Linea ferroviaria Castelvetrano – P. Empedocle tra passato, presente e...futuro
del 2022-02-17
In foto: Linea ferroviaria Castelvetrano – P. Empedocle
Nelle ultime settimane l'opinione pubblica si è divisa tra coloro che vorrebbero la riapertura di un tratto della vecchia linea ferroviaria Castelvetrano - P.Empedocle con fermata a Menfi e quelli che pensano sia uno sperpero di denari ingenti senza ricevere benefici. Uno scontro che ha animato parte dei castelvetranesi, con tutte le difficoltà che si potrebbero riscontrare durante la riqualificazione di un piccolo tratto ferroviario dall'immensa bellezza paesaggistica.
In attesa di eventuali sviluppi futuri, attraverso una serie di documenti originali storici, possiamo evidenziare il notevole sforzo effettuato per la costruzione di un percorso lungo 132,421 km.
Con la legge del 29 luglio del 1876 sulle ferrovie complementari, il governo fu costretto ad ampliare le linee ferroviarie all'interno del Regno per 6020 km, affermando il principio per cui lo Stato doveva organizzare ed occuparsi della costruzione delle ferrovie di maggiore importanza.
Venne adottato un piano di programmazione suddiviso per fasce (4), con il quale veniva attribuita una categoria di appartenenza socio-economica. Le tratte di prima categoria erano a carico dello Stato, mentre le altre, oltre alla partecipazione statale, erano a carico dei comuni e delle province che pagavano una quota per i lavori.
Uno dei tratti che riscosse ampie discussioni in Parlamento fu la Castelvetrano – Porto Empedocle che dopo alcune modifiche venne inserita in quarta categoria. Il progetto iniziale ebbe una spesa totale di circa 17 milioni di lire.
La suddetta tratta rientrava in una modalità abbastanza complessa e con caratteristiche precise: la piattaforma stradale larga 3,50 metri, lo scartamento del binario pari a 0,95 metri, larghezza delle gallerie di metri 3,20 con altezza di metri 4,50.
La zona occidentale della Sicilia era stata abbandonata dalle amministrazioni e questa piaga sociale (presente ancor oggi), rappresentava un distacco ulteriore col resto dell'isola e l'Italia. Alcuni esponenti politici di spicco iniziarono una forte polemica in contrasto col Governo centrale.
Finalmente, nel 1882 il Ministero della LL. PP. soddisfò le continue richieste della popolazione di quei luoghi e dispose lo studio del progetto affidandolo al Genio Civile di Trapani. Venne proposto l'esecuzione del tracciato interno Castelvetrano – Partanna con prosecuzione verso i comuni di S. Margherita, Sambuca, Sciacca, Ribera, Siculiana e Porto Empedocle. Il tracciato doveva essere a scartamento ridotto, sostituendolo a quello normale.
I relativi progetti vennero esaminati anche dal Consiglio superiore del Ministero citato con i voti del Consiglio Provinciale di Trapani ed approvati “quasi” in via definitiva con la legge del 27 aprile 1885.
In attesa dell’ inizio dei lavori, con la nuova legge per le costruzioni dei tracciati stradali vennero apportate ulteriori modifiche e la lentezza burocratica incessante colpì ingiustamente le tratte ferroviarie a tal punto che, si dovette attendere l'anno 1892 quando fu dato incarico alla Direzione tecnica governativa di Caltanissetta di rivedere i progetti del percorso.
La conclusione venne definita con una spesa pari a 53 milioni di lire e lo scartamento rimase normale e non ridotto, evitando inutili e sterili discussioni con la provincia di Palermo per i collegamenti con le zone del trapanese e agrigentino.
Le difficoltà non cessarono e anzi, aumentarono quotidianamente dovute alle intemperie di natura tecnica, alla poco utilità delle linee e alla mancanza di accordi tra enti locali sui tracciati da seguire.
Dovette intervenire la Commissione Reale e decidere sulla strategia da adottare. Da un lato si potevano favorire le città del litorale come Castelvetrano, mentre dall'altro, sarebbe andata scartata se avessero promosso il coinvolgimento dei paesi periferici (Partanna, Gibellina ecc.) lasciando scoperta la nostra città con Sciacca.
Entrambe le soluzioni vennero scartate definitivamente perché presentavano alcune imperfezioni dettate dalla conformazione dei terreni. La Commissione propose un'intera rete a scartamento ridotto, comprendendo sia il tracciato interno-periferico che litoraneo.
Castelvetrano venne identificata come il punto di partenza e arrivo di entrambe le linee. La prima conduceva sino a San Carlo che abbiamo approfondito in precedenza, mentre la seconda proseguiva sino a P. Empedocle.
Un primo pezzo giunse fino a Sciacca percorrendo tratti costieri, in prossimità delle rovine di Selinunte e verso Porto Palo. Poi, una fermata vicino al centro abitato di Menfi, una a S. Marco destinata alla consegna dei prodotti agricoli e arrivo Sciacca.
La presenza di poche opere d'arte facevano da cornice: un viadotto a 5 luci a tutto sesto di mt. 10 ciascuna sul torrente Modione, un ponte a travata in ferro di mt. 50 di luce sul fiume Belice, un viadotto a tre arcate pure di mt. 10 ciascuno sul torrente Carboi.
La prima inaugurazione fu datata 20 giugno 1910 (G.B. Ferrigno ebbe il merito di essere il primo passeggero) della tratta con destinazione Selinunte.
I lavori proseguirono con la costruzione della seconda parte che collegò Sciacca con P. Empedocle. Tra i passaggi più interessanti da un punto di vista paesaggistico quelli del fiume Magazzolo con un ponte di mt 15 a 5 luci, la salita verso il monte Sara e discesa sino al fiume Platani grazie ad un ponte a 5 arcate ciascuna di mt. 20 di luce e la presenza di una galleria di mt. 725.
L'ultimo tratto fu realizzato nel 1951 a distanza di 41 anni dal primo (con l'utilizzo della automotrici RALn 60).
Le fermate erano le seguenti: Castelvetrano, S. Teresa Selinuntina, Latomie, Selinunte, Belice Mare, Porto Palo, Menfi, Capo S. Marco, Sciacca, Carabollace, Bellapietra, Verdura, Ribera, Magazzolo, Monte Sara, Cattolica Eraclea, Montallegro, Siculiana Marina, Siculiana, Realmonte, Punta Piccola, Porto Empedocle Cannelle, Porto Empedocle Succursale, Porto Empedocle ed Agrigento Bassa.
Tra Castelvetrano e Porto Empedocle Centrale vi erano 26 ponti e viadotti importanti, 9 gallerie (la più lunga di 3.768 m) e 525 opere d'arte minori. Le case cantoniere doppie erano 71, a cui si aggiungeva una casa cantoniera semplice e 12 garette.
Furono tanti i motivi che portarono alla chiusura parziale e poi definitiva dell'intera tratta. La Castelvetrano – P. Empedocle ebbe parecchi problemi a causa dei lunghi tempi di percorrenza e dell'offerta disarmonica di treni i cui orari erano compilati più per risparmiare personale e mezzi che per venire incontro alla richiesta dei viaggiatori.
Drastica era anche la contrazione del traffico merci, senza possibilità di espansione dato l'handicap dello scartamento; un tentativo era stato fatto verso la metà degli anni sessanta, con l'introduzione di speciali carri per trasporto di carri ordinari; la loro circolazione tuttavia era limitata a Sciacca a causa della sagoma ridotta delle gallerie tra questa stazione e Porto Empedocle.
Solo una segheria di Sciacca continuava a servirsi del vettore ferroviario e a Menfi, nel periodo della vendemmia, un'industria vinicola di grandi dimensioni caricava parecchi carri cisterna.
Purtroppo, non fecero seguito interventi strutturali. La linea, già in condizioni pietose di armamento venne lasciata priva di qualunque ammodernamento o manutenzione. Il sistema di segnalamento rimase limitato ai soli pali indicatori delle stazioni. Tutte condizioni che comportavano pesanti limitazioni d'esercizio e abbassamento della velocità commerciale a livelli irrisori.
Il vero problema non era la mancanza di utenza ma l'assoluta indifferenza alle richieste provenienti da più parti, anche delle istituzioni locali, di una trasformazione a scartamento ordinario e un ammodernamento della importante relazione costiera. Ogni richiesta rimase inascoltata; erano gli anni in cui da più parti si riteneva il treno un mezzo ormai obsoleto e il futuro tutto dei mezzi su gomma.
Alcuni giorni orsono è stato approvato il progetto per la ristrutturazione della linea Noto-Pachino. Grazie ai fondi del Pnrr e con l'avallo della Fondazione FS che si occuperà della bonifica e il Comune di Noto, ritornerà a splendere un tracciato dai margini turistici ed economici influenti. L'affermazione potrebbe rappresentare un esempio da seguire se la comunità castelvetranese riuscirà a scrollarsi di dosso l'etichetta negativa che la perseguita da decenni.