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La storia di Mimmo Accardo: da Castelvetrano alla Rai con Celentano, Benigni. Una vita per la musica

del 2014-07-29

Continua la rubrica "Castelvetrano tra musica e storia" curata da Gigi Simanella che racconta ai sempre più numerosi lettori la storia di un caro amico. Poter raccontare la storia artistica del mio fraterno amico Mimmo, oltre a riempirmi il cuore di gioia, mi fa provare un immenso piacere, poiché il sentimento di grande amicizia e stima che provo per lui è puro e sincero. La storia di Girolamo Accardo, detto Mimmo, inizia quando i suoi genitori per esigenze di famiglia hanno dovuto trasferirsi per un certo periodo da Castelvetrano nella vicina Partanna. Qui nacque, nel 1942, Mimmo che sin da bambino dimostrò un’innata passione per la musica.

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  • Già all’età di soli cinque anni si recava quotidianamente da un barbiere vicino casa, poiché questi possedeva un banjo. Per amore di poterlo suonare, invece d’andare a giocare come tutti i suoi coetanei, si contentava di fare le saponate ai clienti del barbiere.

    Non arrivando al loro viso s’era fatto costruire da un amico falegname un “vanchiteddu”, un piccolo sgabello che gli permetteva, salendoci sopra, di potere insaponare il collo, le guance e le gote di chi voleva radersi. Fra un’insaponata e l’altra prendeva il banjo e, suonandolo, scopriva giorno dopo giorno un mondo di note le cui armoniche lo ammantavano donandogli una sensazione di appagamento totale.

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  • Il barbiere era talmente soddisfatto di Mimmo che gli concedeva anche di portare a casa lo strumento, quando la sera chiudeva il suo salone da barba. Mimmo, nel tragitto che doveva coprire per raggiungere casa sua, suonava per strada raccogliendo i complimenti e gli applausi delle persone che abitavano lungo il percorso. A Partanna frequentò le elementari e le medie.

    All’età di quindici anni tornò a Castelvetrano, dove completò i suoi studi fino alla maturità. Pensò, poi, di formare il suo primo complesso. Era un trio composto da Mimmo alla chitarra, banjo e canto, il suo più fedele amico e compagno di scuola Giacomo Scurti alla batteria e lo zio Giovanni Giurintano, detto Jò, alla fisarmonica. Per il trio scelsero il nome di "The sentimental boys", con il quale andarono a suonare per tre mesi in Svizzera e per due anni in Germania. Qui allietavano le feste dei nostri connazionali all’estero, ma anche dei tedeschi.

    Essi ricevevano notevoli apprezzamenti in quanto a quel tempo in Germania le orchestre suonavano soltanto marce, mentre loro, facendo il verso al grande Adriano Celentano, proponevano un rock “casereccio” che faceva letteralmente impazzire i biondi teutonici. La batteria a Scurti l’aveva comprata un ragazzo pugliese, tale Franco, che lavorava in Germania come cameriere.

    Aveva, però, posto una condizione: che lo facessero suonare di tanto in tanto alternandosi con Scurti. L’unica cosa che ottenne fu di presenziare a ogni loro esibizione senza, però, farlo suonare poiché era assolutamente negato per la musica.

    Franco amava molto suonare la batteria, ma non sapeva da dove cominciare e loro non potevano permettersi di fare brutte figure. Continuò, così, a sperare che un bel giorno Mimmo e gli altri lo accontentassero nel suo desiderio di poter suonare anche solo per una volta. Preso atto che le sue continue sollecitazioni cadevano letteralmente nel vuoto, una bella mattina di un sabato qualunque, nascostamente, si prese la batteria e se la portò. Da quel giorno non ebbero più occasione di rivederlo.

    Il problema fu che la sera dovevano andare a suonare in un prestigioso locale di Hingelheim e, per il tipo di musica che proponevano, non potevano fare a meno della batteria. Così, durante tutto il pomeriggio, furono costretti a girare per i diversi negozi di strumenti musicali del luogo per comprare una nuova batteria. Con i soldi, però, che avevano a disposizione si sono dovuti contentare d’acquistare soltanto la cassa, il rullante, il charleston e un solo piatto.

    Per comprare i tamburi e qualche altro piatto hanno chiesto al negoziante se poteva far loro credito e l’indomani, incassati i soldi della serata, avrebbero provveduto a estinguere il debito. A questo punto la fatidica risposta è stata, e forse lo sarebbe ancora oggi visto come siamo trattati dal cancelliere tedesco Angela Merkel: “Mi dispiace, ma non facciamo credito agli italiani, in special modo ai siciliani”.

