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Prezzo d'asta troppo basso? Ecco cosa fare per impedire la (s)vendita della propria casa

di: Antonino Pernice - del 2017-05-19

Immagine articolo: Prezzo d'asta troppo basso? Ecco cosa fare per impedire la (s)vendita della propria casa

Prezzo d’asta troppo basso: cosa fare per impedire la vendita? Immobile all’asta: vale 800.000 € ma sarà venduto per 200.000, ricavato non sufficiente ad estinguere i debiti. Come posso fare per chiedere una sospensione o una revisione del prezzo di vendita?

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  • Il codice civile afferma che quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo [Art. 164 bis disp. att. cod. civ.].

    Come è chiaramente disposto, quelle che vengono in rilievo, in primo luogo, sono le ragioni dei creditori: il prezzo di vendita deve essere tale da non consentire un ragionevole soddisfacimento delle ragioni creditorie dovendosi, in questa valutazione, anche tenere conto di tutti i costi della procedura in relazione a quello che sarà il presumibile valore di realizzo.

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  • Il debitore esecutato (così si chiama il debitore che subisce l’esecuzione forzata sul suo bene) potrà giovarsi della chiusura anticipata del processo esecutivo solo indirettamente nel senso che, quando per il prezzo di vendita non sono soddisfatte ragionevolmente le ragioni creditorie, il giudice dell’esecuzione ordina la chiusura della procedura e la liberazione dell’immobile in asta. Chiaramente la liberazione dell’immobile non comporta la liberazione dal debito.

    Il vero nodo della questione è di carattere interpretativo nel senso che la legge non fissa un valore soglia (ad esempio, il 50% del valore stimato) al di sotto del quale debba trovare applicazione quanto detto dal codice, lasciando il compito applicativo all’apprezzamento, volta per volta, del giudice dell’esecuzione. In questa valutazione il giudice deve tenere conto:

    1. delle pretese dei creditori;

    2. dell’importo delle spese di giustizia sostenute e prevedibilmente da sostenere;

    3. del presumibile valore di realizzo del bene pignorato.

    Da altro punto di vista bisogna però anche rimarcare il fatto che non è tollerabile (non dovrebbe esserlo) il fatto che il diritto di proprietà del debitore esecutato sia compromesso sino al punto da risultare assolutamente ingiusto il prezzo di vendita.

    Di fronte ad una palese ingiustizia del prezzo di vendita (ma anche in questo caso non vi sono numeri e parametri obiettivi essendo anche questo lasciato alla discrezionalità del giudice) perché eccessivamente ribassato è rispetto ai valori di mercato, il giudice può disporre la chiusura della procedura esecutiva.

    Quando, in altri termini, il prezzo di vendita è eccessivamente più basso rispetto ai valori di mercato stimati, è possibile interrompere la procedura di esecuzione forzata e la vendita all’incanto del bene pignorato. È una situazione complessa nella quale devono essere prese in considerazione una molteplicità di interessi e diritti contrapposti il cui apprezzamento è lasciato alla interpretazione del giudice.

    In conclusione, il consiglio che si ritiene di poter dare al lettore è il seguente: deve predisporre una istanza rivota al giudice dell’esecuzione (è una istanza complessa ed articolata) nella quale va a richiedere, anzitutto, la chiusura anticipata della procedura evidenziando che al prezzo base d’asta non sarebbero soddisfatte ragionevolmente le ragioni dei creditori ma solo compromesse irreversibilmente le possibilità di svolgere la sua attività lavorativa.

    Chiedere, in secondo luogo, la chiusura perché il prezzo al quale con ogni probabilità si rischia di cedere l’immobile è assolutamente ingiusto, non solo perché sensibilmente inferiore a quello di mercato, ma anche perché non soddisfa né le ragioni creditorie né consente a lui di proseguire la sua attività lavorativa.

    Deve ancora sostenere che il suo diritto di proprietà sarebbe, con la vendita forzata, compromesso e sacrificato senza che l’interesse dell’altra parte possa (i creditori) considerarsi ragionevolmente soddisfatto

    Fonte: La Legge per tutti - Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Antonio Ciotola. 2017 05 14

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