Dismorfofobia: l'incubo di adolescenti e non solo. Quando l'immagine condiziona la vita
di: Bonetti Federica - del 2016-06-03
La percezione alterata che abbiamo del nostro corpo dipende da quale punto di vista si considera sè stessi e ciò che ci circonda.
“Specchio specchio delle mie brame chi è la più bella del reame?” La fatidica domanda ripetuta spesso dalla matrigna di Biancaneve al suo specchio magico riassume al meglio la società dell’apparire di oggi.
Con modelli di bellezza inarrivabili, a cui puntualmente siamo esposti, guardandoci allo specchio non riusciamo quasi mai ad essere appagati dal nostro aspetto e, per evitare di crearci un cruccio o un complesso, decidiamo subito di scostarci da quel vetro riflettente e proseguire la nostra giornata in completa tranquillità.
Purtroppo c’è chi non riesce ad andare oltre, a “non curarsi di loro, guardare e passare” come diceva Virgilio a Dante.
Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo o semplicemente dismorfofobia è legato alla paura, o meglio all’eccessiva preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico,che può essere totalmente immaginario, oppure se presente è così marginale da non essere rilevante.
Questa fobia, collegata a una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, talvolta è così forte da creare nei soggetti profonde ed esasperanti sensazioni di stress emozionale e incapacità di tessere adeguate ed equilibrate relazioni sociali e sessuali, con un conseguente isolamento sociale.
Solitamente la dismorfofobia si sviluppa negli individui con una bassa autostima, principalmente negli adolescenti di entrambi i sessi, ed è strettamente collegata alle trasformazioni che avvengono in età puberale, quindi nella fattispecie, è passeggera e legata uno specifico periodo di tempo.
Nel caso in cui essa si manifesti negli adulti la situazione diventa più complessa, poiché con la fine del periodo adolescenziale l’essere umano acquisisce una visione di sé e una maturazione psicologico- emozionale che gli consente, grazie a una maggiore fiducia nei propri mezzi, la possibilità di relazionarsi in maniera armonica con il prossimo senza essere afflitti da tormenti interiori e complessi d’inferiorità legati al proprio aspetto fisico, né tanto meno da sintomi tipici della dismorfofobia.
Le persone affette da dismorfismo corporeo mostrano molte delle caratteristiche simili a coloro che soffrono di disturbi ossessivo-compulsivi, sviluppando delle vere e proprie manie.
Ad esempio, tendono a controllarsi allo specchio o ad altre superfici riflettenti ripetutamente, mostrano un’eccessiva cura del proprio aspetto, effettuano confronti continui con l’aspetto fisico altrui, ricercando perenni rassicurazioni e tentando persino di convincere gli altri circa il proprio difetto. Inoltre allo scopo di migliorare o nascondere la presunta imperfezione mettono in atto compulsioni che solo attraverso un’adeguata terapia cognitivo comportamentale è possibile curare.
Il sentirsi brutti è una sensazione tipica dell’essere umano, ci sono però personaggi illustri che della “bruttezza” ne hanno fatto un vanto o un arma vincente, come l’artista Andy Warhol, il quale sosteneva: “Lo so che ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Lo so che sono brutto. Ho fatto in modo di essere particolarmente brutto perché sapevo che ci sarebbero state un sacco di persone giuste, e qualcuno in qualche modo avrebbe provato interesse.”
Ma alla fine cos’è realmente bello o brutto?
È tutta una questione di prospettive come ci fa notare Voltaire “Chiedete a un rospo che cosa è la bellezza, il vero bello, il to kalòn. Vi risponderà che consiste nella sua femmina, coi suoi due begli occhioni rotondi che sporgono dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo e il dorso bruno.”
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