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(VIDEO) "La nostra odissea a Triscina dagli anni '80, lo sfratto e la paura di restare senza casa"

del 2018-06-04

In due 152 anni ma il loro ultimo desiderio è uno ossia quello di conservare l’unica piccola abitazione di Triscina dove abitano da 20 anni circa e continuare a raccogliere i gelsi dai loro due alberi per i nipoti. Una storia che parla di abusivismo, che ha già ”sentenziato” che quella abitazione a piano terra di via 59, già acquisita al patrimonio immobiliare del Comune, va abbattuta.

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  • Una vicenda come tante altre, che con Triscina che passa per “mafiosa” non ha nulla a che vedere.

    ”Lotteremo con tutte le nostre forze per questa nostra casetta dove abbiamo investito i frutti del nostro lavoro. Per favore non ci sfrattate”.

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  • A dirlo Pino Randazzo, 77 anni, e la moglie Caterina Cusenza, 75 anni, entrambi di Partanna. Si tengono per mano come dei fidanzatini, come a farsi forza l’uno con l’altro. Poi un po’ di storia della loro casetta: “Negli anni 80 abbiamo comprato da un nostro vicino di casa, che ha la sua abitazione ancora più vicino al mare di quella nostra, il terreno con regolare atto notarile. Subito il Comune, mentre che un architetto aveva già presentato regolare progetto, ci chiede 4 milioni e ottocento mila per la Bucalossi che paghiamo regolarmente.

    Abbiamo il regolare allaccio dell’Enel ma il progetto, che comprendeva anche il sistema degli scarichi, si blocca perché non può essere accatastato, mentre avevamo speso già 70 milioni di lire circa sotto gli occhi di tutti. La nostra odissea - continua la moglie Caterina Cusenza - non finisce qua. Nel 1994 abbiamo ricevuto l’ordine di demolizione, ricorso al Tar con altre spese, che ci concede la sospensiva. Poi, e siamo già nel 2000, ci viene notificato che l’immobile è stato acquisito al patrimonio del Comune, con l’obbligo di lasciare la casa e di versare all’Ente 22.795 euro per i costi di demolizione o in alternativa che dobbiamo pensarci a nostre spese.”

    Il racconto dell’anziana coppia si interrompe spesso anche per l’emozione, mista ad amarezza: “Non abbiamo un'altra casa in tutto lo stivale d’Italia, dove andremo ad abitare? Come potremo pagare un altro canone?”

    Poi i coniugi riferiscono di avere inviato una lettera ai Commissari per convincerli a farci pagare un affitto pur di potere continuare ad abitare in quel piccolo angolo “di paradiso”, pur se si tratta di una abitazione piccola e vetusta.  Poi gli stessi fanno un appello alla politica regionale perché legiferi per tutti quelli che sono nella loro condizione, per evitare l’arrivo delle ruspe che opereranno a macchia di leopardo per l’abbattimento delle prime ottanta case abusive già acquisite al patrimonio del Comune.

    Infine i coniugi che mostrano foto di come in altre spiagge della Calabria e in Sicilia, come a Scoglitti dei frangiflutti, hanno allontanato il mare dalle abitazioni, evidenziano l’altro aspetto di una ‘legalità impositiva’. Conclude Pino Randazzo: “mi è arrivata ieri per posta di pagare la Tari dell’anno 2018 qua nella mia abitazione, ma scusate che senso ha farmi pagare una tassa di una casa adesso del Comune ‘abusiva’?

    Sarei disposto a versare a rate i 22 milioni richiestimi per l’abbattimento, ma solo se si realizzasse un sistema per fare aumentare la sabbia sulla nostra costa il più possibile e salvare le nostre case”. I coniugi alla fine ci mostrano come in quel fazzolettino di terra dietro la loro casa ci sono alcune piante di pomodoro già “incannate”, qualche ortaggio, i due gelsi e un albero di fico.

    “Tutto qua. Questo avremmo voluto dare un giorno ai miei figli e ai nostri nipoti,una sacrificio lungo lungo, costruito da gente onesta” probabilmente mal consigliata da qualche politico senza scrupoli della serie “ costruisci poi tanto faremo una sanatoria”.

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