Dal Fascismo ai giorni d'oggi. La prostituzione nella società italiana. E a CVetrano..
di: Vito Marino - del 2016-05-08
La casa di tolleranza o casa dei piaceri, anche detta comunemente bordello, casino, casa d'appuntamenti, casa chiusa, postribolo o lupanare è, solitamente un’abitazione, pubblica o privata, in cui si esercita la prostituzione. Il termine bordello deriva dal francese provenzale antico "bordel", da (bord de l'eau), perché nelle città francesi il quartiere dei lupanari si trovava sempre "ai bordi" del fiume.
In Italia appare per la prima volta con Brunetto Latini alla fine del Duecento nel suo Novellino, e poco dopo anche con Dante, che nel Purgatorio (VI 78-80) lo utilizza in senso figurato: «Ahi serva Italia di dolore ostello / nave senza nocchiere in gran tempesta / non donna di province, ma bordello».
Ai giorni nostri si usa dire “far bordello o far casino” nel significato preminente di grande confusione. I primi dati storici sulla prostituzione, come una vera e propria professione, appare in alcuni documenti sumeri datati all'incirca al 2400 a.C.; essi descrivono un tempio-bordello gestito da sacerdoti sumeri nella città di Uruk.
Negli anni successivi, la prostituzione sacra e altre similari classificazioni delle "donne pubbliche" sono esistite anche all’interno delle civiltà babilonesi, fenici e fra gli abitanti dell’Assiria, oltre che in India, Cina e Giappone, ma non mancavano nell'antica Grecia e Roma.
In Sicilia a Erice c’era il tempio dedicato a Venere, dove si recavano i grossi commercianti di tutti gli stati del Mediterraneo, che navigavano nelle acque più vicine. L’unione carnale con le sacerdotesse del tempio rappresentava un rito inneggiante alla Dea dell’Amore, per propiziare fertilità per le donne e prosperità economica per tutta la comunità.
Ma, sia nell’antica Grecia che nella Roma antica esistevano anche bordelli dedicati alla prostituzione maschile in cui soggiacevano ragazzi ridotti in schiavitù.
In Italia durante il regime fascista, la politica del fascismo italiano era rivolta anche contro gli omosessuali; una politica che durò tre anni (dal 1936 al 1939), che equiparava gli omosessuali agli ebrei ed ai negri e, come tali, potevano essere sottoposti a metodi repressivi come il pestaggio, l’uso delle classiche bottiglie di olio di ricino, l’ammonizione (una specie di arresto domiciliare) e, principalmente, il confino politico in qualche isola sperduta.
L'esercizio della prostituzione, se da un lato è stato sempre giudicato riprovevole all'interno di quasi tutti i contesti politici e religiosi, dall'altro veniva di fatto tollerato nella consapevolezza del ruolo che rivestiva nell'ambito sociale.
Ma è con l'avvento dell'età imperiale e il relativo allentarsi dei costumi che molte donne esponenti anche della più alta aristocrazia sembra avessero preso l'abitudine di andar a esercitare l'arte dell'amore all'interno dei bordelli, per proprio esclusivo diletto; Giovenale nella VI delle sue Satire (quella "Contro le donne") racconta che la precursora fu niente meno che Valeria Messalina, prima moglie di Claudio, imperatore romano del I secolo.
Ella, appena calava la sera, correva di gran carriera al lupanare dove si divertiva nel mestiere col nome di battaglia di Licisca. "Era sempre l'ultima ad andarsene, sfinita da tanti uomini, ma non ancora sazia”.
Col sopraggiungere del cristianesimo, l'istituzione cittadina del bordello scompare per almeno un millennio. Nell'alto Medioevo, nessuno si preoccupava dell'esistenza di questi ambienti. Dopo l'anno Mille, nella maggior parte delle città europee le autorità divengono le promotrici delle case destinate alle prostitute, assumendone spesso la gestione in proprio.
In Italia, solo nel XIV secolo i governanti e le autorità religiose imposero una licenza per gestire le case di tolleranza che, sotto la protezione della legalità ebbero un grande sviluppo. Nella Roma papalina, ad esempio, il censimento del 1526 registrava 4.900 prostitute ufficiali, su una popolazione di 50.000 abitanti.
Ma, nella seconda metà del '500, la sifilide associata a nuove idee religiose inducono molte città a chiuderli; continuano però a prosperare nonostante le sempre più severe leggi al riguardo, sotto altri nomi (taverne, bagni pubblici, ecc.) e per iniziativa privata.
Solamente nell'800 torna a imporsi come problema centrale quello del controllo igienico e sociale delle prostitute: ed ecco che al posto del vecchio bordello nasce la casa di tolleranza. Il postribolo diventa una "casa chiusa", dall'abitudine consolidata di tenerne le finestre serrate per impedirne così la vista dall'esterno.
Le donne venivano sottoposte ogni due settimane a una visita che ne attestasse le buone condizioni di salute; dopo, potevano cambiare postribolo, infitti, ogni 15 giorni avveniva il cambio, con grande affluenza di uomini per dare il “benvenuto” alle nuove arrivate.
Purtroppo, vi era una schedatura di queste donne, da parte della polizia, mentre ogni sera agenti in borghese passavano per accertarsi che tutto fosse in regola; sulla loro tessera di riconoscimento veniva posto il bollo trasversale di “prostituta”, con tante limitazioni nei diritti civili.
Anche chi lavorava in privato, una volta scoperta veniva subito e posto il detto timbro. L'ingresso al casino era permesso per legge solo ai ragazzi che avevano compiuto 18 anni, anche se a volte si chiudeva un occhio se l'adolescente era accompagnato da un adulto; tra la clientela prevalevano gli scapoli civili, i soldati e i marinai, ma assidui frequentatori erano anche artisti e letterati.
Nell'agosto del 1948 la senatrice Lina Merlin fu la promotrice della legge che porta il suo nome “Legge Merlin”, appunto, con cui si decise la chiusura delle case di tolleranza in Italia e, alla mezzanotte del 20 settembre 1958 in Italia le "case di tolleranza" vengono chiuse.
Con la chiusura dei locali pubblici garantiti dallo Stato, il meretricio il mestiere più antico del mondo, effettua uno sbalzo in avanti e si moltiplica. Gli affari aumentano a dismisura, aumentano i “magnacci” e la mafia entra in “affari”, regolando il mercato a suo comodo.
Entrano nel giro ragazzine che vengono dai paesi dell’Est: dalla Russia, dall’Ungheria, dalla Bulgaria, dalla Romania. Ci sono moltissime donne rom gestite dalla mafia rom. Prima c’era un solo un proprietario, ora ne hanno due: chi le obbliga e il padrone dei locali che le ospita.
Inizia la prostituzione per le strade, con ulteriori danni sanitari. Le prostitute non si sono mai arricchite, piuttosto sono morte fra miseria e malattie.
Conducono una vita di schiavitù, fra i loro protettori e i loro clienti, che chiedono prestazioni sempre più particolari e obbrobriose che sono costrette ad eseguire.
Castelvetrano era famosa per i suoi locali perché ne esistevano quattro, un numero rilevante, perché dovevano “servire” anche i paesetti più vicino, che ne erano sprovvisti.
Erano ubicati nella Via Savonarola e nella via La Farina, in quegli anni considerata la zona “supra l’ortu”. Contemporaneamente c’era sempre qualche casa privata, che operava ufficialmente in maniera abusiva. Famose erano ‘Gnazia la Vaiana” e “Betta l’Acedda”, che provvedevano ad avviare al piacere i ragazzi primo pelo.