Mazara, rubato il SS. Sacramento alla parrocchia Santa Gemma
Il Vescovo: "Atto gravissimo di profanazione ad opera di mani scellerate"
di: Max Firreri addetto stampa Vescovo - del 2012-10-13
In foto: Il Vescovo, Monsignor Domenico Mogavero (ph. Foto: diocesimazara.it)
Ignoti hanno rubato, ieri pomeriggio durante le ore di chiusura, il Santissimo Sacramento presso la parrocchia Santa Gemma di via Castelvetrano a Mazara del Vallo. Nessun altro oggetto è stato asportato, il che fa supporre che il gesto sacrilego era mirato alla profanazione dell’Eucaristia. Peraltro la pisside che conteneva le sacra particole non ha alcun valore commerciale ne pregio artistico. «Si tratta di un atto gravissimo, che fa seguito ad altri simili accaduti nei mesi scorsi in chiese della Diocesi, ha dichiarato il Vescovo monsignor Domenico Mogavero. Pur non avendo elementi probanti c’è da ritenere che la mano scellerata sia stata mossa da motivazioni riconducibili a riti satanici».
Giovedì sera alle ore 19 avrà luogo una concelebrazione eucaristica “riparatrice” nella chiesa in cui è avvenuto il gravissimo furto. «Invito i fedeli della città di Mazara del Vallo ad unirsi ai presbiteri per un’attestazione di fede e di amore alla Santissima Eucaristia così vilmente oltraggiata» ha detto ancora il Vescovo. E ha aggiunto: «La profanazione dell’Eucaristia è un peccato molto grave, come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica (n.2120) ed è anche un delitto, punito con la scomunica riservata alla Sede Apostolica, secondo quanto previsto nel Codice di Diritto canonico (can. 1367)».
COSA È IL SACRILEGIO? - Secondo quanto recita il numero 2120 del «Catechismo della Chiesa cattolica» il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo. Anche il canone 1367 del Codice di Diritto canonico recita: «Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale»