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Nel ricordo di Francesco Ciresi, un talentuoso artista apprezzato anche a Castelvetrano

di: Salvatore Di Chiara - del 2022-05-25

Immagine articolo: Nel ricordo di Francesco Ciresi, un talentuoso artista apprezzato anche a Castelvetrano

L’arte della ricerca è senza ombra di dubbio uno dei mezzi possibili per affermare e mettere in risalto le doti di coloro che, hanno reso grande la nostra città. Grazie alla sapiente mente dello storico Ferrigno, possiamo fregiarci della possibilità di conoscere l’importanza rivestita da alcuni personaggi di notevole fama.

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  • Tra questi, bisogna annoverare il pittore Francesco Ciresi. Nonostante siano sorti dei contrasti sulla data di nascita (per il Sarullo nel 1825), il nostro concittadino riuscì a spulciare la documentazione dall’archivio parrocchiale di Termini Imerese e comprovare nel 1810 l’esatto anno.

    Una crescita precoce e figlia di un talento innato per la pittura, tramandata dal padre. L’ adolescenza, vissuta proprio a Termini Imerese, per spiccare il volo e affermarsi, grazie ad uno dei massimi esponenti della pittura siciliana, il maestro Patania.

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  • Sin dalla giovane età, approfondì delle tematiche ben definite che non rincorrevano assolutamente l’arte dell'innovazione, ma la cura diligente e apprezzata dei singoli particolari. Il colorito e la “carne” erano le caratteristiche che attenzionava maggiormente, perfezionando al massimo le singole qualità del pittore.

    Seguì ogni passo del maestro e divenne uno dei suoi discepoli prediletti. E’ impossibile quantificare il numero di opere eseguite e le sue affermazioni in campo artistico, poiché la stampa era poco battuta nella Sicilia Occidentale e quindi, non si ebbero informazioni al riguardo. E’ confutabile, invece, la bellezza e la perfezione dei ritratti.

    Molte famiglie delle province di Trapani e Palermo espressero con orgoglio il desiderio di ricevere le gesta di quest’uomo dall’animo buono. La sua vita cambiò totalmente quando terminò il periodo di apprendistato e si trasferì prima a Salemi, per poi fare tappa a Partanna. Conobbe in quella cittadina l’allora quindicenne Giovanna Valvo, che divenne la sua futura compagna di vita.

    L’anno successivo fu quello che consacrò definitivamente il pittore, grazie al trasferimento nella nostra città. Da quel momento e per cinquantacinque anni, Castelvetrano divenne la sua seconda patria, lasciando una traccia indelebile del suo passaggio.

    Una serie di opere misero in risalto definitivamente la bontà incondizionata dell’artista. Iniziò a dipingere gli affreschi della crociera e del cappellone della Chiesa di San Giovanni. Quegli anni segnarono la sua vita e fu accolto dalla cittadinanza con profondo e immenso orgoglio.

    Poche volte la nostra città ha reso omaggio a un uomo proveniente da fuori. Furono resi attestati di stima che inorgoglirono l’artista che si stabilì definitivamente nel nostro territorio raccogliendo consensi e fortune. Legò tantissimo con l’ambiente e rimase folgorato dalla bellezza delle campagne castelvetranesi.

    Grazie al talento smisurato, si inventò un secondo lavoro per sopperire alle minori entrate con le opere di pittura. Si occupò di arte fotografica, abbastanza sconosciuta nel nostro paese. Dopo un periodo di appannamento e delusioni iniziali, riuscì a percorrere un tragitto in crescendo e ottenere dei risultati impensabili.

    Tra le opere indiscusse che trassero maggiori consensi in Sicilia, si annovera il ritratto della “Capinera di Noto” e “La Saffo netina” Mariannina Coffa Caruso.

    Col passare degli anni, fu colpito da un vistoso problema agli occhi e non riuscì a proseguire entrambe le attività. Non era in grado di tenere a freno la cecità, perdendo il controllo definitivo delle sue azioni e, nell’ingiustizia della vita, dovette far fronte ai problemi di natura economica.

    Gli ultimi anni furono vissuti in una lenta agonia e, per sopravvivere, dovette svendere i suoi capolavori, per dare un senso alla sua esistenza. Quei dipinti rappresentavano la sua gloria, il suo credo, il suo impegno, che l’accompagnò fino alla morte, avvenuta nel 1889.

    Stessa sorte, seppur con tredici anni di ritardo, colpì la moglie, esausta di un lungo periodo di stenti e insofferenza personale. Dovette cedere gli ultimi quadri di una collezione ormai perduta e cessò la sua esistenza nel 1902.

    E’ superfluo aggiungere ulteriori considerazioni di stima. Tutto ha un senso in una frase che afferma, battezza e ricalca al meglio l’intramontabile talento di Ciresi.

    Lo storico Ferrigno si permette d’insistere su un concetto: “se i delinquenti rubano talvolta la fama di valorosi pittori, fare a me che, oltre i pochi veramente grandi, anche i minori abbiano diritto a una onorevole ricordanza. Ed è per trarre dell’immeritato oblio un pittore dell’aurea mediocritas, che a suoi giorni fu pure molto apprezzato e ricercato, che scrivo queste parole”.

    Ringrazio e tesso le lodi allo storico Napoli per avere concesso un prezioso contributo fotografico delle opere compiute da Francesco Ciresi.

     

     

     

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