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Quando la zia era la tata. Storia di un tempo che fu

del 2017-07-22

Immagine articolo: Quando la zia era la tata. Storia di un tempo che fu

Nella società moderna, sempre più protesa all’inserimento nel mondo del lavoro anche delle donne, sono le tate, le bambinaie, che assolvono spesso al gravoso compito delle mamme, quello di prendersi cura delle loro creature.

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  • Le madri, quasi tutte oggi impegnate in un lavoro operaio, dipendente o manageriale che sia, non hanno il tempo per adempiere ai loro precipui doveri. La tata, pur sforzandosi di garantire al fanciullo lo stesso amore materno coprendolo di continue attenzioni, vezzeggiandolo e offrendogli tutto l’affetto di cui ha bisogno, non potrà mai sostituire la presenza inderogabile della madre.

    Una società in continua evoluzione, però, non permette più a una donna, che ha optato anche per la maternità, di potersi costruire un futuro se non alienando il proprio naturale ruolo ad altri. Ancor più se esse lavorano molto lontano da casa e sono costrette ad affidare i loro figli alle tate magari per tutta la giornata.

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  • Si presume che anche il padre del bambino non sia presente o per altrettanti motivi di lavoro o di fronte a un divorzio o, peggio ancora, quando una delle due figure genitoriali è totalmente assente. È in questi casi che la tata diventa indispensabile per aiutare il genitore nell’arduo compito d’educare e crescere la prole.

    Tata deriva dall’omologa parola latina e nella sua origine onomatopeica sta a significare una persona riconosciuta dal pargolo, ma che egli non sa indicare diversamente. Il termine era molto utilizzato nella società d’un tempo.

    Ricordo che da piccolo, i miei genitori utilizzavano tata Piddu o tata Pidda per indicare persone a loro familiari. Ai giorni nostri s’è preferito sostituire tata con i sostantivi papà e mamma. All’estero la bambinaia è identificata con la babysitter, locuzione inglese che letteralmente significa “colei che siede con i bambini”. Il suo ruolo è d’assistere i bebè occupandosi di vigilarli con amore e dedizione, percependo per questo un compenso.

    Da qualche tempo il termine tata è tornato nuovamente di gran moda, specialmente dopo che i mass media l’hanno riutilizzato anche per delle city comedy o in molte scene televisive (Sandra Mondaini e Raimondo Vianello docent). La tata, che non è più un familiare, provvede anche per tutte le attività ludiche del fanciullo e s’occupa della sua nutrizione e vestizione; gli tiene in ordine la stanzetta e lava e stira la biancheria.

    Al ruolo di tata spesso sono demandati i nonni (li tata ranni d’una volta), veri e propri tappabuchi che supportano i propri figli nel far crescere sani i nipoti. Volendo, infine, estendere l’argomento fino ai giorni nostri, potremmo prendere in considerazione anche la nuovissima figura della babysitter sharing, una tata che, per ottimizzare i costi, è condivisa fra più famiglie, per lo più amici o parenti che hanno la stessa necessità. Anche mia madre, dopo aver partorito tre figli in quattro anni, ha avuto bisogno di qualcuno che l’aiutasse a crescerci.

    Ad affiancarla c’era una signora, vicina di casa, che noi chiamavamo la zizi’ (da zia), la nostra tata. La signora Giovanna s’era talmente affezionata a noi tre, che non ci faceva mai mancare tutto il calore, le premure e le attenzioni di cui avevamo bisogno. Anche ai miei fratelli quando si parla di la zizi’, da tempo deceduta, una leggera lacrima riga il viso.

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