Il ricordo di Rocco Riggio a dieci anni dalla scomparsa

di: Salvatore Di Chiara - del 2025-03-20

Immagine articolo: Il ricordo di Rocco Riggio a dieci anni dalla scomparsa

“La prima cosa che mi sovviene pensando a mio padre è la sua risata fresca, viva e sincera, che risuona ancora nelle orecchie, nella mente e nel cuore. E poi la sua modernità genitoriale. E’ stato un padre sempre al passo con i tempi che le mie amiche mi “invidiavano” un po'. Con lui affrontavo argomenti personali che ai tempi difficilmente le figlie affrontavano con il proprio padre. E poi
l’amore e la tenerezza assoluta con cui ha cresciuto i miei figli”. 

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  • Si apre così il ricordo della professoressa Francesca Riggio nei confronti del padre. Sono passati dieci anni quando - quel 20 marzo del 2015 - moriva a Castelvetrano - una delle figure più importanti della storia recente. Lasciatemi passare un messaggio, una considerazione personale. Quel giorno ci lasciava il nostro “padre adottivo”. Considerato dal sottoscritto come uno dei 33 personaggi
    influenti della città, Rocco Riggio è stato più di un genitore. Medico apprezzato e stimato, servirebbero giorni, mesi, o forse anni per “elencare” tutte le opere di bene fatte da questo grande uomo. 

    Oggi è il giorno del ricordo. Di chi? I giovani non hanno potuto conoscere e apprezzare le gesta di “lu dutturi”. Una figura che ha saputo donare pace e amore ovunque fosse impegnato. A partire dagli albori della sua vita, il grande - indissolubile amore per la moglie. Un connubio mai cessato, fino alla fine dei suoi giorni. L’amore per la famiglia è stato tutto, nonostante la perdita di un figlio nel lontano 1977. Un episodio che avrebbe spezzato le ali della vita e invece, proprio in quell’istante, ha dato la forza necessaria per proseguire e aumentare l’impegno per la società civile. Proprio quella comunità che gli ha riservato il giusto tributo. 

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  • “Picchi lu dutturi era n’atra cosa”. Non sapeva dire di no! Il legame con la città di Castelvetrano era forte, di quelli che rimangono impressi nel cuore per tutta la vita. Da calciofilo - se posso - vorrei menzionare i 25 anni di “appartenenza rossonera”. Nelle vesti di presidente o dirigente non faceva mancare mai il suo apporto. A partire dalla cura dei dettagli: “Segretà, comu su misi li picciotti (giocatori folgorini)? Tinissa ccà e facissi la spisa”. 

    E poi, la grande delusione di quella triste “caricatura” voluta dal “Palazzo” contro la sua creatura: la squalifica del Paolo Marino dopo i/non fattacci durante la gara disputata contro il Palmi. L’arbitro Atena distrusse i sogni di un uomo che, al cospetto dei grandi investimenti fatti, guardava solo al puro piacere di divertirsi. La Folgore vide nelle sue fila fior di calciatori e tanti giovani castelvetranesi onorare la maglia della propria città. Dietro la tristezza c’era una voglia matta di ripartire da zero. La retrocessione fu una svolta per non disperdere il capitale. Il peregrinare nei campi di provincia avrebbe abbattuto chiunque, tranne lui. E questo, nel tempo, ha tolto molte energie. Come diceva la moglie (ironicamente): “quantu pellicci persi pi lu palluni”.

    E poi le grandi opere di volontariato. Avis, Avo e tanti gesti che hanno qualificato, semmai ce ne fosse il bisogno, l’impegno volto a migliorare il legame affettivo con la terra d'appartenenza. Rocco (come se fossi stato un amico) era un uomo che coltivava tanti piccoli obiettivi. Per la crescita esponenziale di una collettività non sempre avvezza al rinnovamento. Perché era un uomo avanti di almeno 20 anni. La conversione religiosa fu un aspetto che diede nuova linfa. Un passaggio inaspettato, di cambiamento interiore. Un aspetto ammirevole, gentile, di un personaggio che dava una mano (anche due possibilmente) senza chiedere nulla in cambio. 

    E quando divenne presidente del Circolo della Gioventù, cambiò per sempre il modo di vivere e concepire la “castelvetranesità”. Una volta venuto a mancare uno dei soci, alla moglie spettava la quota d’uscita del marito. Un cambio di rotta che non poneva limiti alla sua bontà. Potrei continuare all’inverosimile, ma oggi, giorno 20 marzo, diamo spazio a un ultimo messaggio (della figlia Francesca): ”Mi manchi troppo, tanto, ma è bellissimo quando per strada, in un negozio, in palestra o mentre visito una mostra, qualcuno si avvicina a me per parlarmi di te e della persona speciale che sei stato. Questo è impagabile”.

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