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Cantina sociale di CVetrano, 55 anni di successo produttivo ed un fallimento che fa male

del 2016-03-22

Immagine articolo: Cantina sociale di CVetrano, 55 anni di successo produttivo ed un fallimento che fa male

Riportiamo il racconto di Arturo Parrino che ripercorre la storia della cantina sociale di Castelvetrano.

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  • Nel 1952, per iniziativa di alcuni viticultori castelvetranesi e dei paesi vicini, stanchi di svendere ai commercianti il loro prodotto a prezzi stracciati, si riunirono per costruire una cooperativa denominata “Cantina Sociale Castelvetrano S.C.A.R.L”.

    L'atto costitutivo fu redatto dal notaio Angelo Lombardo di Mazara del Vallo. Questi i componenti del Consiglio così composto:  

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  • - Presidente Cav. Antonino Parrino, 

    - Vice presidente il sig. Amari Giuseppe,

    - Segretario sig. Basile Giuseppe,

    e i consiglieri Spallino Girolamo, Montana Sebastiano, Cilia Emanuele, Bertuglia Vito, Occhipinti Vito, Giammarinaro Giuseppe.  

    Non disponendo di locali propri, decisero di affittare un magazzino vinicolo di proprietà del sig. Morici in viale Vittorio Veneto, con poche cisterne, due vecchie pigiatrici, una pompa, e 3 pozzetti interrati per la misurazione del mosto. Era quanto offriva quel trasandato magazzino. Infatti in quell'anno si cisternarono 1200 HL di mosto, quantità non incoraggiante.

    Nel 1957 i soci, che intanto crebbero di numero, conferirono 7000 HL di mosto e le capacità non erano sufficienti a recepire quella quantità maggiore; pertanto l'amministrazione decise di affittare altri magazzini siti in via A.Diaz di proprietà Gugliotta ex Bono, due pigiatrici e un piano di scarico poco idoneo.

    Per tanti anni quel Consiglio criticato e malvoluto, riuscì tuttavia a immagazzinare quantità rilevanti con l'affitto di altri vasi vinari: il magazzino Salvo in via Tagliata, altri due a Partanna ed altri ancora.

    Nel 1967, dopo anni di caparbia insistenza, quel Consiglio riuscì a fare approvare il progetto per la costruzione della Cantina in via Partanna, con il contributo regionale del 50 per cento a fondo perduto, mentre l'altro 50 per cento a carico della Cantina.

    Per ottenere quella somma, il  BANCO DI SICILIA pretese la fideiussione dei componenti del Consiglio. Quei prodi coraggiosi firmarono in proprio assumendo grande responsabilità. L'incarico per la costruzione della Cantina fu affidato alla ditta S. I. P. R E M. di Pesaro, mentre la direzione dei lavori  all'Ingegnere Plasmati di Genova.

    Era l'anno 1968 e il terremoto nella valle del Belice aveva causato distruzione e anche morti, pertanto in poco tempo si dovettero costruire 120.000 Hl di vasche in cemento armato, e macchine idonee per potere lavorare 10.000 quintali di uva durante il giorno.

    La richiesta dei viticultori di Castelvetrano e dintorni per associarsi era tanto imponente da indurre il Consiglio in parte rinnovato, a costruire altri 12 SILOS in ferro acciaioso per una capacità complessiva di 60.000 HL,sempre con il contributo Regionale del 50 per cento. 120.000 costruiti in  precedenza e 6o.000 mila dopo: si ottennero 180.000 HL di capacità pari a 200.000 mila quintali di uve.

    Per quella enorme massa, la Cantina si è classificata al terzo posto in Sicilia. Il Collegio Sindacale era composto dall'Avv.Costanza, dall'Agronomo Tilotta, e dall'Insegnante Antonino Elia, tanto zelante, e sempre in disaccordo con il Consiglio di allora: non si approvavano bilanci se non dopo aver controllato minuziosamente le giacenze all'interno del magazzino, vino, mosti muti, prodotti enologici, spese correnti e tanti altri minuzie.  

    L'organico era composto di sei elementi, di cui tre nel reparto amministrativo e tre in quello tecnico (magazzino), e di un enologo consulente a tempo perso. Va precisato che il sottoscritto, assumendo mansioni di direttore tecnico - qualifica mai riconosciuta dal  Consiglio - dovette accollarsi grande responsabilità nell'espletamento delle operazioni all'interno del magazzino.

