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La storia di Peppe Campagna conosciuto come "Nichili Nachili"

di: Vito Marino - del 2014-09-27

Immagine articolo: La storia di Peppe Campagna conosciuto come "Nichili Nachili"

(ph. Il castelvetranese doc)

In paese tutti lo conoscevamo come Nichili Nachili, ma tutti sapevano che si trattasse di Peppi Campagna. Si vedeva sempre in giro dando una battuta scherzosa e ricevendone altrettante assieme a qualche presa in giro che lui regolarmente rinviava al mittente. Ammirava molto il gentil sesso e non mancava mai di fare un complimento ad una bella donna.

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  • Era un artista nel sapere improvvisare uno slogan di complimento: “Occhi a pibigas, occhi di sogno, occhi splendenti, bella come l’aurora, visino d’angelo, rosa spampinata di lu me cori” ma ne inventava altri su due piedi. Più in la però non osava andare. Quando vedeva una coppia messa a braccetto, si avvicinava ed esclamava: “che coppia felice”.   

    Allora erano altri tempi nessuna persona normale si sarebbe permesso di fare dei complimenti a voce alta e in pubblico ad una bella donna. Per lui era normalissimo. Le donne non si azzardavano a rispondergli per le rime, ma diventavano rosse in viso e si allontanavano alla svelta. Però, quelle che già lo conoscevano non facevano più caso alle sue attenzioni. Tuttavia mi è capitato di assistere a un paio di bisticci per gelosia da parte del maschio, parente della donna disturbata, che forse ancora non lo conosceva. 

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  • Intorno agli anni ’50 la gente si divertiva a prendere in giro le persone che avevano un handicap, lui ha ricevuto un trattamento speciale, perché a sentirlo parlare ispirava simpatia; così le sue battute erano diventati slogan che la gente ripeteva per ridere. Ogni paese ha il suo personaggio di spicco in negativo e Nichili Nachili era riuscito a diventare la personalità di Castelvetrano.

    Abitava in Via Bresciana e viveva di espedienti. Camminava in maniera sempre spedita, a piccoli passi con le sue gambe leggermente arcuate. Da questa sua andatura dinoccolata era nato il suo soprannome. Malgrado tutto, era sposato ed aveva dei figli che si inserirono bene nella società. Si vedeva girare per la città con una vecchia Fiat 124 con le casse dello stereo sistemate fuori della macchina, con la musica a tutto volume. 

    In tempi più recenti si comprò un “vespino 50”, forse per qualche pensione ricevuta o qualche suo affare andato a buon fine e, con quel giocattolo, fu capace di raggiungere Parigi e tornare per raccontare le sue avventure.  Rincasava molto tardi e, nel silenzio della notte, si sentiva il suo canto e la sua risata di persona apparentemente felice, come felice potrebbe essere una persona che in guerra, almeno così si dice,  fu colpita dall’esplosione di una bomba a distanza ravvicinata.

    Era rimasto fra la vita e la morte per tanto tempo ma, fortuna per lui, si era ripreso. Allora la medicina e la sanità lasciava molto a desiderare e nessuno si è preoccupato di aiutarlo più di tanto. Così, apparentemente, era sempre allegro ma, evidentemente nel suo cervello qualche ingranaggio non ha più funzionato nel verso giusto e gli ha modificato il modo di concepire il mondo. 

    Nel 1988 ormai abitava solo; qualche bicchiere di vino lo fece addormentare con la sigaretta accesa e, improvvisamente, scoppiò un rogo che lo avvolse, Sicuramente la sua stella era stata crudele con lui e lo aveva condannato ad una morte crudele da cui, tuttavia, la prima volta era riuscito a sfuggire.

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