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Ricordi di un cronista: Quando la Dc dominava la scena politica castelvetranese

di: Pietro Errante - del 2015-06-19

Immagine articolo: Ricordi di un cronista: Quando la Dc dominava la scena politica castelvetranese

Le Amministrazioni comunali di Castelvetrano, nel periodo ormai conosciuto come prima repubblica  (dunque fino ai primi anni del ’90), avevano una durata media di 9 mesi. Proprio così: sindaci e giunte  si alternavano quanto dura una gestazione prima del parto naturale.        

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  • Erano gli anni in cui la DC poteva contare su uno strapotere quasi assoluto, detenendo talvolta la maggioranza in  Consiglio Comunale e comunque partecipando sempre attivamente in collaborazione con PSI, PSDI, PRI e PLI al governo della città.                          

    La DC castelvetranese (ma anche quella nazionale e regionale) era una vera e propria galassia indecifrabile di correnti che si trasformarono ben presto in veri e propri partiti, tra loro in lotta o comunque in dissenso.

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  • Morotei, dorotei, forze nuove,  nuove  forze, cislini, ciellini ecc spesso si confrontavano all’interno della grande Balena Bianca (come definì la DC il celebre Giampaolo Pansa), dando consistente materiale al cronista locale sommerso da comunicati, controcomunicati, prese di posizione, appelli, singoli distinguo ecc.                      

    Tutto questo comportava una grande difficoltà nel designare ed eleggere il sindaco con relativi assessori: riunioni interminabili ed anche piuttosto chiassose si susseguivano nella vicinissima sede della Dc, ubicata nel palazzo di rimpetto alla sede dell’aula Consiliare, in quella piazza Garibaldi che da sempre rappresentava il cuore pulsante della vita castelvetranese.                    

    Sotto gli alberi di piazza Garibaldi stazionavano diecine di cittadini in attesa dell’agognato “habemus papam”. Conciliaboli tra politici si alternavano a indiscrezioni dell’ultimora, di cui erano portatori i sempre più numerosi ben informati locali. Le fumate più nere che bianche erano rappresentate dalle facce buie dei politici che di tanto in tanto facevano capolino dal portone della DC.

    Dietro quelle mura spesso si sentivano urla alternate a silenzi più rumorosi ed eloquenti. Si diceva che da una porticina laterale segreta fosse giunto di gran fretta l’onorevole o il deputato chiamato a dirimere l’ennesima questione e soprattutto per cercare di raggiungere l’agognata quadratura del cerchio.          

     Finalmente dopo giorni di estenuanti trattative, tra il mormorio crescente della gente che cominciava a dare segni di insofferenza e le pressanti accuse dei partiti di opposizione,  si riusciva ad eleggere un sindaco, ma nello stesso preciso istante si cominciava a lavorare per farlo cadere ed eleggere il prossimo.  

    Durata di un mandato: non più di nove mesi. Accadeva anche a livello nazionale e regionale. I cittadini si ritrovavano spesso sotto gli alberi di piazza Garibaldi mentre dalla vicina Chiesa Madre il buon sagrestano nel chiudere i battenti si lasciava andare al fatidico: “Ma che aspettate tutti qua fuori, tornatevene alle vostre case, anche se cambiano i suonatori, la musica è sempre la stessa”.  

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