    Travasi, sfecciamenti, miscele, consegne prodotti, bolle di accompagnamento, libri di carico e scarico merci e vendita di vino al minuto. E' corretto precisare di essere stato coadiuvato da due validi operai volenterosi, Barresi e Giaramita, meritevoli di apprezzamenti,per onestà e abnegazione. Due leoni sempre pronti a sbranare il lavoro, anche con turni massacranti.

    Il merito della Cantina per avere raggiunto tanta notorietà, lo si deve anche a operai e impiegati, i quali con impegno e abnegazione, sono riusciti a fare conoscere e ad apprezzare i prodotti di quello stabile a grandi Ditte come la MARTINI E ROSSI, e le Cantine Vivaldi di Torino.

    Nel 1997, dopo 40 anni di servizio, raggiunto i limiti di età, sono andato in pensione. Lasciai la Cantina in buone condizioni finanziarie, sostenuta allora dall'avvocato Benedetto Emanuele, persona di grande competenza, onesto, e soprattutto capace di sapere amministrare; quando non era convinto in merito a certi lavori tecnici, chiedeva subito spiegazioni.

    Il destino non è stato clemente nei suoi riguardi: dopo sei anni di onesta  presidenza, per questione di salute dovette lasciare l'incarico; a sostituirlo il vice presidente Antonino Di Stefano. Dopo la morte di entrambi, gente incompetente e soprattutto avida di accaparrare posti di comando, combinò errori sopra errori.

    Un buon Consiglio e soprattutto il Presidente deve essere a conoscenza di tutte le operazioni che si svolgono all'interno dello stabile: a cominciare dalla trasformazione delle uve in mosto e del mosto in vino, conoscere percentuali di resa, acidità dei prodotti, gradi zuccherini, monte gradi di ammasso, quintali di merce in magazzino e tanti altri aspetti importanti per la vendita alle ditte richiedenti.  

    Molto tempo fa trovandomi negli uffici di codesta Cantina, chiesi a un componente del Consiglio, quanti HL si erano ottenuti dalla lavorazione delle uve di quell'anno: per tutta risposta, rispose di non esserne a conoscenza.

    Compresi perciò che la Cantina andava subito allo sbando, con pochi anni di vita. Anche perchè i vecchi dipendenti erano già andati in pensione e per l'esperienza acquisita potevano dare grande aiuto al nuovo Consiglio.

    A questo punto iniziarono le lotte interne, accusandosi a vicenda scaricando ad altri gli errori commessi, compreso il collegio Sindacale. Quei pochi soci rimasti, essendo creditori, e non  avendo ricevuto liquidazione si sono astenuti dal conferire ancora i loro prodotti.

    Constatata l'impossibilità di continuare, il Consiglio è venuto nella determinazione di affidare l'incarico ad un legale commissario liquidatore nominato dall'Assessorato Regionale alle cooperazioni.

    Confesso che quanto scritto, è scaturito dalla mia mente senza potere consultare libri; pertanto chiedo scusa se qualche data non corrisponde esattamente.                                        

    Di seguito una poesia

    La fine di una grande Cantina

    L'odore acre di vinacce fumanti  

    mi riporta la mente  

    alle passate vendemmie estenuanti.

    Con i mezzi di allora quaranta ne ho espletate,

    si lavorava senza sosta fino a tarda ora;

    quindici ore al giorno di turni stressanti,

    a fine lavoro ritornavo  

    a casa con le gambe tremolanti.

    Diecimila quintali al giorno di uve all'ammasso,

    mi riducevo alla sera  

    come se avessi subito un forzato salasso.

    L'odore dei mosti in fermentazione,

    spronava gli addetti alla solerte manutenzione.

    Validi operai come Peppe e Aspano,

    affrontavano la vendemmia  

    come due leoni pronti allo sbrano.

    E se codesta Cantina era solida e bene attrezzata,

    lo si deve alla solerzia  

    della stirpe passata.

    Ritornando in quei luoghi,

    ricordo il passato,  

    quando a fine vendemmia  

    mi ritrovavo alquanto spossato.

    Ora che la Cantina ha chiuso i battenti,

    agli ex amministratori  

    faccio sentiti complimenti.         

    Note e biasime dello scrivente​

    Per 40 anni ho svolto attività lavorativa presso la Cantina Sociale di Castelvetrano, di cui ho appreso giorni fa il fallimento con rammarico e incommensurabile dispiacere.

    Ricordo ai viticultori Castelvetranesi e dei paesi vicini che tale struttura è stata per 55 anni il perno dell'economia locale, con più di 250 affiliati. Mi dispiace, pertanto, che i soci con scarso senso cooperativistico abbiano contribuito al fallimento di un così' grande complesso, arrecando danni irreparabili all'economia locale. 

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