    S’era, nel frattempo, fatto tardi. I ragazzi, molto delusi e arrabbiati, presero i pezzi della batteria che avevano potuto comprare in contanti e andarono via con: “Grazie, lo stesso” a voce alta e “Vaffà ‘nculo” a voce bassa. Lungo il cammino verso il locale che li aspettava, Mimmo acquistò della colla e dei fogli di cartoncino colorato con i quali, quando giunsero sul posto e finirono di sistemare gli strumenti, ritagliò alcune lettere che compose per scrivere il nome del gruppo “The sentimental boys”.

    Le appiccicò, poi, sulla pelle della cassa della batteria, una “Ludwig” di colore bianco avorio madreperlato e, finalmente, furono pronti per suonare.

    Nella grande sala v’erano molti soldati di colore in servizio presso una vicina base militare americana. I soldati furono molto entusiasti del complesso e gli tributarono consensi e applausi, nonostante il batterista doveva inventarsi i passaggi più strani con evoluzioni le più fantasiose a causa della mancanza dei tamburi.

    Successe che per i violenti colpi di pedale con i quali Scurti era costretto a colpire la cassa della batteria a causa del tipo di musica che suonavano, le lettere, appiccicate in tutta fretta, cominciarono a staccarsi tale da rendere il nome del gruppo indecifrabile. Il presentatore, ch’era salito sul palco per fare un elogio, nel momento di presentarli leggendo il nome, non ne fu in grado poiché le lettere rimaste attaccate s’erano ridotte alla metà.

    La cosa, per loro fortuna o sfortuna a secondo di come si vuole intendere la situazione, fu che da lì a poco il salone si trasformò in un saloon tipo film western. I militari americani, sicuramente ubriachi, cominciarono a litigare con i tedeschi con i quali non è mai corso buon sangue. Volarono pugni, cazzotti e quanto di peggio. I colpi inferti da ambo le parti erano talmente potenti che i malcapitati scivolavano sui tavoli, i tavolini saltavano per aria e le bottiglie tirate da ogni parte arrivavano fino ai ragazzi.

    Il proprietario li esortò pregandoli di continuare a suonare, ma considerato ch’era un’impresa scansare le bottiglie e i bicchieri volanti, Mimmo e i suoi pensarono bene di fermarsi rifugiandosi nel bagno situato vicino al palco. Sulla tazza del water trovarono un anziano che tracannava una bottiglia di birra oramai quasi vuota e con i pantaloni abbassati, nell’atto di ca…ntare, che rideva a crepapelle. Certamente era ubriaco fradicio e, nell’intento di fare i suoi bisogni, non s’era accorto di quello che succedeva attorno a lui.

    Mimmo rimase in Germania fino a quando sua madre, ammalata, espresse il desiderio di rivedere il suo tanto amato figlio e poterlo avere nuovamente al suo fianco.

    Tornò, così, a Castelvetrano dove entrò a far parte d’un complesso che si chiamava “Gli Azzurri”. In quel periodo la formazione del gruppo era la seguente: Don Vincenzo Giammarinaro, detto Piricuddu, al contrabbasso, Nicola Mangiaracina alla fisarmonica, Vittorio De Simone al sax, Renzo Mirabile alla batteria, Fioranna Bordin cantante, a volte sostituita o in coppia con Rosalba Figarotta e Mimmo che, naturalmente, suonava la chitarra.

    A quel tempo c'era un ragazzo che abitava nei pressi della chiesa dell'Addolorata, soprannominato "33 giri", perché possedeva una collezione di L.P. da riempire un’intera stanza. Poiché nella collezione c’erano tutti i dischi dei famosissimi “Shadows 4” (per com’era riportato nella cassa della batteria di quest’ultimi), Mimmo andava a trovare spesso l’amico e insieme ascoltavano, con le luci soffuse e in religioso silenzio, le magiche melodie e le penetranti note musicali che il grande Cliff Richard riusciva a far emettere alla sua chitarra.

    Tutti i chitarristi d’allora si cimentavano nel copiare la sua celeberrima “Apache” del 1979. Anche Mimmo s’innamorò degli Shadows e, ricalcando un po’ il loro modo di suonare, lasciò “Gli Azzurri” e mise su un quintetto al quale diede il nome di “ Guitar Man” composto da: Mimmo alla chitarra solista e voce, Giacomo Scurti alla batteria, l'architetto Simone Titone al basso, Gaspare Di Stefano alla chitarra ritmica e Paolo Ingrasciotta al trombone a coulisse.

