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Da Campobello all'America tra ricerche ed esperimenti all'avanguardia. Storia di Rosanna Marino

del 2017-05-09

C’è sempre tempo per cambiare la propria vita e rivoluzionare tutto: lasciare l’Italia per dedicarsi allo studio della propria passione. Lo sa bene Rosanna Marino, 31 anni, campobellese, una laurea in Farmacia e una carriera avviata come farmacista nella sua città. Per lei il futuro sembrava già scritto e invece un concorso per il dottorato in Neuroscienze prima e un congresso in Sardegna poi l’hanno portata negli Usa, dove adesso lavora al prestigioso NIDA (National Institute on Drug Abuse) come ricercatrice.

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  • Ciao Rossana, parlaci del tuo percorso di studi

    Mi sono laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche nel 2008 ed abilitata all’esercizio della professione di farmacista nel 2009. Dopo ho lavorato come farmacista a Campobello per 4 anni, quando ho preso la fatidica decisione di cominciare il mio percorso nella ricerca facendo 6 mesi di internato nel laboratorio di neuropsicofarmacologia della Prof. Carla Cannizzaro presso il policlinico di Palermo.

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  • Nel 2012 ho partecipato al concorso per il dottorato di ricerca in Neuroscienze e disturbi del comportamento e dopo aver svolto il mio primo anno all’Università di  Palermo, nel Gennaio 2014 sono partita per Baltimora. Nel 2016 ho finito il dottorato ed adesso sono al NIDA come ricercatrice.

    Che cos’è il NIDA?

    Il NIDA è l’acronimo di National Institute on Drug Abuse. E’ un ente governativo e non accademico che effettua delle ricerche scientifiche in materia di abuso di droghe. 

    Come hai raggiunto questa posizione lavorativa?

    Ho conosciuto il mio attuale capo in un congresso in Sardegna (Alghero). Allora presentavo un poster sull’autosomministrazione di etanolo nel ratto, con periodi di astinenza forzata e successive ricadute (relapses). Durante questa conferenza Anonello Bonci (il mio capo) presentava dei dati su ratti che si autosomministravano cocaina ottenuti con l’uso di una tecnica nuovissima: l’optogenetica.

    Così ho approfittato del congresso, ed in particolare della sessione presentazione posters, per chiedere ad Antonello di poter frequentare il suo prestigioso laboratorio negli USA per un breve periodo di 6 mesi in modo da poter imparare questa tecnica. Lui disse subito di si avvertendomi però che si sarebbe trattato di qualcosa di più lungo di 6 mesi. Ed adesso sono qui da 3 anni.

    Di cosa ti occupi in particolare?

    Faccio optogenetica sui topi, in pratica inietto in certe aree cerebrali un virus che codifica per una proteina canale sensibile alla luce, attraverso cui riesco ad attivare determinati circuiti cerebrali stimolandoli tramite il laser. In pratica cerco di mimare ciò che le sostanze d’abuso fanno, attivare neuroni dopaminergici nell’aria Tegmentale Ventrale. Questo tipo di ricerca ci permette di capire a pieno i circuiti cerebrali che sottendono l’abuso di certe sostanze.

    Dove vivi esattamente? Come ti trovi? Vivi da sola?

    Vivo a Baltimora nel Maryland. Sono in pratica nella costa Est, a 40 minuti di macchina da Washington. Abito da sola ma ho tanti amici!

    Raccontaci un po’ la tua giornata tipo

    Mi sveglio al mattino molto presto  in modo da parlare con mia madre o mio fratello o qualche amico, in quanto non posso farlo la sera visto che ci sono 6 ore di fuso orario e quando io rientro dopo il lavoro in Italia dormono già tutti. Arrivo a lavoro verso le 8.30-9 e mi fermo fino alle 6. Torno a casa e vado in palestra, cucino metto un film e poi di corsa a nanna.

    La scienza come contrasta la dipendenza da droga? Quali passi avanti si sono registrati negli anni?

    Dunque l’approccio e’ il seguente: negli anni si è cercato di capire la fisiologia della dipendenza e grandi passi avanti si sono fatti. Di sicuro ogni droga ha un suo meccanismo d’azione ma tuttavia tutte agiscono sul circuito del reward che coinvolge l’attivazione delle cellule dopaminergiche nel midbrain. 

    Quanto è importante la ricerca in questo settore?  

    Purtroppo la dipendenza da sostanze d’abuso è una vera e propria patologia che se non combattuta può portare piano piano alla morte. In Italia non lo viviamo come uno dei principali problemi in quanto la gente coinvolta è solo una piccola percentuale della popolazione. Ma negli USA è un grossissimo problema, tanto che il governo investe moltissimi soldi sulla ricerca al NIDA.

    In centro, nei bus, per strada si vedono un sacco di persone (anziani, giovani e giovanissimi, donne, uomini) barcollanti anche al mattino presto. Insomma gente che ha come unico e solo pensiero quello di farsi la prossima dose. 

    L'esperienza su un topo è paragonabile agli effetti che potrebbero aversi su un uomo? 

    E’ certamente un buon inizio, per direzionare  la ricerca sull’uomo. Sebbene i dati clinici sono di principale importanza in questo campo.

    Sei soddisfatta del tuo lavoro?

    E’ un lavoro molto impegnativo che richiede molte energie ogni giorno. Anche il fatto di stare così lontano da casa, è sacrificante per me. Tuttavia io amo questo lavoro e non penso che ci sia nient’altro che mi possa appagare di più. Ecco questa è la ragione e la motivazione che mi porta ad affrontare così tanta fatica ogni giorno senza avvertirla.

    Che ambiente hai trovato? Altri siciliani? 

    Nessun siciliano al momento. Ma ci sono tanti italiani. Tuttavia ho un sacco di amici americani, giapponesi, cinesi etc. Mi sento dunque a casa! Anche perché le amicizie che si coltivano qui sono vere e mai di circostanza perché fondamentalmente stiamo tutti lontani dalla famiglia e tutti ci siamo costruiti una nuova vita, perciò ci aiutiamo sempre tra di noi.

    Cosa ti manca di più della tua terra?

    Torno a Campobello sempre per Natale ed in estate, tuttavia mi manca tanto la mia famiglia e soprattutto i miei nipoti che stanno crescendo velocemente senza conoscermi del tutto. Questo mi rende un po’ triste.

    Facendo un bilancio dei successi del NIDA e guardando al futuro cosa pensi si possa fare e in che direzione state lavorando?

    Adesso il nuovo futuro sembra essere la stimolazione magnetica transcranica, una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica del tessuto cerebrale.. È già adottata per trattare depressione, malattia di Parkinson etc.; il nuovo passo in avanti sarebbe quello di  usarla anche nella cura delle dipendenze.

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