Processo per stalking. La vittima salemitana: “Un incubo durato 5 anni, ho temuto di essere uccisa”
di: Francesca Capizzi - del 2022-07-14
Cinque anni da incubo e ancora non è finita. Una donna, presunta vittima di due stalker, perseguitata e minacciata, ha dovuto lottare da sola per difendersi. Due ex, che non hanno accettato la rottura della loro storia, si sono uniti per distruggerle la vita.
Nei giorni scorsi è stata chiesta la condanna per due uomini processati, in Tribunale, a Marsala, per stalking e diffamazione a danno dell’insegnante salemitana di 55 anni. Un anno di reclusione è stato chiesto per Giuseppe Giammalvo, di 70 anni, di Salemi, imprenditore del settore calcestruzzi, e un anno e mezzo per Maurizio Crocchiolo, di 56, di Castelvetrano, dipendente dell’ufficio igiene dell’Asp.
Giammalvo era il convivente della donna. La storia tra i due si interrompe dopo sette anni, a marzo del 2017. Crocchiolo avrebbe tentato di frequentarla subito dopo, nascondendole che era sposato. Lei lo lascia e lui non accetta la fine della breve relazione.
Entrambi gli uomini, secondo l’accusa, avrebbero tormentato la vittima inseguendola, molestandola con telefonate anonime e offese, danneggiando la sua auto e con scritte ingiuriose sui muri, nelle strade e con sue fotografie ovunque, minacciandola di morte e torturandola psicologicamente, rischiando più volte di essere aggredita fisicamente.
Particolari agghiaccianti emergono dalle denunce e nel racconto dell’insegnante: una donna perseguitata ovunque, il suo numero telefonico con inviti sessuali espliciti nei bagni pubblici maschili di bar, ristoranti, centri commerciali di varie città, su tutti i muri nella strada che da Salemi porta a Marsala o a Castelvetrano.
In tutta questa agghiacciante storia, è stato anche coinvolto un conoscente della donna, Vito Russo Messina, con cui l’insegnante stava trattando per la vendita di un terreno. L’uomo è stato preso di mira dai due presunti stalker e, anche lui, ha subito un calvario fatto di minacce di morte e inseguimenti, oltre che tentate aggressioni.
Il processo comincia il 28 ottobre del 2019 e, nonostante ciò, Teresa Angelo racconta che, fino a poco tempo fa, le minacce non si sono placate.
“Ho trasformato la mia casa e la mia macchina in un bunker - racconta l’insegnante - ho fatto tutto da sola, dopo oltre 40 denunce dai Carabinieri. È la burocrazia che è lunga. Se il giudice non autorizzava, non potevano fare nulla. Queste erano le loro risposte. E alla fine ho dovuto arrangiarmi da sola. Ho installato telecamere, chiuso casa con tecnologie particolari, installato programmi nel telefono, nella macchina, ovunque. È tutto agli atti. Vedevo ombre ovunque la notte e non ero “Folle”, erano loro che mi spaventavano. Ho chiesto aiuto a tutte le Forze dell’Ordine, ho temuto di essere uccisa. Loro sono liberi di agire come vogliono e non c’è nemmeno un divieto di avvicinamento.”
Il legale della donna, l’avvocato Giuseppe Ferro, ha fatto sapere che ci sarà la discussione delle parti civili il prossimo 3 ottobre. L’altra parte civile è l’avvocato Vito Cimiotta, difensore dell’uomo coinvolto per caso.
Francesca Capizzi per il Giornale di Sicilia