Il Crocifisso scolpito su un blocco pietra, quel prestito da Selinunte a Mazara “dimenticato” dal 2014. Appello al Direttore Agró
di: Salvatore Di Chiara,Enzo Napoli - del 2022-01-25
Nel 1860 Garibaldi aveva dato a Castelvetrano l’appellativo di GENEROSA. Sarebbe stato più logico essere insignita come "paese dei fessi". Essere generosi è una condizione che merita massimo rispetto, ma farsi sfruttare continuamente senza mai opporsi energicamente credo sia da poveri fessi.
Castelvetrano e il suo territorio sono stati e in parte lo sono ancora ricchissimi di beni artistici, immobili e opere d’arte mobili, costituendo un immenso patrimonio dal valore inestimabile. In essa ricadono parecchi siti archeologici da cui sono stati estratte decine di migliaia di oggetti di valore economico e soprattutto storico-ambientale.
Nella nostra amata Sicilia, Selinunte è la città antica che ha dato il maggior numero di reperti come le famose Metope, le Stele Puniche, epigrafi e altri ancora. Molti di questi oggetti sono stati esportati "clandestinamente" in diversi musei del mondo e altri, per via ufficiale trasferiti a Palermo presso il museo archeologico regionale Antonino Salinas.
Recentemente è stato trovato parecchio materiale archeologico durante gli scavi effettuati in contrada Marcita e il professore Sebastiano Tusa ha creduto opportuno trasferire tutto a Palermo.
I viaggi di sola andata da Castelvetrano verso altri centri non riguarda soltanto il patrimonio archeologico ma anche quello ecclesiastico.
Nel mese di febbraio del 1949, ben 32 tele (motivate da un possibile restauro) furono trasferite dalla chiesa di San Domenico presso l’Ordine diocesano di Mazara. Di essi soltanto le tele ritraenti San Francesco di Paola e la Sacra Famiglia rientrarono in città. Delle altre non si seppe più nulla, tranne per quella di San Michele Arcangelo che adorna lo studio del Vescovo.
Recentemente sono stati portati a Mazara anche pezzi di argenteria provenienti dalle chiese di Castelvetrano per arricchire il Museo diocesano di Mazara. Quali sono gli aspetti morali e storici che legano questi oggetti alla città di Mazara se provengono da un contesto diverso come quello castelvetranese?
Non dimentichiamoci inoltre della statua di marmo della Madonna dell’Itria trasferita a Trapani; era stata sistemata definitivamente in un pianerottolo dell’edificio della Soprintendenza di quella città e stavamo per perderla definitivamente.
Ultimamente e precisamente nell' aprile del 2014, in occasione di una mostra nel Museo Diocesano di Mazara intitolata "SIGNUM CRUCIS, ARBOR VITAE", è stata data in prestito dall’allora direttore del Parco Archeologico di Selinunte Giovanni Leto Barone un'edicola lapidea costituita da un blocco tufaceo con un'incavatura e all’interno un Crocifisso a bassorilievo con bordo decorato a girali vegetali.
Era stato definito un prestito momentaneo. Da quel momento, sono passati quasi otto anni e si sono succeduti altri due direttori (Enrico Caruso e Bernardo Agrò) e il Crocifisso scolpito in pietra non è ancora ritornato a Selinunte. Si tratta di un blocco di modeste dimensioni, non delicato, facilmente trasportabile sul sedile di un’auto qualsiasi. Basterebbe richiederne la restituzione con apposita certificazione cartacea firmata dall'Ente Parco archeologico.
Il 23 agosto 2019, in occasione di un convegno e di una visita agli scavi del porto di Selinunte, ho cercato (Vincenzo Napoli) di avvicinare il direttore Agrò per sollecitarlo a fare questa richiesta. Non mi ha neppure ascoltato per impegni momentanei.
Solitamente, i prestiti di reperti per eventuali e particolari esposizioni durano poco tempo e vengono restituite ai loro possessori. Eppure rischia seriamente di non tornare pìù. Nel caso suddetto, non esiste nessun problema perché la direttrice Dott.ssa Massara è cosciente che il reperto è di proprietà del Parco Archeologico. Ha mostrato una tal gentilezza nell'esporre la vericidità dei fatti. Basterebbe scrivere una lettera di richiesta.
Sollecitiamo il direttore Agrò affinchè trasmetta questa richiesta per il recupero del blocco. Siamo a totale disposizione in mancanza di mezzi o personale per il ritiro di un bene che appartiene alla nostra comunità.