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Quando da Castelvetrano il mosto arrivava in tutto il mondo. Storia della Ditta De Simone

del 2023-06-01

il Commendatore Ignazio De Simone e il rag. Tommaso Certa

In foto: il Commendatore Ignazio De Simone e il rag. Tommaso Certa

L’inizio del ‘900 ha portato una ventata di grandi cambiamenti nello stile di vita dell’uomo. Basti considerare grandi innovazioni come l’elettricità, l’acqua corrente, l’automobile, il telefono. Anche a Castelvetrano, grazie alle innovazioni dei primi del ’900 e del boom economico, ci sono stati cambiamenti. Una realtà che ha lasciato un profondo segno nella storia castelvetranese in questi frangenti, è la ditta De Simone, che si occupava di imbottigliamento e vendita di vino e olio.

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  • La Redazione di Castelvetranonews.it, in un articolo di qualche anno fa che riproponiamo, aveva posto delle domande alla Dott.ssa Eleonora De Simone, pronipote di Giacomo, capostipite della famiglia e fondatore della ditta.

    Cosa rappresentò per i castelvetranesi la famiglia De Simone?

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  • “C’è ricordo di forti legami, non solo rapporti economici, che giravano attorno alle figure dei miei zii, punti di riferimento per tanti castelvetranesi.

    Lo zio di mio padre, Ignazio De Simone, veniva chiamato “Commendatore”. Molte generazioni coeve alla mia ancora ricordano che i loro padri o i loro nonni hanno lavorato per la Ditta De Simone.”

    Quando nacque la ditta De Simone?

    “La ditta “Giacomo De Simone & figli” (Giacomo era il nonno di mio padre, Giovanni) fu fondata nel 1921 da Giacomo, appunto, padre di 10 figli, che commerciava in vino e olio.”

    Appena debuttò sui mercati, la ditta di cosa si occupava?

    “Il commercio locale degli anni Venti si sostanziava nell’acquisto di vino direttamente dai produttori privati, che lo producevano in casa, per poi essere venduto a Palermo e ad Agrigento.”

    Dove si trovava la sede?

    “I magazzini De Simone inizialmente avevano sede all’inizio della via Tagliata, all’incrocio con via Vittorio Veneto, dove ora sorge un palazzo realizzato proprio dai De Simone. Successivamente l’area di lavorazione e dei magazzini si estese finché, nel 1947, venne realizzato lo stabilimento, con uffici e laboratori enologici, a ridosso della stazione ferroviaria, cui avevano facile accesso per la spedizione dei prodotti.”

    Che mezzi di trasporto possedeva la ditta?

    “La ditta possedeva due autotreni per il trasporto su gomma e due serbatoi ferroviari per il trasporto tramite ferrovie.”

    Quando cominciò l’attività di imbottigliamento?  

    “L’attività di imbottigliamento dei vini iniziò negli anni ‘50. Venivano adoperati macchinari automatici per l’etichettatura e la tappatura, ovviamente con turaccioli di sughero, forniti da un’altra impresa familiare della tradizione Castelvetranese, la ditta dei fratelli Bua.”

    Che tipi di vini venivano imbottigliati?

    “Venivano imbottigliati vini rossi e bianchi, Marsala (nelle varie qualità all’uovo, semplice, GD che significa Garibaldi Dolce e alla mandorla), vermout e moscato.”

    Com’era il mercato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale?

    “Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mercato italiano (nella fattispecie, costituito dalle cantine emiliane) cominciò a richiedere “mosto concentrato”, cioè mosto risultante dalla lavorazione del prodotto ottenuto dalla spremitura delle uve con un “concentratore”. Il “concentratore” consentiva l’aumento del grado alcoolico grazie alla riduzione della densità del liquido, che, passando attraverso delle caldaie a vapore, lasciava evaporare la componente acquosa. Un grande aiuto per le uve emiliane, di natura “più deboli”.”

    Ci parli del vermouth negli anni ‘60

    “Fino al 1960 era consentita la vendita di vermouth sfuso, cioè acquistabile in qualsiasi contenitore: bottiglie, recipienti di legno da 50, 100, 200, 300, 500 litri. In quegli anni, venne emanata una legge che obbligò a vendere il vermouth solo in bottiglie: ciò ridusse enormemente la possibilità di vendere il nostro prodotto in Italia del Nord in quanto i costi aumentavano e non era possibile mantenere la concorrenza delle ditte del Nord come la Martini, la Rossi e Cinzano.”

