette o dall’iPod o senza niente tanto c’è sempre quello con lo stereo ad altissimo volume che ti costringe ad ascoltare musica mentre sei per i fatti tuoi.

    Non possiamo, però, dire che il juke-box sia scomparso. Ancora oggi, la Wurlitzer lo produce come il recente modello 2100 che ricalca in tutto e per tutto l’originale degli anni cinquanta. Naturalmente, al suo interno, non c’è più il classico meccanismo a braccio, ma è stata applicata la nuova tecnologia digitale. Per fortuna, almeno per i giovani d’oggi, ci sono ancora le belle ragazze che continuano a esibirsi ammiccanti accanto al nuovo juke-box, compagno di sempre. 

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