    Per la scelta del nome avevano pensato alla famosa canzone del prestigioso chitarrista statunitense Duane Eddy “(Dance with the) Guitar Man”, del 1962, brano che utilizzavano come sigla iniziale dei loro concerti. Ricordiamo Duane Eddy come il miglior chitarrista di tutti i tempi, leggenda del Rock’n’Roll. Fu il creatore dello stile thangy sound utilizzato, in seguito, da quasi tutti i più grandi chitarristi dei più importanti gruppi a livello mondiale.

    I brani che proponevano i “Guitar Man” erano, per lo più, copiati dal vastissimo repertorio degli Shadows. Avevano anche uno sponsor, il compianto Enzuccio Chiofalo, proprietario d’un negozio di tessuti nella centralissima via Vittorio Emanuele a Castelvetrano, che provvide per fare confezionare le magliette che indossavano quando s’esibivano in pubblico.

    Dopo questa e altre formazioni ch’ebbero, però, breve vita artistica, Mimmo andò a suonare per un paio d'anni con “Gli Arcangeli” di Mazara. Vi suonavano fra gli altri: alla tromba Santoro Stabile, oggi direttore della banda municipale di Mazara, Vannino Triolo al sax e clarinetto e il nostro bravo cantante mezzo tenore Michele Milazzo.

    Ancora un gruppo, “Gli eclettici” di Santa Ninfa formato da: Mimmo sempre alla chitarra, l'architetto Salvatore Lo Curto al basso, Enzo Sala, oggi fotografo, alla tastiera, Renzo Mirabile alla batteria. Dopo aver vinto un concorso quale docente di sostegno in un istituto per ragazzi disabili, la “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone, proprio dove è stato condannato ai servizi sociali Silvio Berlusconi, si trasferì al nord.

    Qui continuò le sue esperienze musicali con vari gruppi suonando prevalentemente nei night, finché un giorno ebbe l’occasione di suonare al famoso “Derby”, il tempio del cabaret italiano.

    Qui ha potuto suonare le sue canzoni, tutte le sere, per quattro anni, a fianco di Teo Teocoli, Enrico Beruschi, Diego Abatantuono, Andrea Brambilla (il compianto Zuzzurro) e Walter Valdi. Per non parlare del grande Enzo Jannacci, (l’ho conosciuto personalmente e ho una foto insieme a lui che conservo come caro ricordo), dal quale riceveva molti consigli e incoraggiamenti.

    Chiuso il “Derby” per la morte del proprietario, andò a suonare al “Refettorio”, altro importante cabaret di Milano, con un trio appositamente formato “Mimmo Accardo e i due naufraghi”, dove i due naufraghi erano: Zino Calamia al piano e Piero Giambruno al contrabbasso. Nello stesso locale s’esibiva anche Beppe Grillo che aveva provato a esibirsi al “Derby”, ma non l'avevano preso. Fu al “Refettorio” che Pippo Baudo, assiduo frequentatore del locale, propose a Mimmo di portare il suo spettacolo di cabaret in televisione.

    In quel periodo Mimmo frequentava la famosa “Galleria del Corso” di Milano, allora gran vivaio artistico. Qui conobbe Bruno Lauzi che espresse il desiderio di cantare una sua composizione, “Gianni l’autista”. Lauzi, però, si ammalò e non ci fu più l’occasione di vedersi per realizzare il progetto.

    Sempre alla “Galleria del Corso” conobbe sia il maestro Giovanni Danzi, autore d’indimenticabili canzoni quali “Ma l'amore no”, “Bambina innamorata”, “Non dimenticar le mie parole”, “Mia bella madonnina”, “Bellezze in bicicletta” sia Sandro Celentano, fratello del più famoso Adriano e amministratore del “Clan Celentano” che aveva una sala di registrazione a Milano.

    Un giorno Sandro invitò Mimmo a registrare le sue canzoni per farle sentire ad Adriano. Dopo pochi giorni Detto Mariano, l'arrangiatore di tutti i pezzi di Celentano, chiamò Mimmo e gli propose di realizzare un Long Playing. Alla realizzazione dell’L.P., per il quale scelsero il titolo di “Copriti che fa Freud”, parteciparono sia i due amici colleghi Zino e Piero sia altri musicisti del “Clan” quali il bravo batterista dei “Ribelli”, Gianni Dall'Aglio.

    Per realizzare questo L.P. ha dovuto scindere un contratto che aveva firmato con la casa discografica Ricordi, con la quale aveva inciso sue composizioni per bambini. Per fortuna non ha dovuto pagare alcuna penale, avendo ricevuto il beneplacito da parte dell'amministratore della Ricordi, Monti Arduini il famoso “Guardiano del Faro” del quale ricordiamo il celeberrimo brano “Amore grande amore libero” eseguito al synt, strumento molto in voga per quel periodo. Ricevuto l’assenso da parte di Monti, Mimmo ha potuto firmare un contratto con Detto Mariano.

