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"Caro Renzi, anch'io avrei qualcosa da dirle su stipendi bloccati e gente bloccata al potere"

di: Gianfranco Becchina - del 2014-09-13

Immagine articolo: "Caro Renzi, anch'io avrei qualcosa da dirle su stipendi bloccati e gente bloccata al potere"

Egregio Signor Presidente Renzi, prendo spunto da una lettera indirizzatale da Ciccio Ancona, vigile del fuoco di Castelvetrano, e pubblicata dal giornale locale “on line”, per pregarla di darmi un motivo valido che mi consenta di accettare consapevolmente, sebbene obtorto collo, tutto quel che gronda dal programma del Suo governo:

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  • dalle imposizioni fiscali alle richieste di sempre nuovi sacrifici, immancabilmente a carico delle categorie più disagiate.

    I pompieri, caro Presidente, prendersela proprio con loro che, insieme a tutte le forze dell’ordine e gli impiegati di modesto e infimo rango, ogni giorno sono costretti viepiù ad allungare la lista dei minimi indispensabili che non si possono più permettere!

    Eh sì, perché se i “grand commis” del paese possono tranquillamente sopportare decurtazioni di emolumenti che in fondo non potrebbero che ridurre o al massimo sospendere la tesaurizzazione delle loro smodate risorse, lo stesso non è minimamente immaginabile, ahi loro, per tutte le categorie che abbiamo già considerato, precipitosamente oggetto di un massacro in pieno svolgimento.

    Ma non voglio andare fuori tema, Presidente. Eravamo partiti dalla mia esigenza di conoscere il motivo valido di tutto questo, perché quello che l’Italia “tout-court” è nel pantano lo conosciamo tutti!

    È la genesi dei fatti che ci manca moltissimo e, ancor di più, la prosecuzione degli stessi. In poche parole, cosa è successo e cosa è cambiato, e per quale precisa ragione dobbiamo pagare più tasse quasi si trattasse di una pretesa risarcitoria. Dove, come e quando abbiamo contratto questo debito? Va da sé che qualcuno ce lo deve dire … e con dovizia di particolari.

    Purtroppo, però, su quello che è successo, al di là dei giri di valzer “autour du pot”, con riferimenti di una vaghezza sconcertante a crisi venute da fuori, la verità, nei sancta sanctorum istituzionali, non la tira fuori nessuno.

    Lei converrà che, senza sviscerare ogni malefatta, senza un atto di profonda catarsi, il cambiamento dell’Italia da Lei tanto sbandierato potrà avvenire solo nella direzione del peggio. Il Suo sogno salvifico non potrà che rivelarsi altamente illusorio.                                                                                 

    Lei pensa, per davvero, di poter cavalcare una rivoluzione delle coscienze senza incidere il bubbone? Purtroppo per Lei, le rivoluzioni non sono mai state fatte con le caramelle; richiedono, “historia docet”, un repulisti con relativa punizione dei protagonisti squalificati che non possono più rimanere sulla scena. Su questa strada i suoi atti sono, per il momento, di complicità politica e nulla più.

    Così facendo, è inevitabile che si vada verso  il totale sfacelo. Più che “da nessuna parte”, volendo rifarsi ad una Sua espressione ricorrente.

    Si distrae la gente con le seppure plausibili trattative Stato-mafia, ma ci si guarda bene di parlare di quelle scellerate con il mondo della finanza. Un “top-secret” impossibile da scalfire. I protagonisti del grande disastro sono tutti “assisi” alle loro cadreghe.

    Non vorrei ripetermi, ma non possiamo accettare di fare sacrifici se non si fa chiarezza e non si rivelano tutti i risvolti delle malefatte e, soprattutto, i riferimenti anagrafici dei malfattori completi della misura delle scarpe che calzano. 

    Vogliamo sapere per filo e per segno come il governo intende impiegare il frutto delle fatiche dei lavoratori, in quale pozzo intende calarlo ed il perché.

    È ormai, al punto in cui siamo, divenuto ineludibile per il governo del Paese prendere posizione su tutto quello di cui la rete ci informa. Non si può far finta di niente al riguardo delle opinioni di fior di economisti di chiara fama, che bocciando l’operato dei loro affini istituzionali preconizzano la catastrofe.  

    I cittadini hanno diritto di essere rassicurati da chi li governa, attraverso informazioni chiare e dettagliate che non siano rassicurazioni di maniera ingravidate di promesse, ma prive di qualsivoglia concretezza.

    Ma non pensi, Signor Presidente, che non abbiamo capito quel che è successo. Sappiamo benissimo della banda di sconsiderati incompetenti, da lunga data sponsorizzati dal Suo partito, che ha occupato i punti nevralgici finanziari mandando in fumo patrimoni consolidati da secoli.

    Che poi non si è trattato d’altro, a parte le briciole destinate alle occhiute spartizioni, di una epocale truffa perpetrata dagli sciacalli di mezzo mondo che hanno turlupinato la marea di buoni a nulla incollati alle poltrone  presidenziali e dirigenziali dei nostri istituti di credito.

