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Non solo l'Isis distrugge beni antichi. Anche a Castelvetrano ricchezze andate perse per sempre

di: Vito Marino - del 2015-04-14

Immagine articolo: Non solo l'Isis distrugge beni antichi. Anche a Castelvetrano ricchezze andate perse per sempre

I talebani o oltranzisti o terroristi o ISIS, che dir si voglia, giornalmente commettono stragi di innocenti o distruggono monumenti per essere al centro dell’attenzione mondiale. Il loro modo di comportarsi ci richiama al nostro Medio Evo; quindi, civilmente essi sono indietro rispetto all’Occidente di diversi secoli. Tutta la stampa e l’opinione pubblica occidentale ha reagito con disgusto a questo fenomeno di inciviltà e barbarie.

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  • Eppure…    Eppure anche a Castelvetrano ci sono stati e continuano ad operare in maniera incontrollata, fra l’indifferenza generale, i nostri “talebani” moderni e civili, che distruggono le nostre ricchezze artistiche e architettoniche non con gli esplosivi o con la mazza, ma con l’incuria o con la ruspa e con il consenso delle Pubbliche Istituzioni. 

    Così a partire dagli anni ’50 sono stati diroccati o fatti cadere per incuria: 

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  • Il monastero del Carmine del 1500, che si è sgretolato per mancanza di manutenzione, 

    -Anche il Palazzo Hopps è stato abbattuto per innalzare al suo posto un casermone. 

    - Il Calvario barocco “li tri cruci” e l’abbeveratoio sono stati diroccati per costruirvi il rifornimento Agip.

    - La torre saracena cinquecentesca della Vicaria Nuova fu abbattuta per costruirvi il Banco di Sicilia. 

    - Moltissime arcate dei nostri bellissimi cortili di origine araba sono stati abbattuti. Quelli rimasti non sono per niente valorizzati.

    - Sono state tolte le croci di ferro poste su un piedistallo di muratura architettonica che si trovavano in piazza Beati Morti, nel Parco delle Rimembranze (fatta costruire dal potestà Tondi) e un’altra che si trovava davanti il vecchio ospedale.

    - La chiesa e il monastero della SS. Annunziata, con la bellissima arcata gotica e la chiesa e il monastero di San Giuseppe, danneggiati dal terremoto del 1968, ma recuperabili sono stati abbattuti. 

    - Tutti gli abbeveratoi sono stati rimossi.

    - 16 mulini ad acqua che sorgevano lungo il corso del fiume Modione e Belìce hanno seguito il loro destino. 

    - A Selinunte i “tombaroli”, altri nostri talebani, profanarono 150.000 tombe, fra l’indifferenza totale delle autorità.

    - Le nostre “senie” (norie) ovvero i nostri bellissimi giardini di agrumi, posti su terreni fertili e ricchi di falde freatiche sono stati cementificati.

    - Inoltre ci fu un incontrollato e disordinato abusivismo edilizio, che ha almeno triplicato l’estensione del vecchio paese, con la distruzione della natura, mentre il centro storico e tutte le attività muoiono e gli edifici cadono a pezzi.

    - Sui migliori nostri terreni agricoli, vicino lo svincolo dell’autostrada è sorta una vastissima area commerciale, artigianale e industriale, che tutti ci invidiano, (che tuttavia oggi si trova in difficoltà economiche) ha danneggiato tutte le attività del centro storico. Intanto le strade e la cementificazione si moltiplicano, mentre il centro storico muore e gli edifici cadono a pezzi. Si tratta di uno scempio durato circa mezzo secolo fra l’indifferenza di noi apatici ed incompetenti contemporanei. Purtroppo questo scempio selvatico continua con pari intensità e nessuno dei nostri bempensanti si permettono di chiamare incivili e selvaggi i nostri artefici. 

    - Il Palazzo Signorelli, un edificio unico esempio del suo genere di stile liberty in tutta la Sicilia occidentale, una tra le architetture più importanti e meno valutate del nostro paese, realizzato tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento  con rivestimento di preziose ceramiche tutte riccamente lavorate a mano, a suo tempo fabbricate a Caltagirone, va cadendo a pezzi, ed ormai è irrecuperabile. 

