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I tatuaggi "conquistano" la società moderna. Eppure un tempo venivano "marchiati" solo gli schiavi

del 2017-09-02

Immagine articolo: I tatuaggi "conquistano" la società moderna. Eppure un tempo venivano "marchiati" solo gli schiavi

Passeggiando per le vie della città in cui abito, Civitavecchia, non posso fare a meno di notare che quasi tutte le bellissime ragazze locali hanno il corpo decorato con immagini le più variegate: da simboli satanici e religiosi a forme d’animali mitologici, da frasi e disegni appartenenti al mondo amatorio (due cuori sovrapposti infilzati da un dardo, il più comune) a disegni fantasiosi e così di seguito.

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  • Tutto questo contro quel credo religioso che considera il corpo umano puro, creato da Dio a sua immagine e somiglianza.

    Personalmente non amo molto questa forma d’arte estrema e provo un qualche senso di disgusto, specialmente nel caso in cui questi tatuaggi coprono gran parte del corpo femminile.

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  • Senza volere rappresentarmi adesso in maniera sessista, potrei spingermi a dire che s’un corpo maschile riesco a digerirlo meglio, ma s’uno femminile proprio no. Salvo che non sia un piccolo simbolo, seminascosto, un vezzo.

    Anche perché, essendo la donna soggetta a un processo d’invecchiamento cellulare più rapido rispetto all’uomo, quello che oggi potrebbe sembrare un bel disegno decorativo s’un corpo fresco e giovane, domani diventerà un brutto scarabocchio informe s’un corpo avvizzito, decrepito, flaccido, vecchio.

    Fino a qualche anno fa il tatuaggio era considerato come il segno d’una personalità antropologicamente delinquenziale; lo portavano le prostitute, i criminali e anche i marinai, in special modo quelli di piratesca memoria.

    Nell’antica Roma gli schiavi sorpresi a rubare erano marchiati a fuoco sulla fronte. Il medico criminologo italiano Cesare Lombroso, nel suo saggio del 1876 “L’uomo delinquente”, descrisse il tatuaggio come una “regressione allo stato primitivo e selvatico, un inselvatichimento dell'uomo che portava a criminalità e violenza”.

    Oggi la moda del tatuaggio ha travalicato ogni confine socio-culturale e, oserei dire, del buongusto individuale insinuandosi in ogni strato sociale. Ripeto, comunque, che le mie sono soltanto delle mere considerazioni assolutamente personali del fenomeno, che rappresentano solo un aspetto molto marginale del problema. Non me ne abbia, quindi, chi liberamente ha preferito questa scelta.

    Ciascuno è libero di fare ciò che vuole e di disporre del proprio corpo a esclusivo piacimento personale e come meglio gli aggrada per soddisfare quel piacere narcisistico ed edonistico insito in ciascuno di noi.

    Io, a esempio, pur riuscendo a coprire il cinquanta per cento della mia superficie pilifera craniale, preferisco rasarmi completamente la testa, cosa che qualcuno potrebbe non gradire. Essendo, però, questa una mia libera scelta è ovvio che anch’io non desideri ricevere né critiche né tantomeno commenti d’alcun genere. Fatta questa doverosa premessa, vorrei affrontare con una delicata ma approfondita analisi la moda dei tatuaggi.

    Inizio col dire che la tecnica che è utilizzata per decorare (meglio dire marcare) indelebilmente il proprio corpo, è quella di farsi incidere lo strato superiore della pelle, l’epidermide, con degli aghi per, poi, permettere l’introduzione di sostanze pigmentate tramite delle micro-punture nel derma, il secondo strato della pelle, e, ritardandone la cicatrizzazione, lasciare che i vari disegni rimangano incisi in modo permanente. Questo sistema è chiamato scarificazione.

    Credo sia utile ricordare, qualora ce ne fosse bisogno, che questa pratica può far contrarre malattie infettive come l’epatite B e C, il tetano e, a volte, anche l’A.I.D.S. Il rischio di contrarre infezioni è massimo durante le prime ore dall’esecuzione del tatuaggio.

    Esiste in Italia, a Milano, anche il “Museo del Tatuaggio” che ospita una mostra antropologica curata dai coniugi Gian Maurizio Fercioni e Luisa Gnecchi Ruscone.

    È quest’ultima a spiegare che Ötzi porta sul corpo diversi tatuaggi che sono stati considerati terapeutici, poiché stampati sulla spina dorsale e sulle giunture delle caviglie (si pensa servissero per i dolori reumatici, tant'è vero che quelli sulla spina dorsale sono negli stessi punti usati oggi nella pratica dell’agopuntura).

    Ötzi è la prima mummia perfettamente conservata rinvenuta nel ghiacciaio di Similaun, al confine tra l’Italia e l’Austria, un reperto storico risalente presumibilmente all'età del rame. A pronunciare la parola tattoo (termine onomatopeico derivato dal rumore del martelletto che batte sull'ago che buca la pelle), fu per primo il famoso esploratore James Cook. I tatuatori si chiamavano allora marcatori. La tecnica usata oggi, in quasi tutto l’occidente, è quella d’utilizzare una piccola macchina elettrica ad aghi che ha la forma d’una pistola. Gli aghi si muovono sul corpo del soggetto tatuante tramite delle bobine elettromagnetiche.

    Oggi, grazie a un intervento di laser-terapia, i tatuaggi possono essere rimossi tramite delle vere e proprie operazioni di chirurgia plastica alle quali sarebbe consigliabile non sottoporsi. In ogni caso rimane sempre sul corpo una cicatrice, la traccia del disegno descarificato. Da ricordare che la rimozione d’un tattoo è indubbiamente molto più costosa della sua realizzazione. Le sedute, almeno tre, hanno un costo che può oscillare dai 250 ai 500 euro a seduta.

    Le cose sono cambiate radicalmente con l'introduzione del laser Q-Switched e del Pico Laser a picosecondi. Entrambi permettono d’intervenire sui pigmenti del tatuaggio in maniera selettiva, uccidendo le cellule pigmentate che, poi, saranno espulse naturalmente dal corpo stesso tramite il ricambio cellulare

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