    Quale fu il periodo d’oro per la ditta di famiglia?

    “Gli anni 60 rappresentarono il periodo splendido per la ditta De Simone. Dagli anni ‘60 all’inizio degli anni ‘80, infatti, vennero occupati stabilmente nell’anno solare almeno 30 operai, mentre si arrivava alle 60 unità nei periodi di maggiore attività stagionale.”

    Quali erano i maggiori compratori della ditta De Simone?

    “Negli anni ‘70, la Francia aveva perso le colonie Algeria e Tunisia e, constatato che il mercato greco non era idoneo alle proprie esigenze commerciali, si riversò in Sicilia per l’acquisto di vino. Cominciò un periodo caratterizzato dalle grandi esportazioni di vino verso la Francia.”

    La ditta De Simone arrivò ad esportare circa 50 mila quintali all’anno di vino a mezzo navi vinacciere dal porto di Marsala. Ricorda qualche cliente, in particolare?

    “Foulcrand, Martinèz. Mio padre ricorda con piacere un episodio particolare di quel periodo. Intorno al 1973, l’imprenditore francese Skalì valutò l’acquisto di mosto concentrato per arricchire i propri vini e, dopo settimane di trattative, fu raggiunto un accordo che non ha avuto paragoni nella storia del commercio locale.”

    La ditta De Simone riuscì a vendere, in unica soluzione, ben 30 mila quintali di mosto concentrato, che vennero trasportati ad Aiaccio (Corsica). Era alta la cifra dell’operazione?

    “ll valore dell’operazione ammontava a ben 500 milioni di lire. Fu la più grossa operazione di esportazione di prodotti, dalla Sicilia verso la Francia, mai registrata per valore e quantità. Il Ministero delle Esportazioni inviò da Roma un ispettore per controllare tutta l’operazione. Dal punto di vista finanziario, l’operazione venne effettuata con appoggio presso il Banco di Sicilia.”

    Anche il Banco di Sicilia trasse benefici dalle vostre transazioni?

    “Il nostro volume di affari, unitamente a quello generato dalla Saica, consentirono a far progredire l’agenzia del Banco a Filiale di Castelvetrano con ovvi benefici per gli impiegati - che videro aumentare il proprio stipendio - oltre che per i cittadini.”

    I giovani castelvetranesi ebbero possibilità lavorative nella ditta?

    “Molti ragazzi dell’epoca hanno avuto la possibilità di “formarsi” e imparare un mestiere. I giovani “apprendisti” affiancavano i veterani nello svolgimento delle mansioni tecniche, dalla guida degli autotreni alla gestione dei macchinari allo svolgimento delle attività amministrative. Successivamente però, il mercato subì dei cambiamenti.

    Negli anni ‘80, la Francia non importò più alcun quantitativo rilevante di mosto, rivolgendo le proprie attenzioni al mercato spagnolo. Così morì il commercio provinciale. Anche il mercato interno aveva subìto cambiamenti a causa dell’introdursi delle Cantine Sociali, cui la ditta De Simone - come le altre in Provincia - si rivolgevano per l’acquisto di grossi quantitativi destinati all’esportazione.”

    Le cantine come operavano?

    “Le cantine, avvantaggiate da normative di settore e politicamente oculate, giocavano al continuo rialzo del prezzo, limitando di fatto, la possibilità alle ditte di esportare. Le cantine potevano ammassare uva senza essere sottoposti ad Iva.”

    Le ditte, come la vostra, pagavano l’Iva?

    “La ditta De Simone come altre, in pratica, quando acquistava dalle cantine era costretta a pagare Iva ma, nella vendita ai Francesi, l’imposta non poteva essere recuperata perché era una esportazione, quindi, rimaneva a credito dello Stato che rimborsava con noti ritardi il commerciante. Morto il commercio, muore anche una ditta, caposaldo per Castelvetrano. La ditta De Simone ha chiuso i battenti costretta dalla certezza, che per questi tipi di attività non v’è futuro e cosciente di un passato che poteva essere meglio sfruttato.”

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