    Oltre all’L.P. Mimmo ha anche registrato un 45 giri che conteneva la sua più famosa composizione “La cinquecento”. Con questo brano Detto Mariano l’ha proposto per partecipare al Festival di Sanremo. Correva l’anno 1976. Vittorio Salvetti, l'organizzatore responsabile del festival, aveva scelto il brano di Mimmo, ma qualche giorno prima che esso potesse essere cantato a Sanremo, la commissione di censura, a quel tempo molto esigente, trovò il testo della canzone troppo spinto e non ne permise l’esecuzione. Notizia pubblicata anche sul quotidiano “La notte”.

    A questo punto Detto Mariano, propose a Mimmo di partecipare a un nuovo programma che la RAI 2 avrebbe mandato in onda in sette puntate, alle ore 20,40, dopo il TG, dal titolo “All'arca! All'arca!” con la regia di Eros Macchi.

    Il programma era prodotto da Renzo Arbore insieme a quell’Ugo Porcelli compagno di tanti programmi televisivi. Il trio di Mimmo era fisso, mentre a ogni puntata c'era un ospite a parte. Fra i più importanti ricordiamo: Adriano Celentano, Enrico Montesano, Roberto Benigni e Pino Daniele.

    Una sera Mimmo ricevette la telefonata di uno dei migliori registi italiani, Pupi Avati, il quale gli propose di comporre un brano da inserire in un suo prossimo film. Pietro Brambilla, nipote di Ugo Tognazzi, un attore intimo amico di Mimmo con il quale aveva fatto coppia sia al “Derby” sia in tante altre serate nei diversi locali dell’hinterland milanese, aveva fatto ascoltare l’L.P. di Mimmo a Pupi Avati al quale erano risultati molto interessanti alcuni brani in esso contenuti. Il film prodotto per RAI 1 si chiamò “Dancing Paradise”.

    Era l’anno 1981. Ricordo che suonavo, insieme a mio compare Renato Adorno e al fraterno amico Ciccy Calcara a Lazise sul lago di Garda. Un bel giorno venne a trovarci l’amico Mimmo. Non lo conoscevo personalmente e trovarmi di fronte un artista che lavorava in TV, per me e per i miei amici colleghi fu una grande soddisfazione. Mimmo ci spiegò il motivo della sua visita. In pratica, avendo sciolto il suo trio dei “Naufraghi”, aveva bisogno di Ciccy per affiancarlo in una scena del film “Dancing Paradise”. Ciccy accettò ben volentieri e noi fummo molto contenti per lui, magari con un pizzico di buona e sana invidia che non guasta mai.

    Mimmo compose per l’occasione il brano “A luci blu” che cantò accompagnandosi al banjo, mentre Ciccy suonava la fisarmonica e la moglie del compianto maestro Claudio Abbado, la bellissima Viktoria Mullova, il violino. Ricordo la scena di loro tre che suonavano accovacciati su un letto matrimoniale in stile novecento.

    A questo punto della sua splendida carriera, successe quello che contraddistingue tutti noi meridionali, non a torto chiamati “terroni”, il ritorno al proprio paese. Questo a seguito del suo trasferimento, sempre come docente, dal Provveditorato agli Studi di Milano a quello di Trapani. Tornò a Castelvetrano, certamente un piccolo Paradiso in terra, ma che non poteva più garantirgli quelle grandi opportunità che Milano gli aveva offerto.

    Senza adesso volere sminuire il valore dei musicisti che andrò a menzionare, ma non volendo interrompere la sua passione per la musica con la grande voglia d’esibirsi a qualunque costo, ha formato un trio con Enzo Russo alla fisarmonica e al piano e Nicola Santangelo al basso.

    Con questo trio ha suonato per un paio d’anni a Selinunte, alla "Terrazza". E’ passato, poi, al “Paradise Beach”, dove ha fatto pianobar per nove anni di seguito. Andato in pensione sempre come docente, oggi vive in una bella villetta, di sua proprietà, che s’affaccia sul meraviglioso mare di Triscina, a godersi il suo meritato riposo di uomo e d’artista.

    Ogni volta che ne sente il bisogno, telefona ai suoi amici artisti di Milano e, per non perdere l’abitudine, ogni tanto si vede con Nicola Mangiaracina e con il bravissimo Nicola Bonsignore, pregevole trombettista della mitica “Orchestra Brazil” di Mazara, con i quali si diverte ad arrangiare gl’intramontabili brani del passato.

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