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"La rinascita della nostra terra? Competenze, marketing e non solo". Intervista al campobellese Nino Montalbano

del 2017-09-08

Immagine articolo: "La rinascita della nostra terra? Competenze, marketing e non solo". Intervista al campobellese Nino Montalbano

La valorizzazione di un territorio non è cosa semplice. Non è solo una questione di case da abbattere e terreni da riqualificare, come erroneamente – almeno nelle nostre zone – si è portati a pensare. Essa necessita infatti di un progetto valido, pensato bene, e nei minimi dettagli, e soprattutto da professionisti.

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  • Questi ultimi a volte pare che scarseggino. In un mondo in cui, molto spesso, a decidere per noi è chi non ha le competenze necessarie, il futuro è nelle mani di chi non sa che farsene, e ciò che rimane sono solo un mucchio di scelte sbagliate che peggiorano le cose.

    Ma alla redazione di Castelvetranonews.it non è stato necessario andare lontano per conoscere un ragazzo che si può già annoverare tra le eccellenze locali e che sarebbe più che disposto a mettere al servizio della comunità le sue conoscenze.

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  • Antonino Montalbano, classe ’78, una laurea triennale e una magistrale in Scienze della Pianificazione Territoriale, Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale, ha le idee chiare su quello che potrebbe essere il futuro del nostro territorio e in particolare della sua Tre Fontane. E così le ha raccontate alla nostra redazione.

    Intanto parlaci del tuo percorso di studi.

    Il mio percorso di studi universitari inizia a 33 anni. Inizialmente ero un po’ scettico. Credevo, vista l’età e le esigenze diverse da quelle dei ragazzi di 18 anni, di non riuscire a seguire con molta costanza il corso di laurea.

    E invece aver percorso le tappe al contrario, cioè avere prima investito sul territorio, creato attività commerciali, conosciuto le difficoltà di vita reale di un giovane in Sicilia, e poi avere intrapreso un percorso accademico di pianificazione del territorio, mi ha permesso di avere un quadro completo in cui la teoria viene applicata alle pratiche di vita reale.

    Ho così conseguito in poco tempo la laurea triennale in Scienze della Pianificazione Territoriale, Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale con 110/110 e lode e la laurea magistrale in Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale ancora con 110/110 e lode.

    Qual è il lavoro dei tuoi sogni?

    Non voglio etichettare il lavoro dei miei sogni con una parola perché oggi il lavoro non può essere inteso come quello, statico, di alcuni decenni fa. Il mondo è in continua evoluzione e si aggiorna con una velocità che molti, qui nella nostra terra, fanno fatica a capire, gestire, domare. Il lavoro dei miei sogni è sicuramente nel campo progettuale e sicuramente unisce il campo imprenditoriale alle esigenze di sviluppo del territorio.

    Prima della laurea ho conseguito un diploma di Interior designer presso l’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie di Roma. Attualmente ho uno studio di progettazione in cui, insieme ai miei familiari, esperti nella progettazione ingegneristica di manufatti metallici ed impianti per la produzione di energia da biomasse, mettiamo a sistema la progettazione di interni, architettonica, urbanistica ed ingegneristica.

    Come mai hai scelto proprio questo percorso di studi? La decisione è nata da un’esigenza oppure da una passione?

    Come ho già detto, prima di iniziare questo percorso ho investito tanto sul territorio. Finiti gli anni d’oro e iniziata la crisi su larga scala, dal 2008, sono cambiate molte cose e qui in Sicilia, soprattutto nei piccoli paesi, si fa fatica ad avere persino ambizioni.

    Ho così deciso di cambiare, di diventare un professionista e di mettere le mie competenze a disposizione del territorio e dei giovani che, proprio come me qualche anno fa, investono ma in realtà non si rendono conto di essere da soli e non inseriti in nessun programma di sviluppo.

    Avevi all'inizio un'idea, un progetto, un sogno che riguardasse Tre Fontane e che avresti voluto mettere in atto una volta diventato un professionista? E se è così, adesso che hai terminato la tua carriera accademica, sei ancora fedele alla sua idea iniziale oppure ritiene che sia difficile da applicare?

    All’inizio avevo un sogno, è vero, un sogno che oggi hanno molti giovani a Tre Fontane, terra dalle indiscusse potenzialità ma incapace di sviluppare un progetto concreto. Oggi mi rendo conto che il mio sogno di allora era quello di una persona con poche competenze e sicuramente oggi le mie proposte sarebbero diverse da quelle di qualche anno fa.

    Alla luce di quanto hai studiato, quali pensi che siano le problematiche del nostro territorio che da un punto di vista urbanistico e progettuale possono risolversi?