    Banchieri ed esperti di finanza che, guarda caso, sono sempre ai loro posti, un tempo occupati da fior di illuminati (del tipo di Raffaele Mattioli e Ugo La Malfa, tanto per intenderci), impassibili come sfingi a proseguire la loro opera deleteria al riparo della complicità di un sistema che non demorde. E il perdurante silenzio di tutto il suo staff ne è la conferma. Sono queste le ragioni per le quali “non si va da nessuna parte”, ma verso il niente.

    Alle forze dell’ordine, poi, non si può solo togliere. In qualche modo bisogna pur gratificarle: magari,  giusto perché possano dare un senso alle loro ambasce, autorizzandole a scortare un’ultima volta certi personaggi verso le patrie galere. 

    Ma, tant’è, per queste doverose incombenze le iniziative competono a ben altre istituzioni, abbastanza affaccendate su altri fronti per potersi curare anche dei non violenti che, al massimo, si limitano ad affamare il popolo.

    Certo che è sorprendente constatare come nessuna investigazione, malgrado la sovrabbondanza di notizie di reato che continua a pervadere l’etere, è stata finora disposta nei confronti degli ambienti dell’alta finanza. Sarebbe così difficile andare a “scrufuliari” nei bilanci e nei libri contabili delle banche? Non sono forse soggette anch’esse alla legge come tutte le imprese private?  

    Ma, si capisce, è meglio occuparsi degli  incomprensibili studi di settore per dare il colpo di grazia alle aziende agonizzanti, piuttosto che sull’altro fronte dove solo un pifferaio magico riuscirebbe a liberare gli ambienti dai ratti che vi razzolano.

    Mi creda, Presidente, ero convinto, e anch’io ci ho messo la faccia, che occuparsi di questa tipologia di malefatte sarebbe stato uno dei suoi primissimi atti di neo Primo Ministro approvato a furor di speranze. In tanti ci eravamo convinti che un altro Magnus (Matthaeus questa volta) si fosse materializzato sulla scena del mondo.  

    Però, mi scusi, non faccio che divagare! Il fatto è che le cose che mi vengono in mente sono tali e tante che le devo fissare subito per non scordarle. Diciamo che, alla fin dei conti, e a furia di pensare, credo di essere arrivato a capire da solo le ragioni della ormai insostenibile aggressione fiscale in atto nel nostro paese. Avrei, in fondo, potuto fare a meno di disturbarla. Ovviamente, limitatamente al fatto di capire, giammai di accettare il fatto compiuto. È lì che dobbiamo intenderci.

    Chiarito, infatti, e senza bisogno di interpellare la Zingara, che le banche italiane impiegano i fondi illimitati messi a loro disposizione (a costi ormai quasi inesistenti) dalla Banca Centrale Europea per sottoscrivere il debito pubblico italiano, lucrandoci annualmente la bellezza di qualcosa vicina ai cento miliardi di euro, qualche domanda non possiamo non porcela: che ci fanno di tutti questi soldi che, nella realtà, sottraggono alle attività produttive?

     Niente niente che servano loro a perseverare nelle follie speculative, nella illusoria speranza di potersi rifare colmando la voragine che hanno creato nelle loro casse? E se le casse sono cosa loro, che c’entriamo noi contribuenti obbligati a pagare le malefatte che non ci appartengono?

    Prudenti come è giusto si debba essere, non vogliamo ignorare gli insegnamenti di quella saggia mamma del giocatore incallito, che non piangeva quel che il figlio aveva perso bensì per il fatto che (quello sconsiderato) volesse rifarsi.

    Non sarebbe molto meglio, visto che la Banca Europea, per insondabili misteri, non può finanziare altri che le banche, nazionalizzarne qualcuna delle nostre al fine di utilizzare questi finanziamenti a costi irrisori sì da operare risparmi in termini di interessi sufficienti a rilanciare il Paese?

    Esattamente alla maniera della furba Germania e della Francia, che, lasciando entrambe che siano le proprie banche pubbliche ad indebitarsi - Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW) e Banque Publique d' Investissement (BPI) per chi non lo sapesse -, oltre che a risparmiare un fracco di interessi impupano il loro debito pubblico al tempo stesso che distribuiscono (solo i tedeschi, per il momento) sculacciate a dritta e a manca a quelli che il debito pubblico ce l’hanno alla luce del sole.

    Chi, non vuole che questa soluzione si adotti anche da noi e si faccia repulisti nelle banche italiane? Dove sta scritto che queste non possano andare a ramengo, come ogni altra impresa privata? Perché i lavoratori e i cittadini tutti debbono farsi carico dei crimini di una banda di sconsiderati collusi sino al midollo?

    Questi sono i misteri che bisogna svelare, prima di poter chiedere al popolo di collaborare. Ci si potrebbe intendere, ma a ragion veduta!

    Per il resto, Le faccio i miei migliori auguri nella sincera speranza di essere incorso in un marchiano caso di saccenteria.

    Gianfranco Becchina

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    Effeviauto 6 gennaio 2025