    - Altra condanna a morte è stata pronunciata per il Palazzo Frangipane, e per quello del barone Sciacca. 

    - Anche tutti gli edifici del centro storico, che giostrano attorno al sistema delle Piazze, di un certo valore storico, oltre che artistico sono lasciati al loro destino; quelli ancora in piedi, per mancanza di manutenzione sono puntellati o transennati perché pericolanti. Per fortuna sono stati restaurati appena in tempo il monastero e la chiesa di San Domenico e, in parte il palazzo Pavone

    - Ancora più grave rappresenta la perdita delle nostre tradizioni. Feste paesane, usi e costumi familiari scompaiono sotto l’incalzante avanzata della globalizzazione. Così la cultura d’altri popoli, si sostituisce gradatamente a quella nostra. Per esempio: il Carnevale e la festa “di lu Signuri di lu tri di Maiu” stanno scomparendo, mentre “la festa di li morti” (per i bambini), d’antica tradizione siciliana è stata sostituita con quella di halloween d’origine inglese. Anche la festa del 1° Maggio con la sontuosa parata dei carri siciliani è scomparsa.

    Da ragazzo ricordo che tutte le case di periferia erano costruite con “pietra e taio” (pietra calcarea murata con calce e terra rossa); esse erano basse e tutte imbiancate con latte di calce, secondo la tradizione lasciataci dagli arabi prima e dagli spagnoli dopo, durante la loro colonizzazione in Sicilia. Una tradizione che poteva diventare una attrattiva turistica, come è invece avvenuto in Andalusia in Spagna nei “Pueblos Blancos” con Ronda in particolare. 

    La nostra città continua ad espandersi a macchia d’olio verso le periferie Si continua imperterriti a tagliare interi uliveti, che sono la nostra ricchezza e a cementificare. Molti terreni, perché espropriati alla mafia vengono costruiti con edifici pubblici per simboleggiare la vittoria della legalità sulla mala vita organizzata. Si tratta di un’arroganza senza limiti, di una violenza usata sul paesaggio e sulla bellezza, beni comuni in via d’estinzione che ne dovrebbero godere tutti.

    Le piogge di questo inverno, abbastanza copiose hanno messo in difficoltà le fognature e le strade che sono diventate dei fiumi. A questo fenomeno, molti si infuriano contro il sindaco e contro “quelli che si mangiano i soldi”. Nessuno pensa che parte della colpa è di tutti noi talebani, perché abbiamo distrutto la natura, nessuno dice di fermare la cementificazione.    

    Rimane da distruggere e cementificare la vasta area dell’ex campo di aviazione: avverrà quanto prima.  A mio modesto giudizio, un paese non può avere futuro se non custodisce il passato. Diroccare o lasciare in completo abbandono un vecchio edificio del centro storico, con delle caratteristiche architettoniche dell’epoca, rappresenta un attentato telebano al patrimonio culturale locale e dell'intera umanità. Nei mattoni di tufo, nell’architettura e nei prospetti degli edifici si può ancora leggere la memoria storica del nostro paese e dei nostri antenati.

    Mi fa rabbia e dolore la decennale generale indifferenza delle autorità a ciò preposte e l’atavica rassegnazione dei cittadini impotenti, già abituati a chinare la schiena per altri casi più importanti. Tuttavia, per “il sacco di Castelvetrano” non è stata accertata la presenza della mafia; ufficialmente lo scempio è avvenuto per interessi privati o per negligenza o incompetenza degli amministratori.

    Per avere un'idea sulla nostra cultura artistica e architettonica durante l’ultimo mezzo secolo, mi permetto di ricordare, anzitutto, parte della storia del "pupu" (l'efebo di Selinunte), che si trovava nella stanza del sindaco ed usato come appendi cappello: quando nell’ottobre del 1962 fu rubato, ci si chiese come mai un oggetto di così inestimabile valore fosse rimasto incustodito per tanti anni. “I pezzi di Selinunte” era l’appellativo che si dava ai templi, considerati soltanto come delle curiosità del passato. 

    Quindi, quando diamo dei giudizi affrettati sui talebani, facciamo prima un esame di coscienza, quindi giudichiamo!!!

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