    Il nostro territorio purtroppo è affetto da gravi carenze che passano inosservate e ritengo questa cosa molto grave. Si parte da una carenza legislativa che penalizza tutto il territorio nazionale. Ritengo inaccettabile ad esempio che lo sviluppo territoriale possa essere affidato a persone prive di competenze. Per fare il medico ci si deve specializzare così come per fare l’ingegnere, l’architetto, l’avvocato.

    Per fare il sindaco, l’assessore, il consigliere, invece, paradossalmente, basta avere un buon numero di voti e non serve alcuna qualifica. La politica dovrebbe fornire i mezzi per sviluppare i progetti realizzati da gente esperta in materia. I politici non possono sostituirsi ai tecnici. Invece tutto ciò succede ed è questa la carenza più grave.

    Siamo un popolo, purtroppo, poco lungimirante. Miriamo alle agevolazioni a breve termine e non ci accorgiamo che tutto ciò è deleterio. Non conosciamo il concetto di pianificazione e ci affidiamo a una serie di iniziative individuali non correlate da un progetto comune.

    Quali modifiche apporteresti alla situazione attuale?

    Certamente sono molte le modifiche da apportare alla situazione attuale. Il nostro territorio necessita innanzitutto di prendere consapevolezza della grave situazione in cui si trova. Guardare avanti, non vedere la luce e cercare una soluzione. La soluzione potrebbe essere quella di affidarsi a veri esperti e non all’amico candidato di turno.

    Un esperto si basa su dati concreti, realizza un piano di marketing territoriale, sa a chi e cosa puntare per avviare un processo di sviluppo, realizza un progetto di suolo, di trasformazione degli spazi per indurre i cittadini alle pratiche di vita quotidiana. Un esperto individua l’obiettivo e coinvolge i cittadini, realizza progetti concreti e finanziabili.

    Sono molti i fondi a disposizione per lo sviluppo delle nostre realtà urbane. Mancano, purtroppo, i progetti. Ogni giorno perdiamo tante occasioni e non lo sappiamo.

    Quali pensi possano essere le soluzioni relative al problema dell’abusivismo di Triscina e Tre Fontane?

    Triscina e Tre Fontane, realtà completamente diverse tra loro. Trovare la soluzione non è facile perché se da un lato è imperdonabile l’edificazione incontrollata e quindi l’abusivismo radicato, dall’altro è imperdonabile la mancanza di controllo degli amministratori nel tempo seppur regolarmente pagati con i soldi dei cittadini così come è molto discutibile che una legge standardizzi le opzioni di intervento in realtà molto diverse senza tener conto della loro storia, dei cittadini, dell’economia locale, di altri fattori.

    Oggi Triscina e Tre fontane hanno molte abitazioni abusive, non sanabili. Ma come si arriva a tale conclusione?

    Una legge regionale del 1976, quindi di ben 41 anni fa, stabilisce che non si può più edificare entro 150 metri dalla battigia, eccezione fatta per le zone A e B, cioè quelle zone già riconosciute come centri abitati (mi permetto di usare un linguaggio accessibile al cittadino non esperto in materia). Ma supponiamo per assurdo che tale legge fosse stata redatta nel 1960, ad esempio.

    Tutto ciò che è stato costruito tra il ‘60 e il ‘76 sarebbe stato così atroce mentre adesso è perfettamente in sintonia con il paesaggio? Con questo non voglio giustificare chi ha costruito abusivamente dal 1976. Prima si poteva. Dopo no.

    Giusto punire chi non rispetta la legge. Ma bisogna tener conto che, come nel 1976 si voleva proteggere, con quella legge, quel paesaggio, oggi, di fatto, il paesaggio è cambiato per colpa e per merito di tutti, nessuno escluso.

    Non credo a chi punta il dito contro i cittadini e a chi aizza la folla promuovendo la demolizione come mi è successo di vedere in diretta in una trasmissione su RAIUNO. La trovo una povera conclusione di non esperti in materia.

    L’urbanistica non è solo la legge dimenticata negli ultimi 40 anni, è anche economia, è tessuto sociale, è architettura, è molto altro. Se non c’è un progetto concreto di trasformazione degli spazi in qualcosa di realmente utile, di sviluppo partendo dalla demolizione, trovo questa soluzione inconcepibile.

    Bisogna lavorare, bisogna studiare caso per caso il fenomeno abusivismo e proporre soluzioni di sviluppo accompagnate da un disegno concreto, da un business plan, da una visione di futuro migliore. Un medico non cura alla stessa maniera tutti i pazienti con lo stesso sintomo. Bisogna conoscere il paziente e cercare di capire se la cura può avere effetti indesiderati. La pianificazione del territorio è uguale.

    Non si può demolire perché una legge obsoleta lo impone e perché amministratori dormienti si svegliano dopo un letargo lungo decenni. Si può e si deve demolire laddove l’urbanistica di oggi e non di ieri decide che il territorio ha bisogno di quello spazio per la tutela e la valorizzazione del paesaggio. E qui mi riallaccio al discorso delle competenze.

