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Selinunte, quando la vera "sfida" era l'albero della cuccagna. Raccontaci il tuo ricordo

di: Vito Marino - del 2015-09-12

Immagine articolo: Selinunte, quando la vera "sfida" era l'albero della cuccagna. Raccontaci il tuo ricordo

Si tratta di un gioco popolare i cui partecipanti devono cercare di prendere dei premi posti in cima ad un palo molto alto (in genere i premi sono prosciutti o altri generi alimentari). Solitamente il palo viene ricoperto di grasso o sapone molle, che rende difficile l'arrampicata da parte dei concorrenti.

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  • L’albero della cuccagna che da noi è un gioco, una gara fra giovani, ha delle origini antichissime. James Frazer fa un'ipotesi antropologica che ne colloca l'origine assai indietro nel tempo, nei culti arborei diffusi in tutta Europa a partire dall'area celtica: l'Albero di Maggio, venerato come simbolo della nuova stagione e delle sue promesse di abbondanza.

    Le popolazioni germaniche onoravano in generale gli alberi e gli dei a cui essi appartenevano, e festeggiavano le nuove fioriture, con "sacrifici", probabilmente offrendo agli dei focacce (Kuchen= cuccagna) appese all'albero consacrato.

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  • Le feste popolari, anche quando si tratta di feste religiose, oltre alla rappresentazione del sacro  hanno avuto sempre al centro il cibo. Nel lontano passato il cibo per il popolo era un bene difficilmente raggiungibile, per cui sognavano sempre “il paese della cuccagna”, configurato nella immaginazione popolare con montagne di formaggio, fontane di vino, case di cacio; una specie di Paradiso terrestre, un luogo ideale ricordato in molti testi di ogni epoca, nel quale il benessere, l’abbondanza e il piacere è a portata di tutti.

    Esempio di un simile paese, anche se non indicato con questo nome, lo si trova già nella commedia greca i "Minatori" dove Ferecrate, commediografo del V secolo a.C., nel descrivere la vita felice dei morti, accenna ad un paese che si trova negli inferi, dove ci sono "fiumi pieni di polenta e di brodo nero"

    Un altro esempio lo si può trovare nel paese di Bengodi descritto da Boccaccio nella III novella dell'ottava giornata del Decamerone dove: <<si legano="" le="" vigne="" con="" salsicce,="" ed="" avevasi="" un'oca="" a="" denaio="" un="" papero="" giunta;="" eravi="" una="" montagna="" tutta="" di="" formaggio="" parmigiano="" grattugiato,="" sopra="" la="" quale="" stavan="" genti="" che="" niuna="" altra="" cosa="" facevan="" far="" maccheroni="" e="" raviuoli="" cuocergli="" in="" brodo="" capponi="">>. Una variante dello stesso culto - ma collocata nel periodo del solstizio d'inverno - sarebbe l'albero di Natale, un culto del nord Europa, arrivato con la globalizzazione fino a noi intorno agli anni ’50 – ’60. 

    Nello stesso periodo è arrivato fino a noi anche l’albero della cuccagna, non come ricorrenza religiosa ma come un gioco, una gara per allietare la popolazione in occasione di festività religiose. Il nostro albero della Cuccagna sarebbe ciò che resta dell'arcaico albero sacro di maggio, spogliato di ogni magia e di ogni significato sacrale, e ridotto a gioco nel quale i giovani vanno alla conquista di cibo ricercato, nonché dell'ammirazione delle ragazze spettatrici delle loro esibizioni acrobatiche. 

    Il palo poteva essere posizionato orizzontale (sporgente sul mare), verticale e trasversale. Intorno agli anni ’50 ho assistito per alcuni anni a questo gioco a Marinella di Selinunte in occasione della”Scesa” (ferragosto, Madonna dell’Assunta). I ragazzi partecipanti hanno prima dovuto togliere il sapone molle messo abbondante intorno al palo, con della sabbia e quindi, dopo tanta fatica sono riusciti a salire fino in alto.

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