Mario Monti: riforme epocali sminuite da una politica impreparata, arrogante e non adeguata
di: Marco Giarraputo - del 2012-07-17
(ph. Foto: progettoitalianews.net)
Mi chiedo cosa abbia spinto Monti a farsi carico dei problemi dell’Italia. Molte persone non conoscevano Mario Monti quando, a fine 2011, si paventava l’idea di un governo tecnico guidato dal cosiddetto “Professore”. O meglio, molte persone in Italia non lo conoscevano. Mario Monti era invece molto conosciuto, stimato e rispettato all’estero. Lo conoscevano molto bene gli americani della General Electric (una delle multinazionali più grandi al mondo) che da Monti, allora Commissario Europeo della Concorrenza, si videro bloccare l’offerta di acquisto al colosso Honeywell (l’operazione doveva essere una delle più grandi mai fatte nella storia della finanza internazionale). Lo conoscevano molto bene gli accademici, grazie a diverse sue pubblicazioni in ambito scientifico (tra cui il modello Klein-Monti, sviluppato proprio con il premio Nobel Lawrence Klein) e alla prestigiosa carica di Presidente dell’Università Bocconi. Lo conoscevano molto bene i maggiori investitori finanziari, attraverso le cariche da lui ricoperte in alcune tra le maggiori società internazionali (Coca Cola Company, Moody’s, Goldman Sachs). Sembra quasi che fosse conosciuto da tutti tranne che da noi…
Spesso si parla di come l’Italia stia subendo gli effetti di una speculazione finanziaria.
Ora vorrei ragionare sul fatto che qualsiasi persona razionale, non offuscata da spiriti patriottici, avrebbe scommesso contro il debito italiano. Lo avrei fatto anch’io. Le negatività che portano/portavano ad avere una view negativa sul paese Italia non mancano: mala gestione della cosa pubblica, crescita stagnante da oltre dieci anni, tasso di corruzione elevato, capacità di attrarre investimenti sostanzialmente nulla, tasso di evasione fiscale fra i più alti del mondo, debito pubblico enorme, ma soprattutto una politica incapace di intraprendere riforme strutturali.
Mario Monti aveva probabilmente ragione nel dire, in uno dei suoi primi discorsi alla nazione, che il vero costo della politica non è solo quello di una politica economicamente dispendiosa, ma anche quello di una politica che per molti, moltissimi anni, si è limitata a guardare al breve termine, alle successive elezioni… in breve, ai propri interessi elettorali.
L’Italia ha/aveva bisogno di riforme strutturali. Alcune di queste sono state intraprese dall’attuale governo tramite le sue quattro principali manovre: “salva-Italia”, “liberalizzazioni”, “riforma del mercato del lavoro” e la più recente “spending-review”.
Si poteva fare di più? Sicuramente.
Si poteva fare meglio? Certamente.
Ma non posso nascondere la rabbia che ho provato nel vedere queste riforme epocali (non perché straordinarie ma perché al di sopra di ciò a cui siamo abituati, diversamente dai cittadini delle maggiori potenze mondiali) venire sminuite a poco più di “serie riforme” dalla politica italiana (vedi le concessioni/pressioni che il governo ha dovuto elargire/subire in merito a “liberalizzazioni” e “riforma del mercato del lavoro”).
Durante la prima riforma (“salva-Italia”) il governo non ha infatti ricevuto molte pressioni da parte della politica e dei sindacati, la situazione che stavamo attraversando era chiara a tutti, rischiavamo veramente la fine della Grecia. Nelle successive manovre, invece (pur essendo meno “incisive” della prima ma che, comunque, si proponevano di correggere gli squilibri strutturali italiani), la politica è ritornata a fare quello che aveva sempre fatto: campagne elettorali in vista delle successive elezioni nel tentativo di non ledere i propri elettori (vedi professionisti nel centro destra, vedi operai/impiegati nel centro sinistra). Questo è successo perché la tensione si era allentata, il rendimento del titolo decennale italiano era tornato su livelli accettabili (anche se ancora elevati) e tutti pensavano che il peggio era ormai passato.
Quando i mercati si sono resi conto (negli ultimi mesi) che l’appoggio della politica a questo governo si è un po’ “allentato” ecco che ricominciano i guai: tasso decennale al 6%, agenzie di rating che continuano a tagliare il rating, mercato azionario sotto pressione…
Vorrei concludere questa mia breve riflessione con due considerazioni:
- Sono rammaricato del fatto che stiamo perdendo l’occasione di cambiare le sorti del Paese a causa di una politica impreparata, arrogante e non adeguata;
- All’inizio mi ero chiesto cosa avesse spinto Mario Monti ad accettare l’invito di Napolitano... credo che sia il senso civico sia lo spirito di servizio verso il proprio paese abbiano giocato un ruolo determinante in questa scelta ed è proprio per questo che vorrei ringraziare il Mario Monti perchè, grazie alla sua competenza e serietà, ha fatto risvegliare in me sia la voglia, ma soprattutto la speranza, di un’Italia migliore. Grazie.