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Licenziamenti facili con la modifica dell'art. 18. Chi piangerà di più?

di: Mariella Pompei - del 2012-03-23

Immagine articolo: Licenziamenti facili con la modifica dell'art. 18. Chi piangerà di più?

Da giorni, le maggiori testate giornalistiche dedicano le prime pagine alla Riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in verità la riforma dell’art. 18 è solo una parte, perché la Riforma va ben oltre. Secondo l’articolo 18, il reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato si ha in caso di motivi discriminatori e cioè quando un lavoratore è licenziato per motivi politici, religiosi, razziali, di lingua o di sesso.

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  • Per quanto riguarda, invece, il licenziamento per motivi disciplinari, un giudice deciderebbe tra il reintegro ed il risarcimento; mentre non ci sarebbe eventualità di reintegro se il licenziamento ha delle motivazioni di tipo economico. Quanto emerge, è triste, con quest’articolo nella parte in cui si dà la possibilità alle imprese di licenziare per motivi economici, lede i “Diritti fondamentali dei lavoratori”. È molto semplice pensare a un’impresa che vuole sbarazzarsi di un lavoratore che conosce e vuol far valere i propri diritti attraverso forme sindacali; o una donna che per motivi di gravidanza o per assistere temporaneamente un familiare. L’impresa con una fallace motivazione di problemi economici potrà licenziare senza possibilità di reintegro.

    Questo significa portare i lavoratori ad accettare situazioni di lavoro senza sicurezza, senza un’equa retribuzione, senza una giusta distribuzione delle ore di lavoro. Questo significa la fine di tutte le lotte che sono state fatte nel corso della storia da coloro che ci hanno preceduto, perché i lavoratori potessero ottenere dei diritti che riguardano il rispetto e la dignità della persona. Si parla di un mercato economico più moderno, questo è quanto sostiene sia il premier Monti sia il Ministro del Welfare Fornero. Moderno sarebbe se tutelasse i diritti dei cittadini, se preparasse un terreno fertile per far crescere un paese dal punto di vista socio-politico-economico-culturale.

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  • Moderno sarebbe un paese che darebbe spazio all’entrata di nuovi imprenditori stranieri che favorirebbero gli investimenti nell’impresa e questo significherebbe lavoro per gli italiani. Forse sarebbe il caso di dire: meno burocrazie e più concretezze per favorire investimenti, per far ripartire il settore industriale. Moderno sarebbe un paese se le leggi consentissero di incrementare l’elargizione del credito da parte degli istituti bancari, a imprese che altrimenti sono costrette a chiudere. Tra l’altro, la questione delle banche, dopo gli aiuti della BCE ad un tasso dell’1%, meriterebbe qualche pagina in più. Moderno sarebbe un paese se non ci fossero sperequazioni tra una persona che riveste diversi incarichi – e dunque più entrate economiche - e chi, invece, sta in attesa dei cosiddetti “ammortizzatori sociali” perché “disoccupato”. Moderno sarebbe un paese dove per lavorare, ci si affiderebbe a degli uffici appositi per trovare lavoro e non al politico, al consigliere, a chiunque rivesta un’autorità pubblica.

    Da recenti sondaggi di quanti trovano un posto di lavoro attraverso gli uffici competenti, le percentuali sono molto scarse, si ottiene di più attraverso delle corsie preferenziali; lascio all’immaginazione dei lettori quali possano essere. I lavoratori non solo vivono un periodo di recessione, ma un momento storico di depressione, di mortificazione. Sì, perché è mortificante sentire che ci sono stipendi esorbitanti dei nostri parlamentari, di chi lavora presso le varie amministrazioni territoriali dalla regione ai comuni, della classe dirigente e poi ci si accanisce nei confronti delle classi sociali meno abbienti istituendo delle nuove tasse. Dove sono gli aiuti per le famiglie, che non riescono ad arrivare alla fine del mese, altro che risparmiare! E non si pensi, come qualcuno vuol far credere, che le famiglie s’indebitano per capricci.

    Mi viene spontanea una domanda: «chi ha vissuto sempre nel benessere - tralasciando il particolare se lavorando onestamente o disonestamente - può veramente capire cosa significa svegliarsi senza poter fare un progetto per il domani, vivere alla giornata nella speranza che il domani possa riservare una sorpresa migliore per sé e per i suoi cari, alla ricerca disperata di un lavoro, subendo il più delle volte la mortificazione di chi pensi possa aiutarti e invece si mostra arrogante?». È anche vero che, da un ventennio in qua tutto è aumentato, ma gli stipendi non sono stati adeguati al costo della vita. Si parla spesso, e giustamente, della disoccupazione giovanile, ma gli ultraquarantenni che si trovano dall’oggi al domani senza un lavoro, con una famiglia da portare avanti, questa categoria come la vogliamo definire? E i pensionati, non se ne parla più? E chi lavora oggi, non si sente rassicurato dal sistema, non c’è nessuna garanzia per i lavoratori.

    Si parla di garanzia del lavoro, ma si è proprio sicuri che il lavoratore sia tutelato? Ebbene, a volte sembra di vivere in un’apparente democrazia, ed è quanto emerge anche dalle ultime affermazioni del ministro Fornero, la quale dice: «… anche senza un accordo con le parti sociali la Riforma va avanti lo stesso!». Tutto questo è paradossale, come lo è per  ritornare all’art. 18 una riforma che si applica solo a una categoria sociale. L’art. 3 della Costituzione italiana recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.». Mi sorge spontanea la domanda: «l’articolo 18 è una riforma per lavoratori di serie B?».

    Forse pensa il Ministro Fornero di risolvere in questo modo il problema della disoccupazione! Per quanto ancora si potrà vivere in questo modo? Dobbiamo toccare proprio il fondo? Quanto è accaduto in Grecia, deve farci riflettere. Dovrebbe svegliare le coscienze di quanti hanno accettato di assumere un ruolo che li vede protagonisti nella vita sociale per il bene dei cittadini. Fino a quando il Bene Comune, sarà solo un modo di dire e non una concretezza si andrà sempre più indietro. Forse, allo stato attuale, ciò che manca è il valore di un ideale eterno, il rispetto e la libertà dell’uomo nella sua interezza.

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    Effeviauto 6 gennaio 2025