Quel giorno di Giuliano a Castelvetrano nel mio laboratorio di orologeria
di: Giovanni Modica, ex orologiaio - (fonte: Giornale Agave) - del 2012-09-19
Il 3 giugno del 1950 mio padre, come al solito, nella calda serata di giugno intorno alle 20,30 stava chiudendo il laboratorio di orologeria, che molti lettori sanno che era ubicato nella piazza Umberto 1°, quando è entrato un giovane aitante con una coppola abbassata sugli occhi, che senza proferire una parola disse: ” mi manda un amico in comune Don Colantonu”, mi deve riparare questo orologio al più presto”.
Mi padre, che si chiamava Timoteo, ma che tutti chiamavano con il secondo nome Giovanni, prese in mano l’orologio e grande fu il suo stupore quando si accorse che si trattava di un cronometro tutto d’oro e sul coperchio della cassa era cesellato un leone rampante. Mio padre incuriosito gli disse: ”ma questo orologio vale un milione”.
Quello senza scomporsi più di tanto gli rispose: ”non mi interessa me lo ripari faccia presto glielo lascio”. Mentre lo sconosciuto stava per uscire mio padre lo chiamò e gli disse: ”mi scusi, aspetti un momento, devo scrivere il suo nome e cognome e darle la ricevuta per ritirare poi l’orologio”.
E quello di rimando: ”la ricevuta non la voglio, manderò una persona che le dirà una frase convenzionale: ”il sole sorge domani”. Mio padre cominciò ad insistere per avere nome e cognome dello sconosciuto.Quest’ultimo alzò leggermente la coppola e guardò fisso negli occhi mio padre e gli disse: ” io sono Salvatore Giuliano, quello di cui attualmente parlano tutti i giornali e sono ricercato. Se questa sera sarò preso la colpa è sua”, Ed è scappato.
Sentendo con chi aveva parlato, mio padre ha avuto un momento di smarrimento, si è sentito male e si è dovuto sedere un attimo.Ha chiuso la porta, ha bevuto un sorso d’acqua, ha raccolto tutti gli orologi in una borsa da portare a casa , compreso quello di Salvatore Giuliano, che attaccò con una spilla da balia ai bordi della camicia vicino agli slip e si è avvicinato all’uscio.
Mentre stava per aprire entra un carabiniere che senza dire più di tanto ha chiesto a mio padre di fargli vedere gli orologi all’interno della borsa e lo accompagnò fino a casa. Mia madre Giulia era in pensiero e quando lo vide entrare alle 21 e 40 si rallegrò. Mio padre, in evidente stato confusionale, riuscì a raccontare tutto a mia madre e le sue preoccupazioni e lei rispose: ”Giovanni per ora cena, domani si vedrà, la notte porta consiglio”.
L’indomani mio padre quando si alzò dal letto cominciò a barcollare e parlava a stento. Chiamò il medico, il Dottore Michele De Sabato, che riferì a mia madre che il mio papà aveva avuto una forma di paresi. Da quel giorno mio padre non si è più ripreso ed io a 28 anni che riuscivo solo ad aggiustare delle sveglie, grazie agli insegnamenti di mio padre fui costretto a prendere il suo posto lasciando di botto gli amici e la vita spensierata.
Ho lavorato all’interno di quella bottega 42 anni e ho chiuso i battenti nel 1992. Quell’orologio di Salvatore Giuliano lo consegnai ad una persona che entrando nella bottega il 12 giugno , appena nove giorni dopo il fatto, mi disse: " il sole sorge domani”. Mio padre morì, senza più riprendersi il 18 luglio del 1953.
Della mia attività di orologiaio tante le soddisfazioni sul lavoro, ma anche qualche dispiacere quando a causa di due furti mi rubarono tutte le sveglie e gli orologi a pendolo che dovetti ricomprare e restituire nuovi ai miei clienti. Delle soddisfazioni ricordo la targa d’oro consegnatami al Tetro Selinus dalla CNC, per i trent’anni di attività e una medaglia d’argento della Cassa Mutua Artigiana al 3° congresso zonale del Belice.
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