“Lu Testamentu” tra satira e polemiche. Lettera aperta alla Redazione
di: Redazione - del 2025-03-06

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta del nostro lettore Piero Vasile che espone la propria riflessione sulla satira del Testamento redatto da Anna Gelsomino e dal Prof. Francesco Saverio Calcara in occasione dei festeggiamenti del Carnevale ed in particolare su qualche argomento che ha destato non poche polemiche a Castelvetrano nelle ultime settimane.

"E che satira (?) (!) Già, col punto interrogativo o esclamativo? Il carnevale è finito, Lu Nannu e La Nanna sono stati bruciati e la satira è stata fatta. La satira è satira. Punto! Nella storia, la satira è stata spesso il solo strumento contro le ingiustizie del potere. Attraverso l'ironia e l'esagerazione, la satira spinge il pubblico a pensare in modo critico su determinati temi, prendendo di mira il potere, l'autorità e smascherandone gli intrighi e le falsità (quando ci sono, ovviamente).
Già nell’antica Grecia, come non ricordare Aristofane e le sue pungenti satire contro certi filosofi e politici? E Giovenale? Uno dei più grandi dell’antica Roma. Colui che coniò il termine Panem et circenses col quale criticava l’abitudine del potere di dare al popolo pane e spettacoli vari perché si distraessero e non criticassero l’autorità. A proposito, dove l’ho vista sta cosa? Boh? Non so. L’avrò sognata. Vabbe’. Certo, c’è anche la satira al contrario come quella della rivista "Die Brennessel” che, durante il nazismo, con la satira adulava Hitler e ridicolizzava e attaccava gli ebrei e gli oppositori politici del partito nazista. Ma quella è un’altra storia che fa parte del passato. Almeno spero...

Detto questo, mi chiedo quale sia la satira o l’ironia nel criticare sia la Stampa, per l’esattezza Assostampa, che coloro che hanno espresso Democraticamente la propria opinione contro il filosofo ideatore del fascismo, Giovanni Gentile? Forse Assostampa, l’ANPI e i cittadini antifascisti sono il potere che la satira deve giustamente attaccare? Sono questi i nemici del popolo? O piuttosto i suddetti si sono macchiati di lesa maestà in qualche modo?
Quando Assostampa ha giustamente segnalato delle anomalie, ha rappresentato un tentativo di oppressione della libertà popolare tale da meritare denuncia sociale da parte della satira? Fare semplicemente il proprio dovere, per gli autori del testamento di Lu Nannu e La Nanna è un’infamità (come è stata definita) tale da affermare che “arriminanu la merda”?
Sarà sicuramente un mio limite, ma in che modo dire che la critica di Assostampa al sindaco sia un’infamità e che i giornalisti arriminanu merda può essere considerata satira contro il potere? E in che modo dire che al sindaco dovremmo dare una bacchetta per rendere “li buttani fimmini onesti” costituisce una critica alla società? E poi quale società? Quella secondo cui una donna si insulta chiamandola puttana?
Questa satira vuole cambiare la società che automaticamente definisce una donna con termini dispregiativi legati all’attività sessuale, a prescindere da cosa abbia fatto (sempre che avere rapporti con molti uomini ne giustifichi il disprezzo), o vuole piuttosto legittimarla?
Se la satira vuole cambiare la società sessista e colma di stereotipi, allora che cominci ad usare altre definizioni che non abbiano a che fare con certe allusioni che legano esclusivamente la donna alla sfera sessuale in modo spregiativo, perché ovviamente agli uomini possono essere rivolti altri termini dispregiativi, ma associarli al sesso è semmai, un vanto.
Chissà cosa ne pensa la FIDAPA, con la quale la nostra amministrazione ama farsi fotografare. Per concludere, mi sembra alquanto singolare che a definire chi critica la scelta di celebrare Giovanni Gentile come “ignorante”, sia proprio chi sarà chiamato ad elogiare le qualità del filosofo ideatore del fascismo.
Cosa pensa il nostro sindaco di questa definizione? Non ha niente da dire? Per il nostro sindaco, L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è un’associazione di ignoranti? L’Anpi è un’associazione di teste di muro, come vengono definiti i critici di Gentile nel testamento? E soprattutto, anche l’ANPI, sempre secondo il testamento, “S’inni miritassi un saccu e na pista”?
Come può il sindaco, fotografato tempo fa sorridente e fiero insieme alle bandiere dell’ANPI, essere altrettanto fiero e sorridente sui carri del carnevale e assistere alla lettura del testamento senza dire nulla a riguardo? Sindaco, assessori, ecc. fieri dell’organizzazione di questo carnevale sono fieri anche
delle parole di questo “capolavoro” di arte dialettale? E’ solo satira? E’ un’esagerazione criticare la satira?
Molto rumore per nulla? E no. Non è così. Lo sarebbe, forse, se a firmare queste parole alla fine del testamento non fosse stato proprio chi è stato scelto per celebrare Giovanni Gentile. Se il sindaco non intende esprimersi per, non so, rispetto della satira (?), come non mi sembra essersi espresso (pronto a correggermi se sbaglio) neanche contro Casa Pound che sosteneva che l’ANPI dovesse tacere, potrebbe almeno il Professor Calcara spiegare in che modo anche i seguenti personaggi dovrebbero (coerentemente) essere definiti ignoranti, teste di muro e ne meriterebbero “un saccu e na pista”?
Benedetto Croce, uno dei più grandi filosofi e storici e avversario di Gentile e del fascismo. Criticava sia la non democraticità della riforma Gentile, sia la filosofia di Gentile che considerava autoreferenziale. Fondò l’Istituto Italiano per gli Studi Storici, ma fu emarginato e isolato dal regime fascista.
Piero Gobetti, filosofo, giornalista e attivista politico proponeva un’educazione basata sull’autonomia dello studente e sullo sviluppo del pensiero critico, in contrasto con Gentile che invece aveva scritto una riforma conformista, priva di pensiero critico e funzionale al fascismo. Fu perseguitato dalle squadre fasciste e morì in esilio a soli 25 anni.
Eugenio Colorni, filosofo e professore dell’Università di Roma “La Sapienza”
Critico del sistema scolastico fascista e sostenitore di un’educazione laica e pluralista. Arrestato, confinato e assassinato dai fascisti nel 1944.
Gaetano Salvemini storico e politico antifascista e professore nelle università di Firenze, Torino e Harvard. Sosteneva che l’idealismo di Gentile giustificasse l’autoritarismo fascista. Considerava l’attualismo una filosofia che esaltava lo Stato assoluto e la sua autorità sugli individui. Secondo lui, Gentile usava il suo pensiero per legittimare un’educazione che creava sudditi anziché cittadini critici. Fu esiliato dal regime fascista.
A molti dei pensatori critici di Gentile non fu permesso di parlare e altri vennero uccisi. E se invece fossero stati lasciati liberi di esprimersi, siamo sicuri che oggi Gentile sarebbe così “grande”? Erano anch’essi importanti uomini di cultura. Non erano ignoranti. Non erano teste di muro. Ma a loro sì che ne fu data “un saccu e na pista”, caro sindaco e caro professor Calcara.
Ma forse qualcuno vorrebbe tornare a quei tempi. Molti cittadini no e di sicuro non l’ANPI, ma si sa, sono solo teste di muro..."
Piero Vasile