Duna sequestrata, ipotesi denuncia di un dipendente. Il Comune nega fondatezza sequestro

Sarebbe stato un dipendente del Parco Archeologico di Selinunte ad attivare tutta quella serie di denunce che hanno portato al sequestro dei lavori da parte degli agenti del Corpo Forestale Nucleo Operativo regionale. I legali degli indagati intanto affilano le armi per cercare di non far perdere un finanziamento di tre milioni di euro per rimuovere la duna, realizzare il mega parcheggio e le opere propedeutiche per la passeggiata sulla duna.

Da ambenti molto informati trapela il fatto che questo dipendente  avesse chiesto agli operari della ditta che ha l’appalto dei lavori, di potere passare dalla strada interna del Parco per raggiungere il suo posto di lavoro. Il passaggio negato per motivi del “cantiere aperto”, avrebbe innescato una polemica forte verbale tra un operaio della stessa ditta e lo stesso dipendente, che non ci avrebbe pensato due volte ad avvertire le Forze dell’Ordine scatenando un putiferio giudiziario.

L’area sequestrata dove veniva ammassata la terra rimossa dalla seconda duna e sistemata vicino all’ex cancello ferroviario, sulla collina orientale e vicino al tempio E, era stata individuata e approvata nel progetto, visto che la stessa terra vegetale, sempre da come si evince dal  progetto può e sarà riutilizzata per continuare le opera. Quindi nessuna discarica abusiva.

 Intanto sul tavolo del Magistrato sono arrivate le difese degli indagati che “non accettano” i capi d’imputazione, visto che il materiale che compone la duna è costituito da materiale omogeneo e precisamente da terra da riporto, in conformità alle previsioni progettuali di appalto. Quei tre copertoni trovati sotto le dune realizzate nel 1984, potrebbero essere state illecitamente sversati da terzi al fine di disfarsene e non come sostiene l’accusa come residuato delle operazioni di dismissioni della duna. Materiale che sarebbe stato portato in discarica se non ci fosse stato il provvedimento di sequestro.