• A3 Conad
  • A3 dottor Gianni catalanotto
  • Farmacia Rotolo Castelvetrano
  • Orthotecnica A3bis fino al 5 gennaio 2025
  • A3bis Farmacia Rotolo
  • fattoria Carimi A2 fino al gennaio 25

Quando a Selinunte si scendeva con la "paparedda" tra dislivelli e fermate in campagna

del 2015-06-10

Immagine articolo: Quando a Selinunte si scendeva con la "paparedda" tra dislivelli e fermate in campagna

" I ricordi. Brutte bestie i ricordi. Scandiscono inesorabilmente il tempo che fugge. Ti fanno tornare indietro solo con la mente. Mai con il corpo. È la mente la macchina del tempo."    

  • Fratelli Clemente Febbraio 2023 a7
  • Con queste parole Rino Carollo ha raccontato alla Redazione come era Selinunte tantissimi anni fa, quando ancora la linea ferroviaria che attraversava i bellissimi Templi, era meta di viaggiatori e sognatori.  

    Continua a ricordare Rino: "E la mente mi riporta maledettamente alla mia Selinunte, la Selinunte che era diversa da adesso, e che era meravigliosa per me, 'picciriddu' prima e adolescente, e giovanotto poi.

  • h7 immobiliare catalanotto
  • Noi di Castelvetrano dicendo Selinunte comprendiamo nel nome anche la borgata di Marinella. E mi rivedo bambino. In estate. Poche macchine, per lo più Fiat 500, 600, 850, qualche Fiat 1100.

    Finita la scuola iniziavano le vacanze estive e si andava al mare col treno, 'la paparedda', un convoglio formato da una piccola locomotiva che marciava su un binario stretto stretto, il cosidetto scartamento ridotto, la R302 alimentata con un misto di nafta e carbone, al traino di un paio di carrozze con scomodi sedili in legno ma con dei meravigliosi balconcini alle estremità da cui affacciarsi e godersi la campagna del viaggio.  

    Sembrava un treno del Far West.

    Nelle salite prima di arrivare a Latomie, il trenino sbuffante di fatica, slittava sui binari e rallentava la marcia. Non riusciva a procedere. Troppo peso, troppi passeggeri.

    Allora il capotreno ci faceva scendere e, superato a passo d'uomo il dislivello, si tornava a bordo. I contadini, conoscendo il problema, si facevano trovare con i loro prodotti lungo il binario, per vendere uva, pesche, angurie, pomodori, ciliege ,e così  facendo  portavano a casa il pane quotidiano. Sulla paparedda feci due o tre viaggi.

    Non a passo con i tempi e obsoleta, venne soppiantata dalle più snelle e capaci 'vittorine' le automotrici Raln 60. Non si fermavano sulle salite,  ma tiravano diritte fino alla meta, anche se la velocità media era di 30 km/h.

    Per raggiungere Selinunte impiegavano circa mezz'ora, e in 13 km effettuavano due fermate: Santa Teresa e Latomie. In estate venivano prese d'assalto come nei film degli indiani quando assaltavano il forte.  

    Mio padre, ferroviere, infilava me e mio fratello nella cabina di guida, e io mi sentivo un privilegiato godendomi le curve e la campagna fino ad arrivare alle prime case.

    Poi lo spettacolo che mi si parava improvvisamente davanti: il tempio E in tutta la sua superba bellezza.

    Ai lati una fila di macchine in attesa davanti al passaggio a livello che separava la linea ferrata dalla strada che attraversava i templi.   Già la strada.

    La strada sinuosa come serpente che attraversando le rovine portavano alla borgata e all'acropoli. Senza divieti, senza sensi unici e senza strisce blu...

    Quante passeggiate su quella strada. Di sera, di notte, ad ammirare il silenzio dei templi baciati dalla luna bianca in certe sere d'estate che solo la nostra Sicilia rende uniche.Quanti amori potrebbero raccontare quelle colonne se non fossero mute e complici....

    Poi tutto cambiò come quando finisce la bella stagione portandosi via passioni e ricordi.Qualcuno decise che la linea era ramo secco e doveva essere chiusa. E così, il  31 dicembre 1985 ,venne chiusa la ferrovia di Selinunte.

    Niente più trenini arrancanti che attraversavano i templi e si affacciavano sul mare africano. I piccoli binari, presto furono coperti da rovi ed erbacce fino a sparire dalla vista, il passaggio a livello, che tanti automobilisti fece dannare, rimase aperto per sempre, aspettando illuso e invano di potersi chiudere ancora per fare passare il suo treno.

    Poco dopo qualcun altro decise che i templi dovevano essere preservati dalla speculazione edilizia e celarne la vista dalle brutte case attorno. E così vennero circondate da una cinta di dune sabbiose, dotati di brutti ingressi in cemento e  infine fu smantellata la suggestiva stradina che li attraversava, e che ha regalato agli occhi ammirati qualcosa di bello e struggente che ormai rimarrà solo  nel cuore di chi ha vissuto quella stagione selinuntina  che mai più tornerà".

    Vuoi essere aggiornato in tempo reale sulle notizie dalla Valle del Belìce? Clicca “Mi piace” su Castelvetranonews.it o seguici su Twitter