Nel ricordo di Giovanni Asaro, un artista polivalente con uno straordinario talento poetico
di: Salvatore Di Chiara - del 2022-01-22
Un personaggio poliedrico e in grado di vivere la vita con parsimonia leggerezza. Giovanni Asaro è stato un uomo atipico, unico nella sua figura che l'ha contraddistinto e reso immortale in mezzo ai “ Grandi” della storia castelvetranese. Un percorso sempre in salita, immerso sin dalla tenera età in mezzo ai libri e allo studio della musica. Ha saputo contrapporre e vivere intensamente le fasi lavorative.
Iniziò con la passione per il violino conseguendo il diploma presso il Conservatorio di Palermo, raggiungendo in breve tempo dei risultati straordinari. Una collaborazione musicale insieme a un gruppo di orchestrali che fra gli anni Trenta e Quaranta si esibirono presso il Selinus. Ragazzi dalle indubbie qualità violiniste come Leonardo Centonze, Nanà Gallo e un giovanissimo Pizzolato.
La sua vita distribuì collaborazioni e affermazioni in altri campi, raggiungendo obiettivi e fama in ambito nazionale. La passione per la scrittura, la storia e in particolare la poesia, diede la possibilità di collaborare con diverse testate culturali.
Le poesie in dialetto siciliano ebbero enorme successo, vincendo alcuni premi banditi dall'Accademia Regionale “Giovanni Meli”. Nel 1957 con la lirica “Matri”, nel 1958 con “Iddu” e nel 1959 con “Sugnu la...”
Nel quindicinale dedito alla poesia “Pò tu cuntu!” diretto da Peppino Denaro e stampato a Palermo, furono inserite molte poesie di Asaro e tra i poeti presenti, anche un giovanissimo Camilleri.
I suoi concetti erano basilari e raccontavano della condizione siciliana di quel periodo, trasmettendo i valori dell'antica tradizione rurale e passionale. Fecero il giro dello stivale raccogliendo enormi consensi.
Alcuni sonetti furono pubblicati nella rivista milanese de la “Gazzetta Letteraria” a partire dal 1915 e un saggio su Sem Benelli sulla rivista “ Actualitas”.
La sua forma lineare e capacità di scrittura gli permise di rinnovarsi e ambire a progetti politici, storici e di attualità. Alcuni pezzi furono pubblicati nel “Corriere” di Trapani“, L'Anima” di Palermo”, “ L'Avvenire” di Caltanissetta e altri giornali del periodo.
La conoscenza e profonda amicizia con alcuni personaggi del calibro di G.B. Ferrigno, Gennaro Pardo, Mario Rapisardi, Leonardo Centonze e del pittore Gigi Venezia, mise in risalto e diede adito alla formazione di una brigata (cumarca) di cultori dalle idee innovative e mai banali.
Nonostante avesse raggiunto risultati quasi insperati, la sua vita personale non fu ampiamente soddisfacente e dovette affrontare alcune situazioni abbastanza dure e dolorose. Tra queste, l'improvvisa scomparsa di Giuseppe, il figlio tredicenne che allontanò per molto tempo il poeta dalle scene culturali e sociali. Una grave perdita che poteva minare definitivamente il suo prezioso contributo artistico, lasciando spazio a una profonda e tristissima condizione personale mitigata in parte, dalla presenza dell'altro figlio (Francesco) che diede la spinta giusta per ritornare a scrivere.
Da quel momento, cambiò la vita di Giovanni Asaro e oggi, possiamo ammirare dei piccoli capolavori come "Fattarelli di cronaca su Fra Giovanni Pantaleo" - " Appunti sull'Efebo selinuntino" dove figurano un paio di nozioni interessanti e differenti rispetto al libro degli avvocati Martino e Miceli.
Giovanni Asaro affermò che il ritrovamento fosse avvenuto nel 1872 e non nel 1882, e colui che trovò la statuetta non fu l'orfanello Benedetto Prussiano ma un contadino il cui cognome era Incerto. Un altro piccolo e interessante capolavoro fu "Giuseppe Scarperia, patriota e garibaldino" del 1964. Virgilio Titone (illustre personaggio castelvetranese) l'inserì in un pezzo del quotidiano " La Sicilia" di Catania come uno dei pochi scrittori e studiosi castelvetranesi del Novecento.
Un carattere mite, raffinato e colto. Il nostro concittadino aveva vissuto una vita " piena" e gli aneddoti da raccontare sarebbero molti. Fanno parte dei ricordi di un uomo straordinario e seppur gli ultimi anni di vita furono difficili dovute alle condizioni di salute non ottimali (morì nel dicembre del 1978), siamo stati di fronte a un autentico funambolo letterario.
Il figlio Francesco ha cullato sempre una forte idea di poter mettere insieme i capolavori del padre, cercando di salvaguardare un patrimonio non indifferente. Spesso, ho esortato apertamente l'intervento dell'assessore ai Beni Culturali o associazioni varie per non dimenticare quella schiera di personaggi lasciati cadere nell'oblio. Una fucina di talenti vissuti in periodi storici importanti che hanno contrassegnato la vita castelvetranese con uno smisurato entusiasmo e maestria culturale.
Di seguito una poesia dai toni romantici e umani che racchiude in poche righe le qualità di un artista che ha saputo coltivare uno stile particolarmente denso di emozioni.
Dopo trent'anni vitti la casuzza,
la me casuzza, dunni iu nascivu.
Mi parsi di viriri a me matruzza
comu ddu jornu chi mi ni partivu.
Nuddu lamentu scia di dda vuccuzza.
Sugghiuzziannu, quannu mi ni ivu,
mi vasavu 'nfrunti ed iu, la so manuzza.
– Mamma , ci dissi comu arrivu scrivu! -
– Terra lontana , terra di fatica!
Sulu, smarrutu, ' mezzu di li latri!
Sulu me matri mi fu sempri amica!
Doppu trent'anni vitti la casuzza
dunni nascivu e ci murìu me matri!
Mi parsi di vidilla bonarmuzza!