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Partanna, ricordando “Lu zù Cicciu” tra aneddoti, storie e quel caffè "speciale"

di: Guglielmo Triolo - del 2018-03-21

Immagine articolo: Partanna, ricordando “Lu zù Cicciu” tra aneddoti, storie e quel caffè "speciale"

Nel tempo a Partanna tante sono state le personalità di prestigio che si sono evidenziate per le loro capacità eccezionali. Artisti a vario titolo o semplicemente normali persone che con alto spessore morale, hanno nel tempo contribuito a definire la morale pubblica, le usanze, i comportamenti costituendo l’avanguardia della cultura partannese.

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  • Una comunità fa tesoro di queste persone e ne accetta ben volentieri i suggerimenti. Poi ci sono persone che con il proprio lavoro e il proprio impegno hanno nel tempo dimostrato capacità eccelse tracciando la strada professionale ad intere generazioni.

    Tra tutte queste persone spicca in maniera preponderante la figura di un personaggio che ha avuto una rilevante fama per le sue ottime qualità caratteriali. Chi non ha conosciuto lu “Zù Cicciu” persona di grande spessore, fervente “Camerata” dei tempi che furono e rimasto fedele fino all’ultimo, a chi ha dato “La pensione a tutti” come spesso affermava Lui?

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  • Noi da ragazzini in quel suo bar della strada mastra ci abitavamo. Dall’uscita di scuola subito dopo pranzo fino a tarda sera, tutti i giorni, eravamo presenti dentro quel bar pieno di tavoli e sedie con biliardi e giochi vari. Eravamo come figli, ci trattava con affetto. Scherzava con noi ragazzi con rispetto e gioiva nel vederci giocare a bigliardino con accanito impegno tifando ora per uno ora per l’altro senza esagerare.

    Quando le persone adulte giocavano a biliardo e comandavano “Zù Cì ni li fa quattru cafè”, lui con calma andava al banco, preparava le tazzine nella macchina da caffè e quando quel prezioso liquido veniva giù, lui a suo piacimento metteva lo zucchero, lo girava con il cucchiaino, li assaggiava con lo stesso tutti e quattro per constatarne il gusto e solo dopo aver fatto questo, formulava il comando del barista “Li cafè sunnu pronti lintati e vinitivilli a pigghiari”.

    Tutti sapevano del risultato di quell’opera d’arte che aveva avuto l’approvazione tramite assaggio del professionista, così senza obiettare, felici, consumavano la bevanda profumata con piena soddisfazione. Ma tutti siamo uomini e ogni persona ha le sue caratteristiche e sue vicende umane.

    Un giovane diciottenne aveva comprato una cinquecento di colore rosso fuoco con “autoradio e stereo otto” per la musica, che funzionava con grandi cassette che tutti chiamavano “Nastri” .

    Per comprare qualche “Nastru” aveva chiesto in giro e tutti gli avevano indicato quel negozio della Strada Mastra, ma lui sbagliando entrò nel bar di lu zù Cicciu, capì che era un bar ma volle chiedere lo stesso “Zù Cì chi avi Nastri?”, la risposta fu fulminea, degna di concorrente di Rischia Tutto: “No scocchi di nervu haiu”. Non era volgarità, era una battuta per ridere tra amici e compaesani.

    In inverno si giocava a carte in un angolo del locale biliardi e si passava ore a discutere sugli errori di gioco per una giocata sbagliata. Ma era sempre un bar e qualcuno vedendo quelle caramelle colorate dentro quei grossi vasi di vetro, magari aspettando la fine della giocata , comandava insistentemente al titolare “Zù Cì mi li pigghia na dicina di caramelli?”, la risposta era data in maniera secca e decisa “Te cà centu liri va pigghiatilli a lu bar di Carusu”.

    Si trattava solo di uno scherzo, dopo la consueta risata, con totale fiducia data dallo Zio, di solito i clienti si servivano da soli magari aumentando di qualche unità le caramelle pagate. Tutto rientrava nella normalità.

    La distrazione era di casa, se qualcuno chiedeva “Orariu zù Cì” omettendo di dire che era l’orario iniziale di gioco a biliardo da scrivere in tabella per poi conteggiare la fine, subito si sentiva il grido di lu zù Cicciu “Due e cinquanta” che quantificava mezz’ora di gioco. Ma al richiamo dei giocatori che ancora dovevano iniziare a giocare, lui non si scomponeva, accettava l’errore e assecondava.

    Il caffè di quel bar era nominato da tutti, era buono, gustoso, profumato e nel bene e nel male era “Lu cafè di lu zù Cicciu”. Una volta capitò nel periodo estivo che un cliente con voce infastidita e seccata fece notare che dentro la tazzina oltre al caffè c’era pure una mosca. Niente di strano, tutto fu messo a tacere con una semplice risposta “Cú centu liri chi ci vulivi na fedda di carni?”.

    Nel locale bar oltre al bancone situato a sinistra,c’era una vetrinetta piena di bottiglie di liquore colorato con all’interno dei rametti che ne davano una caratteristica allegra e gradevole. Divideva questo locale dal salone con i biliardi una grande apertura ad arco senza porta con una grande tenda che all’occorrenza chiudeva il passaggio. A guardarla dal salone sembrava un palcoscenico teatrale. E così fu.

    Tale divisione risultò azzeccata quando da un paese vicino venne a frequentare il bar una persona alquanto bizzarra, che pur stonato come una campana, aveva a suo dire grandi capacità canore. A questo punto lu zù Cicciu organizzò tutto, il pubblico seduto nel salone dei biliardi e il cantante dalla parte del bar che entrava all’apertura della tenda. Tutto incominciava con la presentazione dell’artista stonato da parte del titolare e noi tutti ad ogni piccolo cenno di canto ad applaudire a più non posso con ovazioni vocali ad alta voce.

    La popolarità dell’artista si era diffusa tra tutta la clientela che nei giorni prefissati diventava sempre più numerosa. Dopo tante serate l’artista si perse di vista, solo dopo alcuni giorni si seppe che era stato ricoverato in psichiatria per sopraggiunti problemi mentali. Quanti ricordi belli ci legano a quel bar della Strada Mastra che ora ha chiuso i battenti e a quel nostro grande amico che ricordiamo con affetto che era per tutti noi “Lu zù Cicciu”.

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