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Venerdì 22 nella chiesa di San Giovanni andrà in scena un dramma sacro in onore del Santo.

di: Giacomo Bonagiuso - del 2012-06-11

Immagine articolo: Venerdì 22 nella chiesa di San Giovanni andrà in scena un dramma sacro in onore del Santo.

Venerdì 22 giugno alle ore 21.15 andrà in scena un dramma sacro in onore di San Giovanni intitolato "Voce di uno che grida nel deserto", di Giacomo Bonagiuso e con la regia di Giacomo Bonagiuso e Leonardo Seidita. Lo spettacolo si terrà presso la chiesa di San Giovanni a Castelvetrano.
 

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  • Voce di uno che grida nel deserto è un dramma sacro che ho scritto anni orsono, affidandone la performance alla regia all’amico Rino Marino che ne curò un allestimento en plein air, nello scenario antistante la Chiesa di San Giovanni Battista a Castelvetrano.

    Oggi, su richiesta di Don Giuseppe Undari, il mio testo ha l’onore di una rinascita, nella costruzione drammaturgica attuale, curata in gran parte dall’amico Leonardo Seidita, per l’interpretazione principale di Giuseppe Pipitone (Giovanni), Leonardo Seidita (Johsùa), Salvino Martinciglio (Erode), e con Vitalba Bivona (Miriam), Anna Maria Viola (Erodiade), Sara Fittante (Salomè), Giuseppe Indelicato, Piervito Biondo, Guido Di Stefano, Marco Emanuel Noto, Veronica Trapani, Enza Valentina Di Piazza (battezzandi e appestati) e la partecipazione di Vitalba Ingrasciotta (la Peste). Il testo scandisce, per isole, la vicenda narrata nei Vangeli: la predicazione di Giovanni, il conflitto con il potere di Erode ed Erodiade, la danza di Salomè, il pianto di Maria, il battesimo di Gesù e, infine, la morte del Battista. Il tutto è racchiuso come cuore narrativo, aperto da uno spaccato che riprende il teatro della peste di Artaud, e chiuso dalla trasformazione iconica del santo del Giordano. Giovanni è quindi il santo precursore ma, al contempo, il guaritore miracoloso della peste, che – da epidemia ottocentesca – si fa metafora dell’oggi, del dolore, della sofferenza, della malattia dell’anima che non trova guarigione se non nel potente e doloroso viatico della conversione.

    Devo dire che, nel corso dell’allestimento, ho più volte perso e ritrovato il mio testo. L’ho ritrovato nel “come” del teatro, nel suo potente gioco immaginifico, grazie all’apporto di una ricreazione che ne ha lavato totalmente l’origine, e grazie ad una autorevole condivisione di regia che ne ha totalmente ristrutturato gli orizzonti narrativi e di messa in scena. Così, quindi, possiamo tornare “dentro” la Chiesa, nello spazio che da anni ci appartiene, come momento di profonda riflessione sul tema del Sacro e del Santo nel Contemporaneo.

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