Papa Francesco, un uomo in grado di riaccendere la fede cattolica
di: Gianfranco Becchina - del 2013-07-23

(ph. news.panorama.it)
Non può esserci alcun dubbio: il Padreterno tiene sempre, a buon conto, una carta di riserva capace di capovolgere le sorti della sua Chiesa. Soprattutto nei momenti di caduta libera nell’abisso di malcostume e di peccato in cui spesso, nei due millenni di storia, questa ha amato sprofondare. Forse per effetto, si potrebbe congetturare, del richiamo genetico di quegli esempi di libertinaggio cui si abbandonavano le goderecce divinità pagane, molto attive in quell’Olimpo dai panorami mozzafiato, che tanto influenzavano i comuni mortali. Oppure, viceversa, abitudini che quest’ultimi attribuivano speculativamente ai loro dei, per affrancare la propria condotta da qualunque censura.

Un andazzo duro a morire, a giudicare dalla cronaca degli ultimi anni, senza bisogno di risalire alle oscenità e alla ferocia dei periodi bui del Papato, a cavallo del IX e XI secolo. Quando la Provvidenza Divina agiva per il tramite degli imperatori tedeschi. Ai tempi della papessa Giovanna, per intenderci. Oggi, grazie alla preziosa assistenza celeste e alle opportune adunanze cardinalizie, le cose vanno un po’ meglio. È sempre possibile mettere una toppa allo smarrimento dei sacri ministri, e a recuperare la purezza e la stessa ragion d’essere della Chiesa di Cristo agli occhi delle pecorelle sulla via dell’incredulità. Il Signore, sulla scorta della sua infinita bontà, non manca mai di tracciare il giusto cammino alla confraternita di sant’uomini non ancora in estinzione.
Il recente scivolone maturatosi nelle sacrestie e nei templi pagani della finanza, non poteva essere recuperato tanto facilmente; la corda era stata tirata fino all’inverosimile. Ci voleva l’idea vincente, che è arrivata puntualmente. L’accoppiata di grande prestigio, capace di scaldare il cuore ormai spento dei fedeli e di riportarli alla osannante dimensione oceanica della quale si era persa memoria. Niente poteva risultare più efficace della bonaria giovialità, e dell’aspetto ben in carne dell’indimenticabile Papa Giovanni XXXIII, abbinati al nome dei due santi più venerati: Francesco d’Assisi e Francesco di Paola.

Quel Francesco che chiamava fratelli i lupi e l’altro che andò per mare a bordo del suo mantello steso sulle acque, per sbarcare nella Sicilia sotto il giogo angioino ed estremamente bisognosa dei suoi miracoli. Un nome davvero impegnativo per il nuovo Papa; scelta davvero coraggiosa la sua anche alla luce del programma del quale ci ha dato qualche interessante piccolo anticipo in termini di amore e virtù francescane. Non senza quell’umana prudenza che gli ha suggerito di rinunciare ad occupare l’appartamento papale. Chissà se perché memore di quel che accadde in quelle stanze al povero Papa Luciani, anche lui animato da buone intenzioni.
Senza, però, voler fare gli scettici, siamo molto curiosi di vedere come andrà a finire con i programmi di povertà, ché nelle altre storie lascive la totale prudenza subentrerà a quella che stava divenendo una peccaminosa ostentazione. A Papa Francesco non fa di certo difetto una invidiabile chiarezza di idee, lui è lì per salvare la Chiesa a prescindere dal colore delle pecorelle. Essendo l’affidabilità di quelle tradizionali ridotta al lumicino, meglio concentrarsi sul mondo dei diseredati dove la fiammella della speranza garantisce fede infinita. In attesa di passare il bastoncino della staffetta alle future orde di reietti. Del resto, cos’altro potrebbe fare la chiesa per rimanere eterna?