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La scuola d'oggi e la grammatica sempre più sconosciuta. Quali soluzioni?

di: Vito Marino - del 2017-05-15

Immagine articolo: La scuola d'oggi e la grammatica sempre più sconosciuta. Quali soluzioni?

(ph. www.tomshw.it/)

Recentemente al Governo e al Parlamento italiano è pervenuta una lettera, che porta la firma di oltre 600 docenti universitari, tra i quali accademici della Crusca, linguisti, docenti di letteratura italiana e di diritto, storici, ma anche filosofi, sociologi, economisti, dove si chiedono "interventi urgenti" per rimediare alle carenze in italiano dei loro studenti.

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  • L'iniziativa, promossa dal “Gruppo di Firenze" per la scuola del merito e della responsabilità, sta continuando a girare tra i professori universitari per raccogliere adesioni. "Da tempo” - si legge nella lettera – “i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare”. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.

    Questa dichiarazione è circolata fra i vari siti internet, ma anche alla RAI TV, con confronti ai quali hanno partecipato validi esponenti della cultura italiana. E’ da anni che i vari ministri dell’istruzione, non qualificati e non preparati al compito che dovrebbero svolgere emanano continue disposizioni per “modernizzare e riformare” la scuola, costringendo i docenti a continue riunioni, programmazioni e nello stesso tempo togliendo ore all’insegnamento di alcune materie e, quello che è più grave, togliendo  l’autorità dell’insegnante verso gli alunni.

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  • Il risultato raggiunto è racchiuso in questa segnalazione dell’ANSA, datata - FIRENZE, 4/2/2017: <<È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente>>.

    Si può benissimo aggiungere che ci sono tanti laureati che non conoscono la Tavola Pitagorica e, quindi, non sanno compire un’operazione matematica manualmente. Inutile dire che non sanno estrarre una radice quadrata senza l’ausilio del computer.

    La tecnologia è una bella cosa, ma non deve togliere alle scuole l’insegnamento delle regole elementari dell’italiano e della matematica. Continuando di questo passo l’uomo perderebbe la sua caratteristica di uomo pensante per trasformarsi in un dipendente dalla tecnologia. Inoltre, se un giorno venisse a mancare la corrente elettrica, l’uomo dovrebbe ritornare all’età della pietra.

    Nel 1960 Mario Soldati e Cesare Zavattini hanno fatto un’inchiesta culturale a puntate, per conto della RAI: “Chi legge? Viaggio lungo il Tirreno”. Eravamo nel periodo storico del boom economico, ma con una popolazione, ancora semi analfabeta, perché reduce di una Unità d’Italia molto discussa, di una dittatura e di una guerra disastrosa.

    Oggi si pone un altro problema che sembrava superato: chi sa scrivere in Italia? Stando alle recenti ricerche e statistiche i primi ad essere incriminati sono i neo laureati. Parlando come linea generale, i giovani oltre a non leggere sanno scrivere soltanto frasi convenzionali sui loro cellulari comunicando con amici, senza rispettare le regole grammaticali più elementari.

    Nel censimento del 1861 gli analfabeti in provincia di Trapani erano il 91% e la scuola era considerata un bene di lusso, riservata ai borghesi e ai facoltosi, mentre nel 1960, un secolo dopo, l’8,30% della popolazione era ancora analfabeta; ma, fra la popolazione contadina e del basso ceto urbano la percentuale di analfabeti arrivava ancora all’80%.

    Oggi, nell’era digitale, tutti sanno leggere, ma pochi si dedicano alla lettura, perché nella società italiana si sono affermati valori e stili di vita che evidentemente non riconoscono alla cultura, in particolare quella riportata sulla carta stampata, un ruolo di primo piano. La scuola italiana incominciò ad andare male, quando con la riforma del ‘63 è stata istituita la scuola media unica obbligatoria e quando nel 1977 fu abolito lo studio del latino.

    Con l’abolizione del latino, del voto in condotta e l’istituzione della scuola dell’obbligo i giovani fino a 15 anni, cullandosi nella promozione quasi garantita, si sono astenuti dallo studio proficuo e dalla frequenza assidua alle lezioni; gli insegnanti, non potendoli bocciare, se non in casi estremi e comprovati, si sono arresi all’evidenza dei fatti.

    Nelle scuole superiori i docenti non hanno potuto recuperare quella bassa preparazione scolastica. Così si arriva all’università con studenti che non sanno effettuare una operazione matematica senza la calcolatrice e mandano "in quel paese" la grammatica italiana.

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