Storie di campane, campanilismi e....fonditori
di: Salvatore Di Chiara - del 2022-03-24
Ho sempre sognato il rumore scrosciante delle campane castelvetranesi suonare a festa, unite in coro verso un'unica direzione e rallegrare la città. Un' armonia che accompagni le disgrazie alla porta d'uscita e dia un senso alla nostra vita. Libertà manifestata dalla melodia profusa dalle nostre chiese (poche) in attività.
La storia castelvetranese è condita da un lungo percorso tra maestri e fonditori e grazie alla mente sapiente dell'illustre storico G. B. Ferrigno, possiamo iniziare a raccontare gli episodi salienti delle fusioni più celebri delle “nostre” campane.
Il primo autore a descrivere l'arte fusoria siciliana è stato Fazello e nei suoi scritti menzionava la comunità di Tortorici come centro funzionale delle fusioni. Tesi avanzata da altri scrittori e autori che, dopo studi approfonditi riuscirono a documentare con fermezza l'importanza rivestita dal comune messinese.
Sin dal 1614 la nostra città fu uno dei punti di riferimento dei massimi esponenti tortoretani a tal punto che, venne chiamato in causa l'orologiaio maestro Luciano Mainera dall'Università castelvetranese per rimettere ed accomodare l'orologio nuovo della chiesa di S. Giovanni Battista (fornita in quel periodo di un orologio pubblico), per fare alcune ruote nuove e rifarne altre.
Tra i primi 37 fonditori tortoretani, alcuni operarono nella nostra città e vennero chiamati in causa per la realizzazione di veri capolavori. Tra essi (in ordine alfabetico), nel 1627 Francesco Calimeri, Ferraù Filippo senior e junior rispettivamente nel 1637 e 1693, Ferraù Francesco nel 1671, Ferraù Giuseppe nel 1671, Garbato Natale nel 1585, Sanfilippo Antonino senior e junior nel 1530 e 1637, Zummo Bartolomeo nel 1631 e Zummo Gaetano nel 1695.
Successivamente vennero aperti nuovi laboratori in Sicilia e tra questi, uno a Castelvetrano grazie alla presenza della famiglia Pantano, eccelsi maestri fonditori. I contratti stipulati erano regolamentati da alcune caratteristiche chiare e conformi, sostenute affinché non ci fossero dissidi da ambo le parti.
I quattro punti salienti erano così divisi:
1) La campana doveva essere fusa e costruita, fatta e compiuta magistralmente, secondo arte, di buon suono, sana, pura e monda d'ogni difetto ed imperizia, a spese, lavoro, rischio, pericolo e fortuna del fonditore, e di un peso determinato.
2) Per il prezzo a ragione di.... ogni cantaro ( = Kg. 80 circa), in denaro contante .
3) Oltre il prezzo convenuto, i committenti si obbligavano corrispondere al fonditore o una somma giornaliera per vitto, oltre l'alloggio, o addirittura vitto e alloggio.
4) Il fonditore dava garanzia che la campana non si sarebbe rotta per almeno un anno: talvolta però il termine di garanzia arrivava a due, ai tre ed anche ai quattro, dal giorno del collocamento sul campanile, obbligandosi a rifonderla, senza alcun pagamento, meno vitto e alloggio, ove si fosse rotta nel detto termine.
Le condizioni non si soffermavano soltanto ai punti citati ma estendevano il campo anche ai materiali utilizzati: dal gesso, alla terra, i mattoni per il forno e la forma. Poi, la qualità dei metalli da lavorare, la legna fino al bronzo rotto.
L'organizzazione del lavoro era molto attenta e dettagliata minuziosamente nelle sue caratteristiche limpide e particolari. Si costruivano le forme e mettevano sui forni fusori, curando di lasciare i canali e gli sfiatatoi; plasmavano con la cera gli epigrafi , le figure, le decorazioni - spesso eseguite da artisti valorosi e, quando tutto era pronto, abbeveravano la forma col metallo incandescente.
Durante la realizzazione di alcune campane, avvennero delle vicissitudini che segnarono completamente l'opera in atto. A farne le spese fu quella della chiesa d' S. Agostino, poi della Collegiata di S. Pietro e successivamente della chiesa di S. Francesco D'Assisi dove si ruppe. Venne venduta dal nostro comune nel 1917.
Su tale campana c'erano in bassorilievo: in un primo ordine una croce, in un secondo ordine tre figure e, cioè, nel mezzo della Nostra Donna della Consolazione, a destra S. Agostino e a sinistra S. Nicolò Tolentino. Nella parte opposta, in corrispondenza dell'immagine di N.D. Della Consolazione, una figura di santo e baculo.
Grazie a una constatazione fatta dal pittore Gennaro Pardo, oltre ai bassorilievi citati un altro era presente vicino all'orlo e raffigurava una serpe. Potrebbe essere la sigla appartenente ai maestri castelvetranesi Serpotta e dallo stucco fine, la tesi di Pardo trova ferma convinzione.
Sono presenti nell'archivio notarile almeno venti atti di contratti pattuiti per la fusione di alcune campane " storiche" della città. Evitando di dilungarmi nella spiegazione, colpisce l'importanza e la semplicità nella stipulazione dei documenti.
Alcuni dati a disposizione forniscono di fusioni per quanto riguarda la campana grande della chiesa di S. Giovanni Battista grazie al maestro castelvetranese Pantano e datata 1668. Una campana fusa in data 1530 dal maestro Sanfilippo per la chiesa Madre. Anche il monastero dell'Annunziata ebbe la sua campana nel 1585 grazie al fonditore Natale Garbato. Nel 1621 fu la volta della chiesa di S. Domenico sempre col maestro Sanfilippo. Nel 1804 toccò alla chiesa dello Staglio grazie al fonditore Giuseppe Virgadamo di Burgio (ridente cittadina agrigentina con la presenza di un laboratorio per fusioni).
Il rintoccare delle campane scaturiva nella gente un pulpito d'emozione, dove la tradizioni popolari prendevano il sopravvento sulla quotidianità. Nelle giornate festive scandivano il passo alla gioia sfrenata nelle antiche movenze di paese. Le campane erano il simbolo d'una ruralità morente e sofferente nei confronti della modernità.
Oggi è inaccessibile qualsiasi tipo di visita e malgrado le difficoltà del caso, il racconto può scaturire quel senso d'appartenenza alla storia della nostra città. Un territorio protagonista anche con il suo laboratorio e in grado di fornire valorosi maestri che hanno prestato servizio per la comunità.
Ringrazio il valoroso, immenso e generoso contributo fotografico dello storico Vincenzo Napoli.
Campana sud Chiesa Madre
Campana sud Chiesa Madre
Campana Chiesa dell'Annunziata
Campana Chiesa San Giovanni
Campana Chiesa San Domenico