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A Castelvetrano il "ritorno" di “lu truberi di tavula” tra ricordi ed emozioni per S. Giuseppe

del 2015-03-25

Immagine articolo: A Castelvetrano il "ritorno" di “lu truberi di tavula” tra ricordi ed emozioni per S. Giuseppe

La globalizzazione è da alcuni decenni che va portando via tutte le nostre tradizioni e culture contadine, per assorbire quelle del Nord Europa; tradizioni non nostre fatte di consumismo, di boschi e folletti.

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  • Noi, da bravi esterofili, dove tutto quello che non ci appartiene è bello abbiamo perduto un patrimonio inestimabile. Dobbiamo tenere presente che la Sicilia è l’unica località al mondo a vantare più tradizioni, tratte dalle varie civiltà che, attraverso i secoli ci hanno colonizzato

    E’ da anni che lotto attraverso i miei numerosissimi articoli e con il mio libro “Sicilia scomparsa” per fermare questo degrado morale e, finalmente, quest’anno, grazie anche alla cooperazione fra Comune, Pro loco e Disa di Castelvetrano, si sono ottenuti i primi frutti. Voglio parlare della recente festività di San Giuseppe che, dopo più di  mezzo secolo sta ritornando agli antichi splendori.

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  • Anche se alcuni particolari del rito non sono rispettati, il successo è stato notevole. La sfilata del 22/3/15 un misto di fede, civiltà contadina e costumi medievali è stata ammirevole, ma non ha nulla a che vedere con le nostre tradizioni.

    Nel corso della sfilata, un particolare abbastanza insignificante per tante persone, mi ha colpito e commosso fino alle lacrime: in Via Garibaldi, su un balcone c’era esposto un “truberi di tavula” (tovaglia da tavola) abbastanza lavorato con ricami, che una volta tutte le famiglie esponevano dai balconi, dalle finestre e anche dalle terrazze, non per folklore, ma per fede spontanea, per onorare la sacra immagine che sfilava lungo le strade del paese.

    Di sera, oltre alle coperte e tovaglie, le finestre e i balconi venivano impreziositi con l’illuminazione fatta di lampade, ma principalmente di candele, lumi (stiamo andando indietro nel tempo) e grossi ceri che, per tenerli ritti, venivano conficcati su spuntoni di ferro predisposti nelle ringhiere, che ancora si possono vedere sui balconi più antichi. Moltissimi altri riti bellissimi sono scomparsi, e, non volendo fare polemiche inutili,  molte ricorrenze religiose erano state soppresse.

    Speriamo che, aiutati dal Comune, dalla Pro Loco, dal nuovo parroco Padre Undari, che sta dimostrando molta buona volontà e, principalmente dai ricordi delle persone anziane e dai miei scritti, la nostra antica cultura venga riesumata e portata in attuazione.

    Dobbiamo ricordarci che, per impreziosire una ricorrenza non vale nulla lo sperpero di denaro pubblico fatto di fantastici fuochi pirotecnici,  di cantanti di fama o di conferenze di  professoroni universitari, basta tornare alla nostra tradizione della civiltà contadina, fatta di semplicità di tanto folclore, ma anche di tanto amore e tanta fede.

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