    Affidiamo il territorio a persone competenti. Solo allora possiamo sapere se è il caso di optare per una soluzione anziché un’altra. Io credo che ognuno debba fare il proprio mestiere. L’architetto progetta gli spazi che viviamo ogni giorno, il meccanico ripara i guasti dei nostri veicoli a motore, l’insegnante educa i nostri figli e li prepara ad affrontare la vita fuori dalla scuola.

    Gli strumenti per lo sviluppo urbano e territoriale vanno indiscutibilmente affidati al pianificatore territoriale.

    Il tuo settore comprende anche il marketing territoriale. Quali sono le tue idee in merito? Ritieni che si stia facendo abbastanza nelle nostre zone?

    Un pianificatore del territorio si occupa anche di marketing. Sì. In In realtà una carenza di base di molti comuni del nostro territorio è proprio questa. La mancanza di un piano di marketing territoriale.

    Le scelte di sviluppo devono passare attraverso uno studio di domanda e offerta del territorio, la scelta di una strategia adeguata e di un target a cui puntare, un progetto che mette insieme tutto lo studio effettuato. Le politiche di sviluppo devono passare attraverso dati concreti, dati reali. Le scelte vanno effettuate partendo da un dato X documentato e, attraverso magari un business plan applicato al progetto, definire gli obiettivi Y.

    Qui invece la mancanza delle conoscenze di base fanno sì che ogni scelta sia affidata alla percezione degli amministratori che, non avendo basi solide, lasciano che le attività, le iniziative, le energie rimangano realtà slegate tra loro e si disperdano sul territorio.

    Cosa pensi dell’uso di nuove strategie di comunicazione mirate alla valorizzazione del territorio (come per esempio i social media, etc.)?

    Le strategie di comunicazione sono una conseguenza di quanto detto nella precedente risposta. È l’ultimo step di un piano chiaro di sviluppo. Se sappiamo chi siamo e a cosa puntiamo possiamo comunicarlo. Ma se, come già detto, non riusciamo ad avere un progetto chiaro come facciamo a studiare una strategia di comunicazione?

    Come vedete, anche se le domande che mi sono state rivolte sono apparentemente indipendenti l’una dall’altra, dalle risposte si evince come in realtà sia tutto collegato. Il territorio ha una sua identità costituita da spazi, da persone, da valori affettivi ed economici, da una storia.

    Per valorizzare il territorio c’è bisogno di una analisi dello stato di fatto in tutti i suoi aspetti, un programma che coinvolga tutti i cittadini, un progetto ben definito, una comunicazione adeguata mirata ad attrarre il turista (non necessariamente il turista ma nel caso di Tre Fontane sicuramente si). Ma senza tutti questi passaggi chiari e senza un progetto ben definito al turista abbiamo poco da comunicare.

    Che poi la comunicazione sia uno strumento indispensabile per valorizzare il nostro prodotto, che esso sia un oggetto di design o sia il nostro territorio, non credo che ci siano dubbi.

    In altre parole, migliorando l’iter che porta al prodotto e avendo una idea chiara, di conseguenza migliora anche la comunicazione.

    C’è qualcosa che vorresti dire a chi intende scegliere questo percorso di studi oppure è ancora indeciso sul suo futuro professionale?

    Concludo queste mie riflessioni spingendo i giovani a specializzarsi nel settore della pianificazione territoriale perché credo che sia l’unico mezzo per dotare la nostra terra delle giuste basi da cui ripartire.

    A Palermo sono tanti i professionisti che, con la loro professionalità, hanno inciso di più sul mio percorso accademico, che magari non saranno d’accordo su alcuni punti ma da loro ho appreso, senza dubbio, le nozioni e gli strumenti con cui intendo portare avanti la mia battaglia in favore del nostro territorio.

    Ne approfitto per citare il Prof Filippo Schilleci per la parte di analisi territoriale; il Prof Marco Picone per l'importanza dell'aspetto sociale nella pianificazione; la Prof.ssa Zeila tesoriere, di progettazione architettonica e urbana, con la quale ho svolto la tesi su come un quartiere periferico come lo ZEN2 di Palermo può diventare una nuova centralità urbana attraverso il progetto di infrastrutture energetiche e infrastrutture verdi che generano spazio pubblico; la Prof.ssa Erica Mazzola per l'importanza di un piano di marketing nella pianificazione territoriale; il Prof. Giuseppe Bazan, di politiche per la Biodiversità; ed infine il Prof Maurizio Carta, presidente della Scuola Politecnica di Palermo, per la visione dinamica, resiliente, strategica della pianificazione sicuramente diversa dal concetto statico di urbanistica di alcuni anni fa.

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