Il misterioso omicidio della “suburra” e quel giovane campobellese ucciso da un castelvetranese
di: Salvatore Di Chiara - del 2022-09-05
Il dopoguerra aveva lasciato degli strascichi non indifferenti e la nostra città, sofferente, viveva un periodo di notevole difficoltà socio-economica. La mancanza di lavoro, la disoccupazione alle stelle ed un sud abbandonato al suo triste declino, erano gli ingredienti per vivere una vita completamente diversa e avvicinarsi alla malavita.
Un paese in fermento e spesso infangato dai massimi quotidiani regionali per alcuni fatti di cronaca negativi. Misteri irrisolti, omicidi senza colpevoli, appalti truccati ed una politica affaristica. Tra gli episodi più controversi di fine anni Quaranta (1947), senza dubbio, l’omicidio della “suburra”. Con il termine “suburra” era ed è attualmente evidenziato il quartiere più malfamato, difficile e problematico della città.
Preso spunto da una delle zone più antiche di Roma (compreso tra i colli Quirinale, Viminale, Celio e Oppio), da quel momento è stato accostato a qualsiasi luogo periferico e pericoloso di ogni singola città. Castelvetrano era rannicchiata nel suo splendido centro storico ma si era espansa nel tempo verso la via Tagliata.
Una volta percorsa la suddetta strada, un quartiere poco raccomandabile fu teatro di un omicidio efferato e dai connotati misteriosi. Una notte come tante del resto, silenziosa dopo una giornata intensa e improvvisamente la zona della Stazione venne squarciata da alcuni colpi di pistola. Pochi, diretti e cercati.
Un frastuono nel bel mezzo del nulla e la vita del diciottenne campobellese Vito Di Stefano terminò definitivamente. Un giovane di “beddi speranzi”, detto in dialetto siculo e, nonostante tutto, la sua vita ebbe un tragico epilogo. Iniziarono le indagini e furono abbastanza lunghe e intrinseche di misteri. Furono trovati tre tappetti di diversa caratura (due di una calibro 16) e poi, una volta fatta l’autopsia sul corpo del campobellese, all’interno di una ferita un tappetto di una calibro 12.
Perchè quell’omicidio in piena notte? Il diciottenne chi era veramente? Un’età giovane e dall’apparente viso angelico. Tra i pochi oggetti trovati: un foglio di carta con su scritto gli indirizzi di alcune prostitute e alcune foto delle stesse. Indizi interessanti che legavano il giovane ad ambienti poco raccomandabili e quindi, le ricerche furono indirizzate ed estese a un singolo campo.
Furono anni di indagini, spesso vaghe e senza costrutto, alla ricerca di un vero colpevole che avesse un nome e cognome. Spuntò anche l’ipotesi di più coinvolgimenti nell’omicidio e questo, aveva messo in subbuglio le indagini portate avanti dal Maresciallo dei Carabinieri Sirchia. Grazie ad alcune testimonianze “segrete”, la Corte D’Assisi, recatasi sul luogo del delitto e confermando le informazioni dei testimoni, riuscì in poco tempo ad arrestare il presunto colpevole.
L’uomo, castelvetranese, cercò di motivare l’utilizzo dei fucili per la caccia e di non sapere nulla del ragazzo. Inoltre, dalle testimonianze ricevute dagli inquirenti, lo stesso aveva percorso una strada totalmente differente quella notte per raggiungere la propria abitazione. Una serie di validi motivi per arrestarlo.
Da un lato, il Sostituto Procuratore Generale Genovese chiese una pena esemplare di anni 24 e dall’altra, la difesa sostenuta dall’avvocato Gentile chiese l’assoluzione per estraneità ai fatti posti in essere. La Corte, dopo alcune ore di riunione passate in camera liberatoria, decise di condannare l’uomo ad una pena di anni 24 per il fatto compiuto. Una vita spezzata facilmente e di cui si seppe veramente poco. Motivi futili che non diedero una risposta alle tante domande poste.
Uno dei tanti omicidi che colpirono la cittadina belicina nel dopoguerra. Una scia sanguinosa figlia di una lenta organizzazione ed una ricostruzione pessima. Troppi anni dove il divario sociale fu abbastanza netto ed aumentarono i casi di cronaca nera a dismisura. La nostra città è stata sempre un cantiere aperto ed oggi raccontiamo uno dei fatti accaduti del suo passato tormentato.