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Ragazza bruciata a Messina. La "naturalizzazione" dell’atto violento

di: Dott.ssa Fabrizia Modica - del 2017-01-14

Immagine articolo: Ragazza bruciata a Messina. La "naturalizzazione" dell’atto violento

Succede in quartiere difficile di Messina, una ragazza di 22 anni Ylenia Grazia Bonavera apre la porta di casa e viene investita da un getto di benzina proveniente dal suo ex compagno che, prima di darsi alla fuga, appicca il fuoco provocandole ustioni sul 13% del corpo. Basterebbero solo queste parole a provocare un senso di sgomento nel lettore, invece quello che di questa vicenda colpisce di più è la tenacia con la quale Ylenia difende l’ex compagno dichiarandolo innocente nonostante gli evidenti elementi di prova evidenzino le sue colpe.   

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  • Una storia di gelosia patologica, un ragazzo possessivo che a quanto pare aveva già dimostrato la sua personalità aggressiva in passato.

    Ma cosa spinge  Ylenia ad una difesa così serrata dell’ex compagno?

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  • In realtà, questa è una circostanza molto frequente nei casi di violenza.

    Nella vittima si sviluppa infatti,  un meccanismo di negazione e di difesa che serve per tollerare e giustificare l’atto subito.

    Possiamo identificare nel termine Naturalizzazione [Romito, 2005] una delle tattiche di negazione della violenza più utilizzate. Questa tattica porta la vittima ad attribuire la responsabilità del gesto alle differenze naturali tra gli individui, “l’uomo usa la violenza perché guidato (secondo pregiudizi condivisi) da impulsi incontrollabili”.

    Un’altra tattica molto comune viene identificata con il nome di Eufemizzazione [Romito 2005]; a differenza della prima questa tattica fa si che l’atto di violenza venga etichettato in maniera distorta e fuorviante offuscando così la gravità e la responsabilità di chi l’ha compiuto.

    Dopo l’evento traumatico, le vittime vivono di solito un sentimento di colpa ed inferiorità. Sono loro a sentirsi responsabili. Il senso di colpa può essere giustificato come il tentativo di mantenere la propria integrità e il controllo sulla situazione. Immaginare che si sarebbe potuto fare qualcosa è più tollerabile che rimanere impotenti di fronte alla realtà. 

    Probabilmente sono queste le ragioni che hanno spinto la ventiduenne messinese a difendere il suo aggressore. 

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