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Quando per una foto sul Giornale di Sicilia andavo in stazione e non c'era il "click"

di: Pietro Errante - del 2016-08-12

Immagine articolo: Quando per una foto sul Giornale di Sicilia andavo in stazione e non c'era il "click"

Fare giornalismo negli anni ’80 era un mestiere avventuroso e forse per questo affascinante. Privi delle metodiche tecnologiche dei nostri giorni, gli articoli nascevano grazie ad espedienti ed invenzioni estemporanee che sconfinavano nell’inverosimile.

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  • Dopo il consueto giro di telefonate e di visite ai vari organi di polizia, pronto soccorso, vigili del fuoco, consiglieri comunali, amministratori ecc., si contattava telefonicamente (ovviamente con telefoni fissi, non esistendo ancora i cellulari) il redattore della pagina provinciale con cui si prendevano accordi preliminari per la preparazione della pagina del giorno successivo.

    Fatti di cronaca avevano la priorità. Veniva richiesta una foto dell’accaduto. Interveniva quasi sempre il compianto Franco Stella, fotografo professionista, che provvedeva a scattare la foto e a procedere con immediatezza al relativo sviluppo.

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  • La foto partiva in busta fuori sacco per Palermo con la cortese collaborazione di un macchinista ferroviario cui consegnavo il plico da lasciare in deposito presso il posto di polizia ferroviaria.

    Il giornale provvedeva a mandare un fattorino al ritiro del fuori sacco. Insomma tutto molto complicato, operazione che qualche volta, per fortuna raramente,  si concludeva in malo modo con foto smarrita o rovinata e dunque non pubblicabile.

    Quando la notizia aveva una particolare rilevanza, il redattore chiedeva di inviare la foto immediatamente e a qualunque costo: più di una volta consegnai personalmente le foto alla redazione di Palermo e ricordo che in un paio di casi le foto furono recapitate al Giornale con corriere o taxi disponibili all’epoca.

    Gli articoli, sia le brevi di 10 righe, sia i pezzi di settanta/ottanta/novanta righe, venivano dettati per telefono ai dimafonisti, una sorta di dattilografi che battevano in caratteri le parole dettate a telefono. Per chiamare il Giornale si contattava il centralino Sip a cui si chiedeva una chiamata in “R” per l’addebito al destinatario.

    Si veniva richiamati pochi minuti dopo e si entrava in contatto con i dimafonisti per la dettatura dell’articolo. Anche questa operazione durava parecchi minuti, spesso anche ore a causa di frequenti interruzioni di linea telefonica, sovraccarico delle linee, grande flusso di lavoro dei dimafonisti ed altri motivi riconducibili a difficoltà logistiche.

    La dettatura doveva prevedere sia il luogo da cui si trasmetteva sia la firma e la sigla del giornalista oltre a tutti i segni di punteggiatura ( si cominciava sempre con “Castelvetrano, apri parentesi p puntato e puntato chiudi parentesi” e poi a seguire tutto l’articolo con punti, virgole, punti e virgola, due punti, esclamativi, interrogativi, virgolettati ecc.

    Ma il giornale doveva uscire quotidianamente e ogni giorno era necessario trovare le notizie che riempissero quelle pagine stabilite dal menabò. Non era immaginabile che in una certa giornata non accadesse nulla. Qualcosa, qualunque cosa doveva diventare notizia ed essere trasmessa per la pubblicazione. Cronaca, politica, attualità erano gli argomenti più gettonati.

    Gli arresti con relative foto segnaletiche facevano aumentare vertiginosamente il numero delle copie in vendita presso le edicole.

    Scrivere un articolo corredato di foto negli anni ’80 era una notevole e complessa operazione la cui riuscita consentiva il giorno dopo la lettura del “pezzo” impaginato con notevole soddisfazione di chi lo aveva contribuito a costruire (giornalista, fotografo, fattorino, capotreno o autista di bus).

    Oggi con un semplice clic mandi foto, video e articoli in tempo reale ed in pochissimi secondi. Grande aiuto dalla tecnologia, ma troppa frenesia e l’eccessiva velocità dei mezzi informatici rischiano spesso di “divorare” la notizia già vecchia dopo pochi minuti.

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