Nel ricordo di Donna Amalia, la zia dei castelvetranesi tra perle di saggezze e proverbi
del 2022-02-22
Terra di grandi pittori, umili storici e intrepidi scultori, umanisti e furenti lottatori senza dimenticare la società civile. Ferruccio Centonze è stato in grado di ripercorrere decenni di avvenimenti storici, attraversando diversi contesti senza mai dimenticare la sua Castelvetrano. Oggi, è diventato difficile e la lettura è "quasi” ostacolata da un ostracismo esterno. Nonostante tutto, ricordare alcune figure di grande spessore umano e morale può rappresentare quell'esempio di affermazione sociale.
Lo stesso Centonze cercava con insistenza la capacità “operaia” del personaggio nella collettività. Tra gli esempi più interessanti e meritevoli di attenzione rientra senza dubbio “donna” Amalia. Una signora dolce e carismatica. Una vita dettata dal sorriso, esorcizzando diversi riferimenti storici con la consueta e proverbiale serenità d'animo.
Ha vissuto con enfasi il cambiamento radicale della sua Castelvetrano, affermando quei concetti fatti di parole e considerazioni abbinate al dialetto siculo senza dimenticare l'importanza rivestita dalle scene che hanno provocato ripercussioni nella sua vita.
Ha avuto la possibilità di conoscere alcune uomini di spessore come Ferrigno, Pardo, Gentile e L.Centonze, attori protagonisti nei loro campi di riferimento. Una parola di conforto spesa per la gente, aiutata da quella certezza interiore chiamata “fede”. Mai tramontata nel tempo e anzi, protettrice della lunga vita durata 93 anni.
Un impegno sociale coltivato con l'esperienza e nonostante la morte del marito, mantenne un alto concentrato emotivo regalando perle di saggezze. I suoi proverbi di vita quotidiana, i lunghi rosari che non si trovavano in nessun Vangelo e scandivano il ritmo religioso e quell'insaziabile leggerezza nelle battute ironiche.
E' impensabile trovare un castelvetranese dall'ampio bagaglio culturale ai giorni nostri e la zia Amalia era un punto di riferimento per l'intera collettività. L'amore per la famiglia vissuta come base d'appartenenza e gli amici che si appellavano alle poesie di Nino Atria specialmente con “Ciuridda” e Rosario Di Bella senior recitate in dialetto per regalare tanta forza d'animo.
Una donna tutta d'un pezzo, dai modi taglienti e dalla ferrea volontà senza cedere il passo. E' stata una figura notoriamente brillante e lo stesso Centonze, espresse pubblicamente di aver utilizzato alcune versioni originali delle sue preghiere nelle commedie teatrali. Andrebbero studiati i suoi versi romanzeschi e quel filo sottile artistico che la legava alla nostra città.
Rimase severamente segnata dal periodo fascista, a tal punto di chiamarli “quelli col giummo”. Da una finestrella degli ammezzati di zia Titì, osservò quello spiacevole episodio accaduto l'8 maggio del 1921 e rimase folgorata dal parapiglia improvviso. Un corteo trasformato in carneficina, con alcuni morti e tanti feriti mentre la gente scappava dalla paura. Colpi di pistola sparati senza remore alcuna, distruggendo una manifestazione di piazza e trasformandola in un teatro di sangue.
Era molto attenta alla situazione politica nazionale, leggendo i giornali e seguendo le rubriche televisive ed i telegiornali. Le sue analisi di vita corrette e coerenti degli errori commessi e della mancanza di scelte da parte del Governo erano spunto di riflessione.
Sicuramente, vanno ricordate e apprezzate alcuni detti o riti di spessore umano. Vorrei prenderne in considerazione un paio tra i tanti per dimostrare la moralità concentrata di una donna elegante e particolarmente esigente.
La zia Amalia era l'amica di tutti. Un rosario personale era stato dedicato alla Maria Addolorata e recitava così: Bedda Matri chi sugnu cunfusa/ livatimilla sta cunfusioni/livatimilla o Matri mia/ chi vi dicu l'Avi Maria./ Bedda Matri Addulurata/vurria chianciri cu vui/lu mè cori è troppu duru/arrimuddatimillu vui,/ cu la vostra santa spata/ Bedda matri Addulurata.
Un'altra preghiera di notevole legame con Dio e nello specifico, con Santa Monica era recitata nei momenti bui e di grande attesa e speranza. Le parole condite di stima e profonda spiritualità erano le seguenti: Santa Monica piatusa/ Santa Monica gluriusa/pì lu viaggiu chi facistivo/di l'Egittu a Milanu/facitimi sta grazia a manu a manu./S'e' bona notizia campani sunari/e cani abbaiari.
Ma se per caso i cani non abbaiavano o non suonavano le campane, e il grido delle civette pioveva da un cielo senza luna, ecco subito l'invocazione che stornava di malasorte S'e' mala notizia, supra di tia/acidazzu rapinu.
Il suo repertorio annoverava versi metaforici e lungimiranti, fatti di risate e allegria. Erano menzionati nel periodo carnevalesco dove gli scherzi erano presenti e la zia Amalia citava così: Cchiu chi longa e grossa è / pi li fimmini megghiu è/ Si la metti ntà la ciaccazza/ sta gran pezza di biaggianazza.
Quasi un secolo di vita scandito con trepidazione e semplicità, lungo un tragitto di fedele e armoniosa presenza nel sociale. Una donna per pochi, una zia per tanti. Donna Amalia è stata l'espressione della castelvetranesità. Un aspetto ormai sparito e latitante in un contesto rinnovato ma assente di ideali.
La semplice lettura può insegnare e riaccendere la fiammella di una città costantemente sotto i riflettori per vicende negative. Castelvetrano ha conferito oneri e onori a talenti indiscussi e siano gli esempi pratici da valorizzare.