• A3 dottor Gianni catalanotto
  • A3 Conad
  • Farmacia Rotolo Castelvetrano
  • A3bis Farmacia Rotolo
  • Pavia Car r2 omaggio fino al 31 dicembre

Erano gli anni '60. Ricordando la mia insegnante, rigida ma con un grande cuore

del 2018-04-24

Immagine articolo: Erano gli anni '60. Ricordando la mia insegnante, rigida ma con un grande cuore

Negli anni '60 la scuola rimane fortemente ancorata alla disciplina e alla severità per quanto riguarda l'educazione dei bambini e ragazzi. La  rigidità degli anni 60 nella scuola è stata un insegnamento di civiltà ed educazione, che adesso purtroppo lascia il tempo che trova.

  • Fratelli Clemente Febbraio 2023 a7
  • Pubblichiamo una lettera aperta di una nostra lettrice che con nostalgia ricorda i tempi scolastici trascorsi: "Sono ore davanti allo schermo, marionette di un passato lontanissimo ritornano a danzare sul palcoscenico della memoria in maniera confusa e pasticciona, l’unica cosa che risuona ancora cristallina nelle mie orecchie sono le risate che non ci lasciavano mai che addolcivano la nostra vita di ragazzine e ci corazzavano contro tutte le brutture che pure allora alimentavano una società egoista e schizofrenica. 

     Erano gli anni sessanta, la musica dei cantautori e dei complessi musicali accompagnava di continuo le nostre azioni, tutti cominciavano a sentire la rinascita economica, anche noi in famiglia comprammo la lavatrice, il frigorifero e una stupenda cucina a gas. Pur avendo la sensazione che in casa non ci fosse mai una lira per comprare qualche bel vestito o altro per noi ragazze, mamma riusciva a comprare sempre qualcosa di nuovo per la casa.   

    A scuola la maggioranza dei professori pur godendo di un prestigio di ruolo, era da noi trattata con sufficienza sia perché alcuni non erano molto preparati sia perché altri mantenevano solo atteggiamenti predicatori inutili e controproducenti. Noi alunne leggevano moltissimo per conto nostro, letteratura francese come Balzac, Maupassant, Flauber , e …i romanzi di Liala , il pomeriggio piuttosto che fare i compiti assegnati discutevano di filosofia, recitavamo le opere del teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco che ci spiegava il professore Ferruccio Centonze. 

    La scuola che frequentavamo era il famoso istituto intitolato al filosofo Giovanni Gentile, dove accanto a professori tronfi e burberi, pieni solo della loro presunzione di ‘educatori’ ce n’erano altri che si impegnavano seriamente a seguire noi giovani che traducevamo tutto in ironia e che trovavamo ogni occasione per ridere. 

    Di tutti solo la signorina Emanuele, prof di filosofia era da noi particolarmente rispettata e temuta. Donna alta e imponente incombeva su noi ragazze con tutta l’altezza dei suoi dodici cm di tacco a spillo. Assistere alle sue lezioni era come assistere ad uno spettacolo teatrale, lei riusciva a farci immergere in un mondo meraviglioso fatto di Essere e di non Essere di libertà, grazia e predestinazione agostiniana …di estetica trascendentale e di tanto altro che faceva volare il nostro pensiero nelle praterie della conoscenza.  Tutto di lei ammiravamo, la sua sprezzante ironia, il suo incedere da diva del cinema muto, il suo ciuffo bianco sulla fronte che segnava uno spartiacque alla massa di capelli abilmente tinti di un nero lucido e coperti da uno strato solido di lacca.

    Di lei ricordo quella volta che mi prese in giro davanti a tutte le mie compagne perché la mia pettinatura ‘alla francese’ con una lunga virgola liscia sulla guancia destra risultò ai suoi occhi particolarmente ridicola. “Signorina”, mi disse guardandomi con un ‘espressione tra lo sdegnato e il sarcastico, “come siamo affascinanti stamattina, immagino che si sia agghindata così per l’interrogazione di filosofia” e mi interrogò sorridendo tutto il tempo alle mie risposte imprecise e imbarazzate. 

    Ricordo che dopo piansi tutto il tempo strapazzando il mio umido fazzolettino colorato. La odiai e non glielo perdonai mai finché un giorno, tanti anni dopo, quando ormai anziana e seduta su un’enorme sedia a rotelle l’andai a trovare nella sua casa palazzo, carica di mobili e di enormi quadri antichi, parlando di noi, del periodo trascorso insieme a scuola, le dissi della mia sofferenza di quel giorno e la vidi sorridere e commuoversi."  

    Giovanna Casapollo Nurallao   

     

    Vuoi essere aggiornato in tempo reale sulle notizie dalla Valle del Belìce? Clicca “Mi piace” su Castelvetranonews.it o seguici su Twitter