(FOTO) Le mètope selinuntine e quel sogno ancora irrealizzato..
di: Salvatore Di Chiara - del 2022-07-24
La mia insistenza, la nostra volontà e quella degli enti preposti, può rappresentare un’ancora di salvataggio per questa città. Ogni giorno alimentiamo una serie di polemiche, affinché Castelvetrano ritorni a splendere e dia un forte segnale di cambiamento. L’incessante lavoro critico (costruttivo), portato avanti dal sottoscritto e lo storico Napoli, ha dato un forte contributo alla restituzione del Crocifisso scolpito in pietra.
I beni archeologici (molti dei quali), appartenenti alla civiltà selinuntina, sono immensi e dal valore inestimabile. Molti di essi, oggi, si trovano all’interno delle otto sale dedicate a Selinunte, presso il Museo Archeologico Regionale A. Salinas di Palermo. È ineccepibile il lavoro svolto dai direttori del suddetto museo, ma rimane l’amaro in bocca per lo smisurato patrimonio appartenente alla nostra comunità.
Dell’intero complesso, fanno parte le Mètope di Selinunte. Già nel 1988, il dott. Aurelio Giardina aveva alzato un polverone mediatico, lamentandosi, giustamente, di un mancato progetto di restituzione delle stesse alla nostra città. A distanza di 34 anni, come allora, non è stato mai iniziato un iter archeo-culturale per avviare un processo inverso e la restituzione delle opere. La storia di queste sculture è abbastanza singolare e, allo stesso tempo, invidiabile e dal percorso intrigante.
Rinvenute nel 1823 dagli inglesi Herris e Angell, vennero avviate e ricomposte nel nascente museo palermitano. Sono databili tra i primi decenni del VI secolo e la metà del V secolo a.C. I rilievi selinuntini in tufo, costituiscono un documento importante, figlio dell’evoluzione della scultura in Occidente. Rispetto ai ritrovamenti effettuati dagli archeologi Salinas - Tusa, queste mètope hanno una forma più arcaica, d’impronta dedalica.
L’ipotesi più remota, è quella di un’arte siceliota intensa (singolare) all’interno dell’arte greca. Si notano delle differenze stilistiche tra quelle appartenenti al tempio C (con rilievo a tutto tondo) rispetto a quella del tempio E, di un secolo posteriori, che l’avvicinano allo stile classico. Lo stesso Giardina afferma, con estrema destrezza e sintesi, perfetta l’importanza dello studio e una lettura che assume significati importanti, se vissuti sul campo (Parco Archeologico) e meno, appese ad un semplice muro (di un museo qualsiasi), dove scema di valore.
Un binomio tra sculture e opere architettoniche, su cui basare ogni teoria possibile. Soffermandoci sulle tre Mètope del tempio C, che raffigurano la Quadriga del Sole, Perseo che uccide la Medusa ed Ercole vincitore dei Cercopi, sono stati oggetto di un notevole e approfondito studio nell’ambito del progetto Land-Lab, avviato dall’Università del Salento, in collaborazione con l’IIT NRC Canada, nel 2003.
Mètope Tempio C
Mètope Tempio E
Un programma (il numero 4) di acquisizione ed elaborazione tridimensionale delle mètope, con modelli in 3D. Sono stati utilizzati per eventi, raffigurazioni e seminari internazionali, con facile accesso alle informazioni storiche e archeologiche.
L’obiettivo morale e progettuale dello storico Giardina, era quello di mettere al loro posto il tesoro, magari sfruttando l’Antiquarium di Selinunte. Un’idea rimasta tale e mai presa in considerazione dalle amministrazioni locali. Sono stati scritti numerosi libri sulle Mètope e la realizzazione di un grande museo Archeologico nella nostra città potrebbe far da gancio a tantissime manifestazioni turistiche. Il nuovo direttore dell’Ente Parco, il Sindaco e l’Assessore ai Beni Culturali, hanno il dovere istituzionale di alzare i toni e rispettare la storia selinuntina.
Si ringrazia lo storico Napoli le sue foto.