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"L'ultimo abbraccio" a Lancio, il mio cagnolino avvelenato vent'anni fa

di: Rosanna Sanfilippo - del 2012-10-13

Immagine articolo: "L'ultimo abbraccio" a Lancio, il mio cagnolino avvelenato vent'anni fa

(ph. petpassion.tv)

Venne di corsa verso di me e, com’ era solito fare per dimostrarci tutto il suo affetto, mi abbracciò cingendomi al cinto, con le sue lunghe e affusolate zampe anteriori. Non potevo immaginare che questo sarebbe stato il suo ultimo abbraccio!
Fu lui a trovarci e ad adottarci. Coi suoi modi e il suo affetto, ci aveva conquistati tutti.

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  • La con noi lavoravano altre persone e tutti quanti avevamo imparato a volergli bene, ma lui scelse proprio noi.
    Successe per caso, si trovò a passare di lì un giorno, io e mio marito avevamo deciso di mangiare un panino sul luogo di lavoro li, a Castelvetrano.
    Nino, attratto dalla bella giornata, si era appoggiato allo stipite della porta d’ingresso, assaporando ogni boccone di quel panino imbottito di  mortadella profumatissima che teneva tra le mani.

    Ma, si sentì osservato, davanti a lui c’era un cane che lo guardava con uno sguardo implorante, aveva fame, il risultato fu che mio marito sbocconcellò tutto il suo panino al cane.
    Il giorno dopo, pressoché alla stessa ora, era di nuovo lì, va da se che mangiò ancora insieme a noi, e così nei giorni a venire.
    Era un bel cane di taglia grande, di colore scuro, un bastardino che malgrado avesse le orecchie a “pampinedda”, cioè ricadenti su se stesse, come li definì una persona che di cani se ne intendeva e non con le orecchie tese, qualità che contraddistingue quelli di razza, era molto intelligente.

    Conquistò il nostro affetto, dimostrandoci il suo, non lo mendicò.
    Imparò da solo ad aprire le porte, le persone che lo guardavano, restavano stupiti nel vederlo abbassare la maniglia e poi tirare la porta dall’esterno. Lo chiamammo Lancio.

    Col passare del tempo si affezionò sempre di più, restando sempre più accanto a noi.
    Non abbandonò mai la sua natura selvaggia, ogni tanto scompariva per riapparire assieme ad un drappello di cani, era un capo branco, lasciava che lo aspettassero in strada e veniva da noi, a dimostrarci il suo affetto, ci abbracciava cingendoci al cinto, ci leccava le mani e poi andava a raggiungere i suoi compagni.

    Aveva imparato a venire in macchina con noi e ci aveva preso gusto, accompagnava me o mio marito tutte le volte che uscivamo.
    Bastava che si aprisse lo sportello di una macchina, che lui, in un batter d’occhio era su.
    Una volta non si fece vivo per qualche giorno, andammo in giro a cercarlo, senza successo.
    Andammo a cercarlo anche al canile municipale, Lancio era li, in gabbia, assieme ad altri cani randagi.
    Appena sentì la voce di Nino, cercò subito di attrarre la sua attenzione, si mise a guaire, sembrava che piangesse.

    Tornò fra di noi, non sapeva cosa fare per la gioia, ci ringraziò a suo modo. Il tempo passò e venne l’estate e con essa la voglia di mare.
    Ad agosto ci trasferimmo a Selinunte, in una piccola casa con una grande veranda, di proprietà di un nostro amico, dove passava all’ombra, le ore più calde della giornata. Non potrò mai dimenticare il giorno del trasferimento al mare!

    Noi venivamo da Salemi, avevamo riempito la macchina di pacchi e pacchettini, valigie, vettovaglie e quant’ altro, avevamo portato persino un piccolo televisore che, per mancanza di spazio, reggevo io sulle gambe.

    Passammo dall’ufficio prima di proseguire per Selinunte e lui era li, ad aspettare le nostre coccole, gli lasciammo da mangiare, risalimmo in auto e proseguimmo.

    Ad un tratto ci accorgemmo che il cane ci stava inseguendo, la macchina, man mano, prendeva velocità e Lancio correva sempre più veloce, senza fermarsi.
    Così finì che ci fermammo, con le lacrime agli occhi dalla commozione, per questa grande dimostrazione d’affetto da parte di quel cane che non voleva essere lasciato solo.

    Salì sull’auto con noi barcollando tra un pacco e l’altro, andammo in vacanza tutt’ insieme, Lancio sprizzava gioia e felicità, col suo muso da cacciatore, esplorava ogni cosa.

    Fu un mese felice, la sera andavamo a passeggiare tutti e tre al mare, all’inizio Lancio diffidava dell’acqua e abbagliava alle onde spumeggianti, correndo sul bagnasciuga, di ritorno gli facevamo shampoo e doccia.
    Dopo alcuni giorni, all’imbrunire, aveva preso l’abitudine di assentarsi per  qualche ora, poi tornava felice, era stato al mare da solo, tornava bagnato e inzaccherato di sabbia e aspettava, che gli facessimo la doccia.

    Ma quell’agosto finì troppo presto e tornammo alle nostri occupazioni giornaliere, però Lancio entrò a pieno ritmo a fare parte della nostra vita.

    Ogni giorno saltava in macchina con noi e veniva a pranzare a casa a Salemi, per poi ritornare al posto di lavoro.
    Adesso passava le giornate vicino a noi, si allontanava di rado, suo unico passatempo, purtroppo, era quello di abbaiare alle ruote delle auto e delle moto che passavano in strada, malgrado i nostri rimproveri.

    Quel giorno, l’ultimo della sua vita, aprì la porta, entrò in ufficio e mi venne ad abbracciare, come spesso usava fare, poi tornò fuori, dopo un po’ di tempo, qualcuno si accorse che il cane, davanti la porta, stava male.
    Lo trovammo in fin di vita, la bava alla bocca, qualcuno lo aveva avvelenato, ci guardò, per l’ultima volta, con quegli occhi dolci, coi quali aveva conquistato il nostro cuore, con quello sguardo ammaliante che ha avuto il potere di trafiggere le nostre anime.

    Chi lo ha avvelenato, non l’ha guardato negli occhi, se l’avesse fatto, non ne avrebbe, di sicuro, trovato il coraggio.
    A distanza di vent’anni, ho trovato, finalmente, la forza di scrivere questa storia che testimonia l’amore incondizionato di un animale verso l’uomo, che ha segnato la nostra anima.

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    Effeviauto 6 gennaio 2025