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Il mio rock: un bimbo prodigio diventato leggenda. Il mito Steevie Wonder tra musica e innovazione

del 2015-12-24

Immagine articolo: Il mio rock: un bimbo prodigio diventato leggenda. Il mito Steevie Wonder tra musica e innovazione

(ph. www.biography.com)

Un altro genere musicale che possiamo annoverare nel variegato mondo della musica rock è il soul. Uno dei più grandi rappresentanti di questo avvolgente genere musicale è senza ombra di smentita Steveland Hardaway Judkins, in arte Steevie Wonder.

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  • Correva l’anno 1962 quando Stevie, allora appena dodicenne (era nato a Saginaw il 13 maggio del 1950), s’impose al vasto pubblico diventando ben presto una leggenda della musica rock.

    Già bambino prodigio (si avvicinò a soli tre anni alla musica e a quattro suonava già il pianoforte) è uno dei più apprezzati cantanti e musicisti della storia della black music e tra i più famosi artisti pop del secondo dopoguerra.

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  • E’ anche un cantautore  polistrumentista, suona oltre al piano, la chitarra, il basso, le tastiere, la batteria, le percussioni e l’armonica a bocca. Stevie, nato prematuramente, fu messo dentro un’incubatrice, dove l’eccessiva quantità di ossigeno erogato al suo interno, gli causò una grave forma di retinopatia che lo portò alla cecità.

    Di lui si prese cura la madre dopo che si era separata dal marito, presenza indispensabile per una crescita normale del piccolo Steveland malgrado la sua menomazione. Egli riuscì a innovare in modo radicale il linguaggio della musica nera inserendo negli arrangiamenti strumentali l’utilizzo dei synth, del clavinet e la sovrapposizione delle sue stesse voci creando molteplici voci soliste.

    Innovazioni stilistiche che, da allora, diventarono oggetto di culto e di studio. Ha inciso numerosissimi successi per la nota etichetta Motown, come “Fingertips” nel 1963 vincendo ben 25 Grammy Awards, a partire dal 1973 con il primo singolo che conteneva la celeberrima  “Superstition”,  con il quale raggiunse la prima posizione nella Billboard Hot 100.

    Nel periodo più florido della sua carriera, tra il 1970 e il 1976, sforna ben cinque album di successo: “Music of My Mind”, “Talking Book”, “Innervisions”, “Fulfillingness First Finale” e “Songs in the Key of Life”.

    Considerati pietre miliari della musica internazionale e sicuramente punto di riferimento per la maggior parte degli artisti contemporanei, essi rappresentano anche il momento del distacco di Wonder dalle decisioni della casa discografica poiché, entrato in possesso delle proprie royalty, decise di prodursi autonomamente, autodeterminando il proprio successo a livello mondiale.

    Nel 1974 il nuovo singolo “You Haven't Done Nothin'”, registrato insieme ai fratelli Jackson, arrivò al primo posto sempre della Billboard Hot 100. Negli anni ottanta Stevie Wonder smise di creare dei concept album per aprirsi al mondo della musica cosiddetta commerciale, allo scopo di conquistare i posti alti nelle classifiche mondiali. Il suo sound divenne più pop con l’utilizzo anche del funk piuttosto che del rhythm’n’blues.

    Dopo un lungo periodo nel quale la sua produzione non fu accolta con lo stesso gradimento dei suoi primi successi, nell’anno 2005 ritornò sulla scena internazionale con il nuovo album “A Time to Love” con il quale riguadagnò le classifiche statunitensi e quelle inglesi.

    Nell’anno 2006 rivince, insieme al famosissimo Tony Bennett, un Grammy con una cover di “For Once in My Life” prodotto e arrangiato in puro stile yazz da Quincy Jones. Gli altri suoi duetti sono stati con Gabriella Ferri, al Festival di Sanremo 1969, dove hanno presentato in coppia “Se tu ragazzo mio”, brano composto dalla stessa Ferri; con il nostro Dino, cantante famoso negli anni sessanta, con il quale ha inciso "Il sole è di tutti", versione italiana di "A place in the sun" del 1966; con Paul McCartney, nel 1982, col brano “Ebony and Ivory” dedicato all'integrazione razziale; con Michael Jackson e Lionel Richie, autori di “We Are the World”, nel 1985, in occasione di "USA for Africa"; nuovamente con Michael Jackson, nel 1987, nel brano “Just Good Friends”; con Whitney Houston, nel 1992, nel brano “We Didn't Know”; con Frank Sinatra, nel 1994, nell'album “Duets II”; con Luciano Pavarotti, nel 1998, durante uno dei tanti concerti a scopo benefico “Pavarotti & Friends”.

    Negli anni 2009 e 2010 arrivano due album personali, uno “The Gospel Inspired by Lula” dedicato alla madre e che tratta delle varie crisi che affliggono il mondo, l’altro “Through the Eyes of Wonder” che tratta delle sue esperienze da non vedente.  

    Wonder ha avuto nove figli; l'ultima, Nia, è nata nel dicembre del 2014 ed è la secondogenita avuta con l'attuale moglie, Tomeeka Robyn Bracy. Sono numerosi gli artisti che citano Wonder come uno dei loro maggiori ispiratori e molte delle sue composizioni sono tra le più riproposte come cover dai maggiori cantanti e musicisti internazionali, sia di estrazione rock, funk e dance sia pop.

    Anche alcuni fra i più noti artisti italiani come Giorgia, Alex Baroni e altri si sono ispirati al sound di Stevie Wonder.

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