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Ricordando il “Golden Rock” di Mazara del Vallo tra musica, artisti e storia

del 2017-01-14

Immagine articolo: Ricordando il “Golden Rock” di Mazara del Vallo tra musica, artisti e storia

La storica foto di copertina, forse unica, speditami dal mio fraterno amico Vito Valenti, mi dà lo spunto per parlare d’uno dei locali da ballo più gettonati in quelli che furono “i favolosi anni sessanta”. Oggi lo si chiamerebbe “Dancing”, poiché era un luogo dove i ragazzi potevano ritrovarsi per divertirsi ballando al ritmo della musica.

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  • I disc jockey d’allora proponevano per lo più dei brani molto romantici e sdolcinati che davano la possibilità ai ragazzi e alle ragazze di potersi abbracciare e godere di quel momento d’intimità. Cosa della quale oggi non hanno più bisogno dopo che la rivoluzione sessuale, di sessantottina memoria, ne ha decretato la definitiva bisognevole sussistenza.

    Fu nel lontano 1963 che i soliti “quattro amici al bar”, Giuseppe (Pippo) Pugliese, Salvatore (Totò) Foderà, Antonino (Tony) Romano e Giovanni (Giannino) Gucciardi, realizzarono una struttura estiva sul lungomare “San Vito” di Mazara del Vallo che chiamarono “Golden Rock”.

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  • Ad allietare le serate, considerato che in quel periodo non s’era ancora sviluppato il concetto di discoteca, c’era il mitico gruppo dei “Dioscuri”. La calda voce di Nicola Noce, coadiuvata da quella del bassista Vito Calia, e il magnetico suono tipico dell’organo “Hammond”, unito a quello ipnotico del leslie, suonato da Nicola D’Aleo, la facevano da padrone. I ragazzi impazzivano quando il gruppo eseguiva brani quali “A whiter shade of pale” e “Homburg”, entrambi dei “Procol Harum”, lasciandosi andare a dei puri e genuini amplessi musicali.

    I “Dioscuri”, oltre a possedere una strumentazione all’avanguardia, per sbalordire chi affollava la pista si servivano sia delle luci psichedeliche “Living Light” marca Davoli sia del famigerato “faro stroboscopico”. Per utilizzarlo era necessario che ci fosse il buio. La forte intensità dei lampi di luce emessi da una lampada allo xeno che s’accendeva e si spegneva a intervalli regolari, creava delle illusioni ottiche tali da far sembrare fermi coloro che, invece, si muovevano per via del ballo.

    La regolazione della velocità dei lampi produceva l’effetto “ralenty” che donava una sensazione molto coinvolgente e il cui utilizzo risultava molto gradevole, specialmente se il faro era orientato verso i musicisti. La gente rimaneva attratta da quei flash che illuminavano i componenti del complesso bloccandone i movimenti in una emozionante girandola d’immagini apparentemente fisse.

    Tornando al “Golden Rock” anch’esso, come tanti altri sparsi in tutto il territorio italiano, era composto da una pista da ballo, da un palco ove s’esibivano i vari complessi e i cantanti, nonché da un immancabile bancone-bar provvisto di tutto ciò di cui avevano bisogno i clienti del locale. C’erano, poi, degli spazi con dei tavolini e delle sedie che servivano per riposarsi, rifocillarsi o semplicemente per parlare con l’intenzione di conoscersi meglio.

    Oltre ai “Dioscuri” di Mazara il locale ospitò un altro mitico complesso di Castelvetrano, gli “Asteroidi”, che proponevano una musica più rockeggiante. Ricordo che anch’io con la mia “Orchestra Duemila” fummo invitati, negli anni settanta, a suonare al “Golden Rock” quando, però, esso aveva oramai esaurito tutta quella carica prorompente dei primi anni.

    Per quanto riguarda, invece, gli artisti più famosi che hanno calcato il palco del “Golden” possiamo ricordare fra gli altri: Ornella Vanoni, i “Dik Dik”e l’“Equipe ‘84”

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    Effeviauto 6 gennaio 2025