Mafia, chiesti oltre 7 anni per il senatore D’Alì: “Vicino a Messina Denaro”
I legali del Senatore rispondono: "chiederemo la piena assoluzione perchè il fatto non sussiste”
di: Rino Giacalone,Comunicato Stampa degli Avv. Pellegrino e Bosco - del 2013-06-14
Una condanna a sette anni e quattro mesi per l’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, senatore Pdl, accusato di avere aiutato, muovendosi quasi da “pari” a “pari” la mafia più potente che esiste, quella del super latitante Matteo Messina Denaro, a fare affari, a pilotare appalti, inquinare le istituzioni, infiltrare il tessuto sociale ed economico della provincia di Trapani.
I pubblici ministeri della Dda di Palermo, Paolo Guido e Andrea Tarondo, dinanzi al giudice per l’udienza preliminare Francolini, hanno chiesto che si riconosca la colpevolezza del politico per concorso esterno in associazione mafiosa. Durante la requisitoria i due pm hanno descritto il contesto sociale trapanese dove tanti negano l’esistenza della mafia e dove D’Alì “è stato anello di collegamento tra la società civile e l’organizzazione mafiosa”.
Gli sono contestati episodi di riciclaggio, 300 milioni di lire (un’operazione semplice, secondo l’accusa, per chi come lui controllava una banca, la Banca Sicula); la fittizia vendita di un terreno ai Messina Denaro, e appalti favorevoli a una serie di imprenditori “chiacchierati". (Rino Giacalone - Il Fatto Quotidiano).
Di seguito pubblichiamo il comunicato stampa inviato dai difensori del Senatore D'Alì, in merito alla questione:
I legali del Senatore D'Alì, avv. Pellegrino e avv. Bosco ribattono: “nessuna condotta concreta, effettiva e fattuale agevolatrice dell’associazione mafiosa e pertanto chiederemo la piena assoluzione perchè il fatto non sussiste”; Ci attendevamo che a queste coerenti conclusioni fossero pervenuti gli stessi PM che, lo ricordiamo, in precedenza e per i medesimi fatti, avevano chiesto per ben due volte l'archiviazione del procedimento. Concludendo, affermano gli avvocati Pellegrino e Bosco, il Sen. D’Alì non si è limitato fin’oggi a semplicemente respingere l’accusa di essere un concorrente esterno di “cosa nostra”, ma ha processualmente e positivamente provato la totale estraneità ai fatti contestatigli".