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Era il Maggio 1882, “lu Pupu” ritrovato e quello strano chiodo che affiorava dal terreno

di: Salvatore Di Chiara - del 2022-01-19

Immagine articolo: Era il Maggio 1882, “lu Pupu” ritrovato e quello strano chiodo che affiorava dal terreno

Il fascino della ricerca propone spesso nuove tematiche, rivelando pubblicamente quei segreti tenuti nascosti nel tempo o dimenticati dal corso della storia. Castelvetrano ha un legame indissolubile con una statuetta ( l'Efebo) ampiamente citata in diversi volumi e descritta nei minimi particolari da alcuni scrittori e studiosi ( sin dalle prime ricerche effettuate dagli avvocati Miceli e Martino).

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  • Il mio impegno si distacca dalle considerazioni tecniche e rivisitazioni storiche recenti visibilmente presenti in un piccolo ma interessante libro “L'Efebo di Selinunte. Odissea di un reperto singolare”. Il testo pubblicato dal professore Francesco Saverio Calcara garantisce al singolo lettore un'esatta collocazione della statuetta più importante, pregiata e allo stesso tempo complicata nel suo percorso storico. I fatti hanno un loro corso segnato da una o più date significative che lasciano una traccia indelebile nell'attento lettore.

    L'Efebo è menzionato anche col nome di Pupu di Ponte Galera. Perché? In una tiepida giornata primaverile nel mese di maggio dell'anno 1882, dopo un lungo sonno millenario, veniva alla luce uno dei simboli della nostra città.

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  • Vicino alle case di Galera, non lontane da quelle del Barone e Bagliazzo e a pochi chilometri dalle antichità selinuntine, attraversando le cave di Latomie lungo le “presunte” tracce di una delle vie più antiche del nostro territorio e in un terreno agricolo appartenente ai coniugi Pellegrino, eravamo di fronte a uno dei ritrovamenti più importanti di fine Ottocento.

    Benedetto Prussiano fu l'artefice di quest'immensa scoperta. In circostanze del tutto particolari e improvvise dovute al passaggio quotidiano del bestiame, era affiorato dal terreno un chiodo attirando sin da subito le attenzioni del pastorello. Quella zona era abbastanza ricca di statuette ed oggetti di ingente valore archeologico e storico e quindi, poteva trovarsi di fronte a qualcosa di molto interessante.

    Seppur molti contadini pensavano che le “bagaredde” fossero d'intralcio al loro lavoro nei campi, Benedetto Prussiano intuì che fosse qualcosa di molto diverso rispetto al vasellame incontrato durante i suoi passaggi giornalieri.

    Quella zona divenne nota successivamente per aver dato alla luce la necropoli di Bagliazzo, dove migliaia di selinuntini vennero sepolti dopo la morte insieme ai propri corredi funerari. La condizione sociale castelvetranese dell'epoca non permetteva quell'attenta riflessione della magnificenza archeologica presente nel sottosuolo.

    Iniziò una sfida aperta tra il bambino e la statuetta, scavando a mani nude per riuscire ad estrarre quel bene prezioso. Una lotta quasi impari poiché sembrava che il terreno non volesse concedere quel privilegio e la custodia millenaria avesse scalfito una protezione impossibile da dividere. Fin quando il giovane riuscì a staccare un braccio dal corpo e cadde all'indietro.

    Si accorse in quel momento che, aveva bisogno dell'aiuto di altre persone per togliere più terra possibile e “conquistare” lu Pupu. Finalmente! Dopo decine di muniti e tanta fatica, l'intera statuetta fu sottratta al passato e si mostrò in condizioni non ottimali: la testa era quasi staccata dal collo, le braccia e la gamba sinistra separate dal busto. Era coperto di terra e venne ripulito dal signor Pellegrino usando una roncola arrugginita che raschiò e provocò alcuni segni ancora oggi presenti nella statuetta.

    Ciononostante, la terra andò tolta tranne in alcuni punti dove stagnava duramente. Una volta pulito, l'Efebo mostrò una tal bellezza inaudita specialmente dalla luce emessa dagli occhi. Provocò clamore e sorpresa in Benedetto. I coniugi Pellegrino misero il bene prezioso all'interno di una cesta dentro una stalla.

    L'intento del possidente era quello di mostrarla ad alcuni amici e nel frattempo, con un coltello tolse le pupille color smeraldo per ricavare qualcosa dalla possibile vendita. Per quanto riguarda l'Efebo con i vari pezzi staccati, vennero messi in due ceste con delle fave raccolte per essere trasportate in paese.

    Immerso in un “ zimmilo” e collocato sul dorso del mulo dal pastorello, iniziò la storia travagliata del bronzo più ambito della nostra città.

    L'Efebo ricalca interamente la sua appartenenza alla nostra città. Storia, fascino e mistero contemplati nelle scritture e degradati dalla mano umana. Un enorme ferita mai rimarginata nel tempo, dove cambiano gli interpreti e il risultato tarda a compiere il suo miglioramento. Lustro e degrado toccano l'apice, abbandonati miseramente dalla sete di potere. Un binomio “ eccellente” , attendendo una nuova puntata della loro lunga e invidiabile storia millenaria.

    Ringrazio per l'ennesima concessione fotografica dell'illustre storico Vincenzo Napoli.

    Visitate il Museo civico Selinuntino di Castelvetrano e ammirerete un capolavoro unico e invidiato da tutti!

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