Ricostruzione del Tempio G, sogno realizzabile o utopia? Eppure sarebbe una forza attrattiva..
del 2017-12-03

(ph. www.selindream.it)
Selinunte oggi è il parco archeologico più grande d’Europa. In quest’immenso museo all’aperto, si può ammirare il tempio E ricostruito nel 1956-59, il tempio C con 14 colonne rialzate nel 1925-26 e le rovine degli altri templi e delle mura E’ da diversi decenni che si parla di ricostruire il tempio G, dedicato a Zeus Olimpo, poiché, con i suoi seimila metri quadrati di superficie, detto tempio è uno dei più grandi della Magna Grecia.

Da appunti presi a suo tempo e ora riesumati, mi risulta che giorno 20/10/2011° Castelvetrano, presso il Teatro Selinus si svolse un importante convegno internazionale sull’opportunità di ricostruire il tempio G. Allora furono presenti 40 tecnici, archeologi, storici dell’arte e del restauro provenienti anche dalla Grecia, Libia, Tunisia e dagli Stati Uniti.
Il presidente della Regione Siciliana Lombardo asserì che per valorizzare Selinunte erano stati destinati 8 milioni di E dai fondi europei. Si è sempre affermato che il mondo è bello, perchè tutti non la pensano allo stesso modo e che la democrazia è ancora più bella se ognuno di noi può esprimere quello che pensa. Infatti, come in tutte le conferenze di questo mondo, anche in questa ci sono stati i favorevoli e i contrari alla ricostruzione.

Fra i contro ci sono state certe personalità, di temperamento sicuramente nostalgico, che non accettano cambiamenti allo stato delle cose esistite già da troppo tempo, radicate nella loro mente e fattisi norma inevitabile di comportamento. Infatti, essi affermano che la ricostruzione porterebbe ad alterare il paesaggio, com’è avvenuto con il tempio C; anche perchè sulle rovine sono state scritte pagine di alta poesia.
Però, mentre le poesie sono anch’esse opere d’arti, che appartengono al mondo della fantasia, i templi sono una realtà tangibile. Selinunte con tutti i templi rialzati (pura utopia), diventerebbe il massimo della bellezza architettonica di tutti i tempi, ed il nostro territorio, oltre che una grande opera d’arte antica, avrebbe anche una consistente ricchezza economica.
Queste persone hanno bisogno di rinnovare la loro cultura, ferma nel tempo, con idee nuove. Essi hanno protestato anche contro la duna, messa a difesa dello scempio provocato dall’uomo fino a pochi metri dal parco archeologico. Hanno pure contestato la costruzione del ponte sullo stretto.
Per fortuna le idee con il tempo maturano e, nel futuro, subentreranno anche le idee progressiste dei giovani per decidere. Mentre la duna è stata un artefatto discutibile, qua si tratta di riportare tutto allo splendore originario. Bisogna soltanto stare attenti agli errori che potrebbero sorgere. In questo frangente, i “contro” fecero sfuggire l’opportunità di utilizzare i fondi, che a tale scopo erano stati destinati.
Così, fra i “contro”, c’è stato Mertens, già direttore dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma. Egli ha sostenuto la seguente tesi: “c’è da tenere presente il processo di corrosione a cui i templi saranno sottoposti, una volta rialzati, a causa della salsedine”. I selinuntini sapevano di questo rischio e avevano intonacato le colonne per preservarle dalla corrosione, tracce d’intonaco bianco si notano ancora nelle colonne del tempio E.
Quindi si potrebbe rimediare intonacando le colonne per come erano alle origini. In ogni caso si tratta di pura teoria, poiché la salsedine vola col vento e poi colpisce o si deposita anche sulle rovine depositate sul terreno. Seguendo questa teoria, sarebbe stato più logico lasciare tutta Selinunte sotto lo strato di sabbia, in un riposo eterno; come pure è controproducente continuare gli scavi, per portare alla luce quello che la sabbia ancora copre e preserva dalla salsedine.
Ai giorni nostri, più che mai succedono terremoti disastrosi e, oltre alle normali civili abitazioni, vanno giù capolavori inestimabili d’arte; nella II Guerra Mondiale gli alleati hanno distrutto, per necessità bellica, Montecassino e una buona parte dei capolavori d’arte germanica, alcuni anni fa il fuoco ha distrutto il famoso ponte di legno di Lucerna: ebbene, tutto è stato ricostruito, nessuno ha pensato di lasciare tutto in rovina solo “in quanto testimonianza di un divenire storico” come ha detto un nostro illustre cittadino storico.
Come turista ho visitato un castello a Barcellona costruito dagli arabi e ricostruito recentemente, mettendo in evidenza i due periodi; ne è uscito fuori un capolavoro da ammirare, viceversa sarebbe rimasto un rudere. Un dato è certo: Selinunte iniziò ad essere rivalutata e visitata per come merita, soltanto da quando è stato ricostruito il tempio E. Prima, il turista che spesso non è un esperto di storia dell’arte, non aveva niente da vedere oltre ai grossi massi disseminati per terra.
Invece, fu favorevole Sebastiano Tusa, esperto archeologo e grande conoscitore del parco archeologico di Selinunte.
Un noto proverbio siciliano sentenzia: “bon tempu e malu tempu ‘un sempri dura” e, grazie a questo proverbio, forse tutto cambierà per il tempio G: Vittorio Sgarbi, neo assessore alla cultura del nuovo governo regionale siciliano, il 29/11/17, alla TV sul canale La7, ha parlato della sua vecchia idea sulla ricostruzione del tempio G di Selinunte; ha precisato che come suo primo provvedimento farà tornare a vivere l'antico tempio dorico.
<<E' il più grande tempio greco che abbiamo in Italia e rappresenta l'ottava meraviglia del mondo>>, ha precisato il noto critico d'arte. La proposta di rimettere in piedi il tempio era stata lanciata, già da anni, dallo scrittore Valerio Massimo Manfredi e poi continuata da Sgarbi. Il Tempio G è un tempio di ordine dorico dedicato probabilmente a Zeus. Costruito intorno al V e IV secolo a. C. è rimasto incompleto a causa della guerra contro Cartagine, quando Annibale nel 409 a.C. distrusse Selinunte. Un terrificante terremoto, successivamente ha fatto cadere tutti i templi.
Di questo tempio rimane alla memoria del turista, appunto perché ricostruito, “lu fusu di la vecchia” una colonna restaurata dallo scultore Valerio Villareale nel 1832, che richiama alla memoria un’antica leggenda, secondo la quale, il territorio era abitato da giganti e detta colonna serviva per filare la lana ad una vecchia.